Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2599 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2599 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Bacoli il 05-04-1948, avverso l’ordinanza del 23-04-2024 del Tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
4
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23 aprile 2024, il Tribunale del Riesame di Napoli, qual giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta nell’interesse di Vi COGNOME, finalizzata a ottenere l’annullamento e/o la revoca dell’ordi demolizione emesso in esecuzione della sentenza pronunciata dal Pretore d Napoli, Sezione distaccata di Pozzuoli, il 27 novembre 1997, irrevocabile i ottobre 1998, semtenza relativa ad abusi edilizi realizzati nel Comune di Bacol
Avverso l’ordinanza del Tribunale partenopeo, COGNOME tramite i difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi
Con il primo, la difesa ha eccepito la violazione della legge n. 47 del 1985, legge n. 724 del 1994, della legge n. 326 del 2003 e della legge n. 308 del 2 oltre che il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, osservando che pe le due unità immobiliari destinate ad abitazione del ricorrente e della sua fa sono state prodotte quattro istanze di condono non ancora definite ch differenza di quanto ritenuto dal giudice dell’esecuzione, erano ammissibi suscettibili di accoglimento, atteso che, alla data del 31 dicembre 1993, le realizzate, anche se in parte non ultimate, erano completate “al rustico” quanto tali, presentavano già i requisiti minimi per farne ritenere acquisita effetto una specifica individualità, essendo complete nel reticolo di travi e p con relativi solai di interpiano e copertura, a ciò aggiungendosi che il g dell’esecuzione ha mancato di confrontarsi con la documentata pendenza di du domande di compatibilità paesaggistica presentate ai sensi dell’art. 1, commi ss., della legge n. 308 del 2004, il cui eventuale accoglimento ha effetto est con riferimento alla realizzazione delle due unità abitative oggetto di demolizi
Con il secondo motivo, è stata dedotta la violazione degli art. 6, 7 e 8 C.E.D.U., con conseguente inosservanza dei principi di legalità e di proporziona della sanzione e con violazione degli art. 14 e 32 Cost. e del diritto all’abi secondo i canoni fissati dalla sentenza della Corte europea nel caso “Ivanova Bulgaria”: si evidenzia, in particolare, che le unità abitative oggetto di ingi di demolire rappresentano l’unica dimora di Carannante e della sua famiglia. rileva inoltre che il ricorrente vive in disagiate condizioni economiche, per cu eventuale demolizione dopo oltre 31 anni dalla data di realizzazione dell’ab sarebbe una misura del tutto sproporzionata e oltremodo afflittiva, tanto più si consideri che COGNOME ha fatto di tutto per sanare l’immobile, attrave deposito di ben sei istanze di condono edilizio, peraltro ancora pendenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Iniziando dal primo motivo, occorre richiamare, in via preliminare, la consolidata affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 35201 del 03/05/2016, Rv. 268032, Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014, Rv. 261212, Sez. 3, n. 42978 del 17/10/2007, Rv. 238145 – e Sez. 3, n. 23702 del 27/04/2007, Rv. 237062), secondo cui, in tema di reati edilizi, il giudice dell’esecuzione investito del richiesta di revoca o di sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, è tenuto a esaminare i possibili esiti e tempi di conclusione del procedimento amministrativo di sanatoria o di condono eventualmente intrapreso dall’interessato e, in particolare: a) il prevedibile risultato dell’istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento; b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell’esecuzione solo nel caso in cui, sulla base di elementi concreti, sia ragionevolmente prevedibile un suo rapido esaurimento.
Di tale principio il giudice dell’esecuzione ha operato buon governo, evidenziando che doveva escludersi il rilascio in favore del ricorrente, in tempi brevi, del tito abilitativo, non essendo stato emesso alcun provvedimento concessorio rispetto alle quattro istanze di condono presentate nel corso degli anni, né era prevedibile che ciò accadesse, avendo il P.M. comunicato nel suo parere che le istanze indicate dalla difesa erano state oggetto di preavviso di diniego, essendosi in tal senso sottolineato nell’ordinanza impugnata che l’immobile in questione non solo insiste in un’area vincolata paesaggisticamente, ma è stato completato in epoca successiva al 1993, emergendo dalla sentenza di condanna che alla data del 26 agosto 1996 erano realizzate solo la tompagnatura perimetrale e le tramezzature interne mancanti alla data del sequestro, per cui il condono non era concedibile né ai sensi della legge n. 726 del 1994, né in forza della legge n. 326 del 2003. Di qui l’infondatezza della censura difensiva, non risultando adeguatamente smentiti i presupposti delle pertinenti considerazioni formulate dal Tribunale.
2. Anche il secondo motivo non è meritevole di accoglimento.
Circa l’asserita violazione del principio di proporzione tra la sanzione e gli interess della Comunità, occorre osservare che, come chiarito più volte da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 24882 del 26/04/2018, Rv. 273368 e Sez. 3, n. 18949 del 10/03/2016, Rv. 267024), in tema di reati edilizi, l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all’art. 8 C.E.D.U., posto che, n essendo desumibile da tale norma la sussistenza di alcun diritto “assoluto” a occupare un immobile, anche se abusivo, solo perché casa familiare, il predetto ordine non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legitt domicilio, ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesio
•
di un bene o interesse costituzionalmente tutelato e a ripristinare l’equ urbanistico-edilizio violato. Su questa falsariga, è stato altresì affermato (c 3, n. 5822 del 18/01/2022, Rv. 282950) che il giudice, nel dare attuazi all’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione una persona, è tenuto a rispettare il principio di proporzionalità enunciato giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU Ivanova e COGNOME c. Bulgaria del 21/04/2016 e Kaminskas c. Lituania del 04/08/2020, valutando l disponibilità, da parte dell’interessato, di un tempo sufficiente per consegu possibile, la sanatoria dell’immobile o per risolvere, con diligenza, le p esigenze abitative, la possibilità di far valere le proprie ragioni dinan tribunale indipendente, l’esigenza di evitare l’esecuzione in momenti in sarebbero compromessi altri diritti fondamentali, come quello dei minori frequentare la scuola, nonché l’eventuale consapevolezza della natura abusi dell’attività edificatoria, consapevolezza nel caso di specie, stante il richi risalenza dell’ordine di demolizione e al mancato accoglimento delle istanze condono, è stata ritenuta sussistente dal giudice dell’esecuzione all’esito percorso argomentativo non illogico e quindi non sindacabile in sede di legittim A ciò deve solo aggiungersi che, anche rispetto alla prospettazione della prec situazione economica di Carannante e del suo nucleo familiare, il ricorso ris non adeguatamente specifico, non essendovi alcuna allegazione circa la condizion economica del ricorrente e le attività esperite per trovare un diverso allo anche presso il sistema di edilizia popolare, per cui (non risultando peralt tali elementi furono compiutamente sottoposti al giudice dell’esecuzione) non p ritenersi ravvisabile la violazione dell’invocato principio di proporzionalità.
Da ultimo, nella pronuncia impugnata, è stato ricordato che l’ordine di demolizi non riveste, nel nostro ordinamento, una funzione punitiva, quale elemento pena da irrogare al colpevole, ma, diversamente, una funzione ripristinatoria bene interesse tutelato, per cui l’ordine, quando imposto dall’Autorità giudi in uno con la sentenza di condanna, non si pone in rapporto alternativo l’omologo ordine emesso dall’Autorità amministrativa, ferma restando la necessi di un coordinamento tra le due disposizioni in sede esecutiva; da ciò conse che, essendo privo di finalità punitive, l’ordine di demolizione non è soggetto prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, prescrizione stabilita dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981 che riguarda sanzioni pecuniarie con finalità punitiva (cfr. in tal senso Sez. 3, n. 49 10/11/2015, Rv. 265540 e Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Rv. 264736).
In conclusione, stante l’infondatezza delle doglianze sollevate, il ri proposto nell’interesse di COGNOME deve essere rigettato, con consegue condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua Così deciso il 10.10.2024