Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8616 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8616 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 13/02/2025
R.G.N. 39585/2024
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME COGNOME nato a Reggio Calabria il 17/09/1969, rappresentato e difeso dall’avv. NOME
COGNOME, di fiducia
COGNOME NOME nata a Reggio Calabria il 03/08/1990, rappresentata e difesa dall’avv. NOME
COGNOME di fiducia avverso la sentenza emessa in data 17/10/2024 dalla Corte di appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
preso atto che i difensori dei ricorrenti hanno avanzato rituale richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611., commi 1bis e 1ter , cod. proc. pen.;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate in data 27/01/2025 dal sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con le quali Ł stato chiesto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla condanna degli imputati alla refusione delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile e declaratoria di inammissibilità dei ricorsi nel resto;
lette le conclusioni scritte depositate in data 05/02/2025 dal difensore del ricorrente COGNOME avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse del suo assistito;
lette le conclusioni scritte depositate in data 05/02/2025 dal difensore della ricorrente COGNOME COGNOME avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse della sua assistita;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 12/06/2023 dal Tribunale di Reggio Calabria, così statuiva:
dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di cui ai capi A e D (art. 44 lett. b d.P.R. 380/2001 e artt. 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001),
limitatamente all’ampliamento del fabbricato, in quanto estinti per intervenuta prescrizione;
-assolveva entrambi gli imputati dal reato di cui al capo C (art. 181 D.Lvo n. 42 del 2004) per insussistenza del fatto;
-confermava il giudizio di responsabilità per i reati di cui ai capi A, B, D (art. 44 lett. b) d.P.R. 380/2001, artt. 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001 e artt. 633 e 639bis cod. pen.) relativamente alla realizzazione di un patio su suolo pubblico e alla occupazione di un locale ATERP;
-per l’effetto, rideterminava la pena, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nei confronti di NOME COGNOME in mesi nove di reclusione ed euro 200,00 di multa e nei confronti di NOME COGNOME in mesi quattro di reclusione ed euro 200,00 di multa;
-confermava il beneficio della sospensione condizionale già concesso a NOME COGNOME subordinandolo alla demolizione del solo patio oggetto dell’imputazione sub A);
condannava entrambi gli imputati alla refusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel giudizio di appello dalla parte civile costituita (Comune di Reggio Calabria).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, tramite i rispetti difensori fiduciari.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati articolati cinque motivi.
3.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per i reati di cui ai capi A e D (art. 44 lett. b d.P.R. 380/2001 e artt. 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001), con riferimento alla realizzazione del patio.
La Corte di appello ha ritenuto che al momento del sopralluogo (effettuato nel dicembre 2019) la costruzione del patio sulla pubblica via fosse ancora in corso.
In realtà, il teste di polizia giudiziaria maresciallo COGNOME ha affermato che, all’atto del controllo, il manufatto era già stato terminato dovendo essere completata solo la copertura e ha precisato di nulla sapere in ordine all’autore dello stesso e all’epoca di realizzazione.
Una corretta valutazione di tale testimonianza avrebbe dovuto condurre alla assoluzione dell’imputato per insussistenza del fatto (in quanto la mera finitura della copertura non richiedeva alcun permesso di costruire, nØ l’osservanza della normativa antisismica) e comunque per mancata riconducibilità allo stesso della realizzazione dell’opera; in ogni caso, avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.
3.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per il reato di occupazione abusiva contestato al capo B) di imputazione. L’imputato non era consapevole di avere occupato abusivamente il locale ove viveva avendo egli abitato stabilmente per molti anni nel nord Italia ed essendo rientrato a Reggio Calabria solo all’inizio del 2017, sicchŁ non era al corrente dell’operato della madre che lo aveva ospitato.
3.3. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 31 comma 9 d.P.R. n. 380 del 2001 per non avere la Corte di appello revocato l’ordine di demolizione con riferimento all’opera di ampliamento del fabbricato rispetto alla quale i reati di cui ai capi A) e D) sono stati dichiarati estinti per intervenuta prescrizione, costituendo presupposto dell’ordine di demolizione la pronuncia di una sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 44 d.P.R. 380/2001.
3.4. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 31 comma 9 d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 D.Lvo n. 42 del 2004 per non avere la Corte di appello revocato l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi con riferimento all’opera di
ampliamento del fabbricato rispetto alla quale i reati di cui ai capi A) e D) sono stati dichiarati estinti per prescrizione nonostante l’intervenuta assoluzione per insussistenza del fatto per il reato di cui al capo C).
3.5. Con il quinto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 541, comma 1, cod. proc. pen. con riferimento alla condanna di COGNOME, in solido con la coimputata, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute per la fase di appello dalla parte civile costituita (Comune di Reggio Calabria). Rileva il ricorrente che la parte civile Ł rimasta assente nel giudizio di secondo grado che si Ł celebrato nella forma della trattazione orale e si Ł limitata a depositare fuori udienza conclusioni scritte con le quali ha chiesto la conferma della sentenza appellata che, tuttavia non sono sufficienti a far maturare il diritto alla liquidazione, come affermato dalla recente giurisprudenza di legittimità.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati dedotti sei motivi di ricorso, di cui cinque sovrapponibili a quelli proposti dal coimputato COGNOME.
4.1. Con il primo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchØ il travisamento della prova in ordine al giudizio di responsabilità per i reati di cui ai capi A e D (art. 44 lett. b) d.P.R. 380/2001 e artt. 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001), con riferimento alla realizzazione del patio.
La Corte di appello ha ritenuto che al momento del sopralluogo (effettuato nel dicembre 2019) la costruzione del patio collocato sulla pubblica via fosse ancora in corso.
In realtà, il teste di polizia giudiziaria maresciallo COGNOME ha affermato che, all’atto del controllo, il manufatto era già stato terminato dovendo essere completata solo la copertura e ha precisato di nulla sapere in ordine all’autore dello stesso e all’epoca di realizzazione.
Una corretta valutazione di tale testimonianza avrebbe dovuto condurre alla assoluzione dell’imputata per insussistenza del fatto (in quanto la mera finitura della copertura non richiedeva alcun permesso di costruire nØ l’osservanza della normativa antisismica) e comunque per mancata riconducibilità alla stessa della realizzazione dell’opera; in ogni caso avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.
Rileva inoltre la ricorrente che la Corte di appello non ha motivato in ordine alla ragione per cui la COGNOME dovrebbe rispondere a titolo di committente degli illeciti edilizi contestati, in concorso con il coniuge COGNOME non essendo neppure comproprietaria dell’immobile.
4.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per il reato di occupazione abusiva contestato al capo B) di imputazione. L’imputata non era consapevole di avere occupato abusivamente il locale ove viveva avendo ella abitato, insieme al coniuge COGNOME, stabilmente e per molti anni nel nord Italia ed essendo rientrata a Reggio Calabria solo all’inizio del 2017, sicchŁ non era al corrente dell’operato della suocera che l’aveva ospitata in ragione delle precarie condizioni economiche e dei problemi di salute di uno dei figli.
4.3. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 31 comma 9 d.P.R. 380/2001 per non avere la Corte di appello revocato l’ordine di demolizione con riferimento all’opera di ampliamento del fabbricato rispetto alla quale i reati di cui ai capi A) e D) sono stati dichiarati estinti per intervenuta prescrizione, costituendo presupposto dell’ordine di demolizione la pronuncia di una sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 44 d.P.R. 380/2001.
4.4. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 31 comma 9 d.P.R. 380/2001 e 181 D.Lvo n. 42/2004 per non avere la Corte di
appello revocato l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi con riferimento all’opera di ampliamento del fabbricato rispetto alla quale i reati di cui ai capi A) e D) sono stati dichiarati estinti per prescrizione e nonostante l’intervenuta assoluzione per insussistenza del fatto per il reato di cui al capo C). Anche l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi richiede, quale presupposto, la pronuncia di una sentenza di condanna.
4.5. Con il quinto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 164 e 165 cod. pen e la illogicità e contraddittorietà della motivazione laddove la Corte di appello ha confermato la statuizione del giudice di primo grado che aveva subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso alla COGNOME alla demolizione del patio. La Corte territoriale ha apposto tale condizione ritenendo che il giudizio di prognosi favorevole potesse formularsi solo a fronte della attività demolitoria dell’opera ritenuta abusiva e dunque della concreta volontà dell’imputata di interrompere la lesione del bene protetto, dimenticando tuttavia che la COGNOME Ł persona incensurata e tale circostanza, di per sØ, conduce ad una previsione positiva circa l’astensione per il futuro dalla commissione di ulteriori reati.
4.6. Con il sesto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 541, comma 1, cod. proc. pen. con riferimento alla condanna dell’imputata, in solido con COGNOME, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute per la fase di appello dalla parte civile costituita (Comune di Reggio Calabria). Rileva la ricorrente che la parte civile Ł rimasta assente nel giudizio di secondo grado celebrata nella forma della trattazione orale e si Ł limitata a depositare fuori udienza conclusioni scritte con le quali ha chiesto la conferma della sentenza appellata che, tuttavia non sono sufficienti a far maturare il diritto alla liquidazione, come affermato dalla recente giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono parzialmente fondati nei termini indicati in dispositivo e che di seguito si illustrano.
Vanno preliminarmente dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza il primo motivo articolato nel ricorso proposto nell’interesse dell’imputato COGNOME ed il primo motivo proposto nell’interesse della coimputata COGNOME da esaminare congiuntamente in quanto di identico contenuto.
2.1. La Corte di appello (pag. 5 e 6 della sentenza impugnata), con motivazione ampia e del tutto aderente alle risultanze processuali, ha affermato – sulla scorta della deposizione resa dal teste di polizia giudiziaria, confermata dal verbale di sopralluogo corredato con relativo materiale fotografico – che il patio collocato sulla pubblica via costituiva abuso edilizio trattandosi di una struttura composta da massetto in cemento, pavimentazione e telaio in legno con travi imbullonate al suolo e quindi non amovibile, come tale richiedente il permesso di costruire e l’osservanza della normativa antisismica. Ha inoltre osservato come la copertura di tale patio non era ancora stata completata, così concludendo, con argomentazione scevra da manifesta illogicità, che il manufatto era ancora in corso di realizzazione al momento dell’accertamento di polizia giudiziaria effettuato nel dicembre 2019 e che, conseguentemente, gli illeciti contestati nei capi A) e D) con riferimento a tale opera non potevano ritenersi estinti per intervenuta prescrizione.
2.2. Inoltre, manifestamente infondata Ł la deduzione di travisamento della prova rappresentata dal difensore dell’imputata COGNOME Il semplice raffronto tra il verbale delle dichiarazioni rese dal maresciallo COGNOME (allegato al ricorso) e la sentenza impugnata nella parte in cui ha richiamato tale portato dichiarativo consente decisamente di escludere un errore ‘sul significante’ atteso che il teste ha effettivamente affermato come, al momento del sopralluogo, la copertura del patio non era ancora terminata.
2.3. Altrettanto puntuale e privo di contraddittorietà, quindi non sindacabile in questa sede, Ł il costrutto argomentativo in ordine alla riconducibilità degli illeciti edilizi ad entrambi gli imputati con il quale le difese ricorrenti non si confrontano minimamente. La Corte territoriale ha infatti evidenziato, facendo corretto ricorso alla prova logica, che il patio in questione era esclusivamente servente (in quanto unica via di accesso) al locale ove, a prescindere dai titoli di proprietà, abitava stabilmente dal 2017 la coppia di coniugi, unica ad avere pertanto interesse alla costruzione di tale manufatto.
Sono inammissibili per manifesta infondatezza anche il secondo motivo articolato nel ricorso proposto nell’interesse dell’imputato COGNOME ed il secondo motivo proposto nell’interesse della coimputata COGNOME, pure esaminabili congiuntamente in quanto di identico contenuto.
Invero, non si ravvisa il denunciato vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza in capo agli imputati del dolo del delitto contestato al capo B) di imputazione. La Corte di appello (pag. 4 della sentenza impugnata) ha argomentato in modo ampio in ordine alla piena consapevolezza dei due coniugi di occupare abusivamente sia il locale adibito a civile occupazione (che era uno spazio comune della palazzina ATERP), sia il suolo pubblico sul quale era in corso la costruzione del patio abusivo, tenendo conto anche della versione resa dall’imputato COGNOME che ha disatteso puntualmente con argomentazioni non manifestamente illogiche.
Sono invece fondati il terzo ed il quarto motivo di impugnazione dedotti in entrambi i ricorsi, esaminabili congiuntamente in quanto del tutto sovrapponibili anche nella forma grafica.
L’estinzione per prescrizione del reato di costruzione abusiva dichiarata dal giudice d’appello comporta la dichiarazione di revoca dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di primo grado, atteso che tale statuizione consegue alle sole sentenze di condanna per il reato di cui all’art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 come disposto dall’art. 31, comma 9, del citato d.P.R. (Sez. 3, n. 756 del 02/12/2010, dep. 2011, Sicignano, Rv. 249154; Sez. 3, n. 50441 del 27/10/2015, Franchi, Rv. 265616; Sez. 3, n. 37836 del 29/03/2017, Catanzaro, Rv. 270907; Sez. 3, n. 9915 del 18/12/2020, dep. 2021, Polverino, non mass.).
Analogamente, in tema di tutela del paesaggio, l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, previsto dall’art. 181 del d.Lvo. n. 42 del 2004, può essere impartito dal giudice soltanto con la sentenza di condanna e, pertanto, in caso di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, tale statuizione va revocata dal giudice dell’impugnazione, fermo restando l’autonomo potere-dovere dell’autorità amministrativa (Sez. 3, n. 31430 del 16/05/2018, Nappo, Rv. 273764).
Nella specie, la Corte di appello ha dichiarato l’intervenuta estinzione dei reati di cui ai capi A e D (art. 44 lett. b) d.P.R. 380/2001 e artt. 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001), limitatamente all’appendice di fabbricato, in quanto estinti per intervenuta prescrizione ed Ł pervenuta a giudizio assolutorio nei confronti di entrambi gli imputati per il reato di cui all’art. 181 D.Lvo n. 42 del 2004 (capo D) per insussistenza del fatto. A fronte di tali statuizioni ha, tuttavia, omesso di disporre, come sarebbe stato necessario, sia la revoca dell’ordine di demolizione e della restituzione in pristino dello stato dei luoghi con riferimento all’appendice di fabbricato abusivamente realizzato.
La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio con riferimento a tali mancate revoche che – non richiedendo alcuna valutazione discrezionale – possono essere disposte direttamente da questa Corte.
Meritevoli di accoglimento sono anche il quinto motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME ed il sesto motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME esaminabili congiuntamente in quanto anch’essi sovrapponibili.
Come effettivamente dedotto dai ricorrenti, dal fascicolo processuale – il cui esame Ł consentito
al Collegio in ragione della natura processuale della doglianza – il giudizio di appello Ł stato celebrato nella forma orale con mancata comparizione del difensore della parte civile che ha depositato conclusioni scritte in via telematica.
Deve quindi trovare applicazione il consolidato orientamento di legittimità secondo cui, in tema di condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, nel caso in cui il giudizio in grado di appello si sia svolto con contraddittorio reale e non cartolare, Ł necessario che la parte richiedente abbia partecipato effettivamente all’udienza di discussione ovvero abbia esercitato in concreto le facoltà difensive previste dal codice, non essendo sufficiente per far maturare il diritto alla liquidazione la mera presentazione di conclusioni scritte fuori udienza (Sez. 2, n. 22937 del 13/04/2023, COGNOME , Rv. 284725; Sez. 5, n. 1144 del 07/11/2023, dep. 2024, D., Rv. 285598; Sez. 2, n. 6965 del 18/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 275524, principio affermato anche con riferimento al giudizio di legittimità dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 27727 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286581-03).
La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio anche con riferimento alla condanna degli imputati, in solido tra loro, al pagamento delle spese di costituzione e difesa della parte civile nel giudizio di appello: revoca della condanna che – non richiedendo, anche in questo caso, alcuna valutazione discrezionale – può essere disposta da questa Corte.
E’ invece manifestamente infondato il quinto motivo di doglianza del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata revoca della condizione (demolizione del patio) a cui il giudice di primo grado aveva subordinato il beneficio della sospensione condizionale concesso all’imputata.
La Corte di appello ha puntualmente argomentato sul punto (pag. 7 della sentenza impugnata) in modo conforme al disposto di cui all’art. 165 cod. pen. osservando come la prognosi in ordine alla astensione per il futuro dalla commissione di ulteriori reati presupponeva la previa eliminazione della costruzione abusiva e, quindi, l’interruzione effettiva della lesione del bene protetto dalle fattispecie incriminatrici violate.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla mancata revoca sia dell’ordine di demolizione dell’appendice di fabbricato di cui al capo A) che del ripristino dello stato dei luoghi in relazione alla predetta appendice di fabbricato, revoche che dispone.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla condanna degli imputati, in solido tra loro, al pagamento delle spese di costituzione e difesa nel giudizio di gravame sostenute dalla parte civile, liquidate in euro 1,200,00, oltre accessori di legge, condanna che revoca; dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Così Ł deciso, 13/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME