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Ordine di demolizione e acquisizione al comune

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’ordine di demolizione per un abuso edilizio rimane efficace anche dopo l’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale. Il ricorso di un condannato che sosteneva l’impossibilità di demolire un bene non più di sua proprietà è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha chiarito che la demolizione è l’esito obbligato, a meno che il Consiglio Comunale non deliberi esplicitamente di mantenere l’opera per prevalenti interessi pubblici.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: l’acquisizione al Comune non salva dall’obbligo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale in materia di abusi edilizi: cosa succede all’ordine di demolizione penale quando l’immobile abusivo viene acquisito dal patrimonio del Comune? La Suprema Corte ha chiarito che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il passaggio di proprietà all’ente locale non estingue automaticamente l’obbligo del condannato di procedere alla demolizione a proprie spese. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I fatti di causa

Il caso riguarda una persona condannata per un abuso edilizio, alla quale era stato ingiunto dal pubblico ministero di demolire le opere illegali. La condannata si era opposta a tale ingiunzione davanti al giudice dell’esecuzione, chiedendone la sospensione. La sua tesi si basava su un presupposto apparentemente logico: a seguito della sua inottemperanza all’originario ordine amministrativo di demolizione, l’immobile era stato automaticamente acquisito al patrimonio del Comune. Di conseguenza, non essendo più proprietaria del bene, si trovava nell’impossibilità materiale e giuridica di eseguire la demolizione su una proprietà altrui.

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva rigettato la sua richiesta. Contro questa decisione, la condannata ha proposto ricorso per cassazione, ribadendo la sua posizione e sottolineando come la stessa sentenza di condanna prevedesse la demolizione ‘salvo che le opere stesse non risultino acquisite al patrimonio del comune’.

L’ordine di demolizione e l’acquisizione comunale

Il nodo centrale della questione è la presunta incompatibilità tra l’ordine di demolizione emesso dal giudice penale e l’avvenuta acquisizione del bene da parte dell’ente comunale. Secondo la ricorrente, l’acquisizione renderebbe l’ordine ineseguibile, privandola della titolarità e disponibilità del bene.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto questa interpretazione, allineandosi a un consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici hanno spiegato che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale non è un’alternativa alla demolizione, ma una fase del procedimento sanzionatorio amministrativo che, di norma, ha come sbocco finale proprio la demolizione a spese del responsabile dell’abuso.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha chiarito che non vi è alcun contrasto tra l’ordine demolitorio del giudice penale e l’acquisizione amministrativa, poiché entrambi perseguono lo stesso obiettivo: il ripristino della legalità violata. L’acquisizione dell’immobile da parte del Comune è ostativa alla demolizione solo in un caso specifico e ben definito dalla legge (art. 31, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001).

Questo si verifica quando il Consiglio Comunale, con una formale delibera, dichiara l’esistenza di ‘prevalenti interessi pubblici’ al mantenimento dell’opera e accerta che questa non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o idrogeologici. In assenza di una tale delibera, il procedimento amministrativo ha come unico esito obbligato la demolizione.

Di conseguenza, il responsabile dell’abuso, anche se non più proprietario, non può sottrarsi all’obbligo di demolire. L’unica circostanza che può liberarlo da tale obbligo è l’intervento del Consiglio Comunale che decida di ‘salvare’ l’immobile per fini pubblici. Nel caso di specie, non essendo emersa alcuna delibera in tal senso, l’obbligo di demolizione a spese della condannata è rimasto pienamente valido ed efficace.

Le conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale nella lotta all’abusivismo edilizio: il responsabile non può sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni illegali attraverso tecnicismi giuridici. L’ordine di demolizione penale conserva la sua forza esecutiva anche dopo il trasferimento della proprietà dell’immobile al Comune. Il messaggio è chiaro: la sanzione finale per chi costruisce illegalmente è la demolizione, a meno che l’autorità pubblica non ravvisi, in via del tutto eccezionale, un prevalente interesse pubblico a conservare l’opera. Il costo del ripristino della legalità grava, in ogni caso, su chi ha commesso l’abuso.

L’acquisizione di un immobile abusivo al patrimonio del Comune blocca automaticamente l’ordine di demolizione del giudice?
No, l’acquisizione gratuita dell’immobile da parte del Comune non blocca automaticamente l’ordine di demolizione. Quest’ultimo rimane valido ed efficace, poiché entrambi gli istituti mirano al ripristino della legalità.

In quale caso l’ordine di demolizione penale non può più essere eseguito?
L’ordine di demolizione non è più eseguibile solo se il Consiglio Comunale, con una specifica delibera, stabilisce di non demolire l’opera acquisita, dichiarando l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento e la compatibilità con gli interessi urbanistici e ambientali.

Chi paga le spese di demolizione se l’immobile è stato acquisito dal Comune?
Le spese per la demolizione restano a carico del responsabile dell’abuso edilizio, anche se non è più il proprietario formale dell’immobile a seguito dell’acquisizione al patrimonio comunale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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