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Ordine di demolizione e interesse ad agire

Una coppia, condannata per abusivismo edilizio, impugna un ordine di demolizione dopo aver donato l’immobile ai propri figli. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per carenza di interesse ad agire. Poiché i ricorrenti non sono più proprietari, non hanno un interesse concreto e attuale a contestare l’ordine, che per sua natura segue il bene e non la persona.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione: Chi Può Davvero Opporsi? Il Principio dell’Interesse ad Agire

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo rappresenta la fase conclusiva e più temuta del procedimento per reati edilizi. Ma chi è legittimato a opporsi a tale provvedimento? Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale fornisce un chiarimento cruciale sul requisito dell'”interesse ad agire”, stabilendo che chi non è più proprietario del bene non può impugnare l’ingiunzione a demolire. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa: Costruzione Abusiva e Successiva Donazione

Il caso trae origine da una condanna per abusivismo edilizio, risalente all’anno 2000, a carico di una coppia per aver realizzato un manufatto composto da due appartamenti senza i necessari permessi. A seguito della condanna, la Procura Generale emetteva un’ingiunzione a demolire l’immobile.

Successivamente alla notifica di tale ingiunzione, i due condannati donavano l’intero immobile ai propri figli, i quali già vi risiedevano. Nonostante la donazione, i genitori decidevano di impugnare l’ordine di demolizione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo la violazione di diverse norme, tra cui quelle relative alla possibilità di sanatoria e al principio di proporzionalità della sanzione previsto dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

La Carenza di Interesse ad Agire: il cuore della decisione sull’ordine di demolizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, concentrando la propria decisione su un punto procedurale fondamentale: la carenza di interesse ad agire. Secondo i giudici, l’interesse a impugnare un provvedimento deve essere concreto e attuale. Ciò significa che l’eventuale annullamento dell’atto impugnato deve produrre un vantaggio pratico e diretto per chi ricorre.

Nel caso di specie, avendo i ricorrenti trasferito la proprietà dell’immobile ai figli, non erano più titolari di alcun diritto reale sul bene. Di conseguenza, l’eventuale annullamento dell’ordine di demolizione non avrebbe comportato per loro alcun beneficio concreto. Non essendo più proprietari, non sussisteva più il loro interesse a conservare un bene che non era più nel loro patrimonio.

L’Ordine di Demolizione: Una Sanzione Reale che Segue l’Immobile

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella giurisprudenza: l’ordine di demolizione non è una pena personale, ma una sanzione amministrativa di carattere reale. Questo significa che la sanzione non colpisce la persona che ha commesso l’abuso, ma l’immobile stesso (la res).

Di conseguenza:
1. Si trasferisce con la proprietà: L’ordine è efficace nei confronti di chiunque acquisti la proprietà del bene, sia per successione, vendita o donazione.
2. Non si estingue: Non è soggetto a prescrizione e non si estingue con la morte del reo.
3. Non è una “pena” ai sensi della CEDU: La sua finalità non è punire il colpevole, ma ripristinare l’assetto del territorio violato. Pertanto, i criteri di proporzionalità tipici delle pene non si applicano allo stesso modo.

Tentativo di Condono e Limiti Volumetrici

I ricorrenti avevano anche sostenuto che i figli avessero legittimamente presentato istanze di sanatoria separate per i due appartamenti. La Corte ha ritenuto infondato anche questo motivo, allineandosi alla decisione della Corte d’Appello. Ai fini della sanatoria, un edificio deve essere considerato come un complesso unitario. Presentare istanze separate per le singole unità che lo compongono è visto come un tentativo di eludere i limiti volumetrici imposti dalla legge per la concedibilità del condono, e quindi come una pratica in frode alla legge.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La motivazione della sentenza si fonda primariamente sul principio processuale dell’interesse ad agire. La Corte ha stabilito che, nel momento in cui il condannato si spoglia della proprietà del bene abusivo, perde la legittimazione a contestare l’ordine di demolizione, poiché non può più trarre alcun vantaggio dall’annullamento dell’atto. Ogni altra questione, inclusa quella sulla proporzionalità della misura, diventa irrilevante, poiché non sono più i ricorrenti a subirne gli effetti diretti. La Corte ha inoltre rafforzato l’idea che l’ordine di demolizione è uno strumento ripristinatorio legato indissolubilmente all’immobile e la cui esecuzione non può essere paralizzata da trasferimenti di proprietà, anche se a titolo gratuito.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza due principi cardine in materia di abusivismo edilizio. In primo luogo, l’ordine di demolizione è una sanzione reale che segue il destino giuridico dell’immobile, indipendentemente dai passaggi di proprietà. In secondo luogo, il diritto di impugnare un provvedimento giudiziario è subordinato all’esistenza di un interesse concreto, attuale e personale. La donazione dell’immobile dopo aver ricevuto l’ingiunzione a demolire ha, di fatto, privato i ricorrenti della possibilità di contestare un ordine che, giuridicamente, non li riguardava più direttamente, trasferendo l’onere sui nuovi proprietari.

Chi può impugnare un ordine di demolizione?
Secondo la sentenza, può impugnare un ordine di demolizione solo chi ha un interesse giuridico concreto e attuale a farlo. Un ex proprietario che ha venduto o donato l’immobile non possiede più tale interesse, poiché l’annullamento dell’ordine non gli porterebbe alcun vantaggio diretto.

L’ordine di demolizione si estingue se l’immobile viene venduto o donato a terzi?
No. La sentenza ribadisce che l’ordine di demolizione ha natura di sanzione reale, ovvero è legato all’immobile e non alla persona che ha commesso l’abuso. Pertanto, l’ordine rimane valido ed efficace anche nei confronti dei successivi proprietari.

È possibile chiedere la sanatoria per singole parti di un unico edificio abusivo per non superare i limiti di volume?
No. La Corte ha stabilito che, ai fini della concedibilità della sanatoria e del rispetto dei limiti volumetrici, l’edificio va considerato come un complesso unitario. Presentare istanze separate per le singole unità è considerato un tentativo di eludere la legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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