Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37524 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37524 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nata a San Marco in Lamis (Fg) il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a San Giovanni Rotondo (Fg) il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a San Nicandro Garganico (Fg) il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a San Severo (Fg) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/3/2025 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18/3/2025, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia rigettava l’istanza presentata da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME al fine di essere estromessi dal procedimento di esecuzione n. 16/22, relativo all’ordine d
demolizione emesso dal locale Procuratore della Repubblica con riguardo al decreto penale di condanna emesso il 19/9/2000 (ed esecutivo il 14/10/2000) nei confronti di NOME COGNOME, quanto al reato di cui all’art. 1161 cod. nav.
Propongono congiunto ricorso per cassazione gli istanti, deducendo – con unico motivo – l’errata applicazione degli artt. 666 cod. proc. pen., 31 e 44, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 44. L’ordinanza non avrebbe considerato che i ricorrenti non sarebbero mai stati titolari di alcuna posizione soggettiva, reale o possessoria, sul bene da demolire; la diversa indicazione contenuta nel provvedimento impugnato, peraltro, non potrebbe rilevare, in quanto nessuno degli stessi soggetti sarebbe mai stato sentito dalla Guardia di Finanza (che avrebbe attestato la qualità di possessori del bene), né avrebbe ricevuto atti dai quali si ricaverebbe il titolo possessorio. L’ordine di demolizione, pertanto, sarebbe stato emesso nei confronti di soggetti estranei alla vicenda processuale originaria, oltre che privi di titolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi risultano manifestamente infondati.
L’ordinanza impugnata ha evidenziato che l’istanza di estromissione dal procedimento si fondava sull’impossibilità giuridica di ereditare un immobile abusivo; l’incidente di esecuzione – richiamata una sorta di “sanatoria di fatto” che avrebbe coinvolto i molteplici abusi edilizi della zona (circa 3mila abitazioni) fonda, infatti, non solo sull’inesistenza di una relazione tra gli istanti ed il be ma anche, e soprattutto: a) sull’assenza di ogni responsabilità nell’abuso; b) sull’assenza di condotte di aggravamento dello stesso illecito; c) sulla natura del bene, che lo renderebbe “non ereditabile”.
Tanto premesso, il Giudice dell’esecuzione ha rigettato l’incidente con una motivazione del tutto solida, fondata su oggettivi elementi istruttori e priva d illogicità manifesta; come tale, dunque, non censurabile.
In particolare, e richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte quanto al carattere reale dell’ordine di demolizione, che attinge tutti i soggetti i rapporto con il bene e che vantano sullo stesso un diritto reale o personale di godimento, l’ordinanza ha sottolineato che i ricorrenti si trovano per certo in una tale relazione, avendo (pacificamente) ereditato l’immobile abusivo.
6.1. Ebbene, proprio a questo riguardo deve essere ribadito che, in tema di reati edilizi, l’immobile realizzato in assenza del permesso di costruire, rispetto a quale è emesso l’ordine di demolizione, facendo parte del patrimonio di colui che lo ha edificato, entra a far parte del suo asse ereditario e, salva la rinunci all’eredità, si trasmette mortis causa agli eredi, nei confronti dei quali l’ordine conserva efficacia (Sez. 3, n. 16141 del 21/2/2023, Battista, Rv. 284463,
ampiamente motivata e menzionata nell’ordinanza in esame, nella quale è stato peraltro ribadito che la nullità ex art. 46 d.P.R. n. 380 del 2001 è relativa ai soli atti tra vivi, restando esclusi gli acquisti di beni immobili abusivi mortis causa. Tale norma prevede che «Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dop marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria…». Cfr. Sez. U Civili, n. 8230 del 22/03/2019, Rv. 653283, che hanno affermato il principio per cui «la nullità comminata dall’art. 46 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della L n. 47 del 1985 va ricondotta nell’ambito del comma 3 dell’ad 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità «testuale», con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitati dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile». Nello stesso senso, la sentenza citata n. 25021 del 16/04/2019).
Ribadito il carattere ereditabile del bene, l’ordinanza ha poi correttamente evidenziato che dalla stessa natura reale dell’ordine di demolizione discende l’irrilevanza dell’eventuale coinvolgimento del destinatario dello stesso nell’abuso edilizio o nella sua prosecuzione (elemento, questo, introdotto nell’incidente), in linea con la costante giurisprudenza di legittimità (tra le molte, Sez. 3, n. 17809 del 18/1/2024, Pm/Mazzeo, Rv. 286308).
Infine, e con valutazione in fatto insindacabile in questa sede, il Tribunale ha sottolineato che i ricorrenti, “lungi dal situarsi in rapporto di estraneità n confronti del bene, risultano esserne possessori (vds. nota informativa prot. NUMERO_DOCUMENTO del 22/7/2022, a firma di persona della Tenenza G.d.F. di Torre Fantine, depositata dal P.M. nel corso dell’udienza)”. Ebbene, questa circostanza, evidentemente decisiva, è contestata nei ricorsi soltanto con un argomento di merito irricevibile in sede di legittimità, oltre che del tutto inconferente (perc inidoneo a contrastare il dato richiamato), in forza del quale i ricorrenti non avrebbero mai ricevuto inviti dalla Guardia di Finanza, né avrebbero mai ricevuto notifica di atti che li qualificassero come possessori dell’immobile.
Alla luce delle considerazioni che precedono, e dunque con argomento del tutto adeguato, l’ordinanza ha così rigettato l’istanza di estromissione dal procedimento, valorizzando tanto il dato formale, ossia il pacifico acquisto del bene
iure successionis, in capo a tutti i ricorrenti, quanto quello sostanziale, ossia il materiale possesso dell’immobile da parte degli stessi.
10. I ricorsi, pertanto, debbono essere dichiarati inammissibili. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2025
Il Consigliere estensore