Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 45426 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 45426 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal COGNOME NOME nata a Palermo il 24/10/1957; COGNOME NOME nato a Palermo il 04/01/1953; nel procedimento a carico dei medesimi; avverso la ordinanza del 05/03/2024 della Corte di appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale di Palermo quale giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta di revoca dell’ordine di demolizione avanzata nell’interesse di NOME e COGNOME NOME.
Avverso la predetta ordinanza NOME e NOME mediante il rispettivo difensore hanno proposto, con un solo motivo per ogni atto di impugnazione, ricorso per cassazione.
COGNOME NOME deduce vizi di violazione di legge e di motivazione. Si lamenta la mancata considerazione del rilievo difensivo, con relativa allegazione, inerente la attuale pendenza sull’immobile da demolire di quattro istanze di condono. Si aggiunge che sarebbe ostativa alla demolizione
anche la circostanza per cui senza colpa dell’istante il Comune non avrebbe ancora definito le procedure di cui alle citate istanze. Si sottolinea anche la necessaria sospensione, in presenza di istanza di condono, dei procedimenti sanzionatori con impossibilità per il giudice di formulare alcuna prognosi sull’esito dei procedimenti medesimi, stante la competenza di altro soggetto giuridico a decidere in proposito. In questo quadro la ingiunzione a demolire emessa dalla Procura in relazione all’ordine di demolizione di cui ad intervenuta sentenza di condanna riguardante l’abuso in questione sarebbe illegittima. Si aggiunge l’assenza di interesse alla demolizione in capo all’Ente comunale e anche in proposito il giudice dell’esecuzione sarebbe rimasto silente.
COGNOME NOME eccepisce vizi di violazione di legge e di demolizione non potendo egli essere destinatario dell’ingiunzione a demolire iure hereditatis atteso che l’immobile abusivo sarebbe sempre appartenuto a NOME NOME e che altrimenti avrebbero dovuto essere destinatari tutti i 4 figli del de cuius NOME NOME, già condannato quale committente per gli abusi in esame, mentre la titolarità del bene sarebbe risultata solo in capo a NOME NOME posto che non vi sarebbe prova dell’acquisizione, in capo al ricorrente, del bene in questione, iure successionis. Di tale profilo non si sarebbe fatto carico il giudice dell’esecuzione, con motivazione quindi apparente e assunta in violazione di legge.
Il ricorso proposto da NOME è inammissibile. Certamente deve ribadirsi che la Corte di cassazione ( tra le altre Sez. 3, n. 31031 del 20/05/2016 Rv. 267413 – 01) ha affermato che, in tema di esecuzione penale, non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un provvedimento giurisdizionale favorevole, ma solo un onere di allegazione, cioè un dovere di prospettare e di indicare (specificamente) al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si basa, incombendo poi alla autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti (Sez. 5, n. 4692 del 14/11/2000, COGNOME, Rv. 219253).
Tale onere è stato disatteso dalla ricorrente perché non si è fatta carico di allegare alcun concreto elemento dal quale il Giudice dell’esecuzione avesse potuto desumere che la domanda di condono fosse definibile in tempi brevi posto che erano trascorsi oltre venti anni dalla data di irrevocabilità della sentenza contenente l’ordine di demolizione (17.10.2003) e la data delle istanze di condono corrisponderebbe al 9.12.2004 – in maniera che il Tribunale avesse potuto dare corso ad una istruttoria diretta ad accertare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare: a) il prevedibile risultato dell’istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo
accoglimento; b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell’esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento (Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014, Russo, Rv. 261212).
Il medesimo onere di specificità si impone anche nel corrispondente motivo di ricorso.
Ne consegue che ancorchè il giudice dell’esecuzione non abbia fornito risposta al predetto argomento, l’attuale motivo appare del tutto generico per le predette ragioni e a fronte in particolare, sia della assenza di ogni illustrazione delle ragioni che avrebbero sostenuto l’accoglimento della domanda di condono, ed a breve, sia di ogni evidenziazione di un tale onere di specificità come già assicurato in sede esecutiva.
Va qui ribadito, comunque, che in tema di reati edilizi, il giudice dell’esecuzione investito della richiesta di revoca o di sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare: a) il prevedibile risultato dell’istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento; b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell’esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento. (Sez. 3, Ordinanza n. 47263 del 25/09/2014 Rv. 261212 – 01) Inoltre (Sez. 3, n. 37470 del 22/05/2019 Rv. 277668 – 01), ai fini della revoca dell’ordine di demolizione di un immobile oggetto di condono edilizio, il giudice dell’esecuzione deve verificare la legittimità del sopravvenuto atto concessorio,, sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione, dovendo in particolare verificare la disciplina normativa applicabile, la legittimazione di colui che abbia ottenuto il titolo in sanatoria, la tempestività della domanda, il rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la sanabilità dell’opera e, ov l’immobile edificato ricada in zona vincolata, il tipo di vincolo esistente nonché la sussistenza dei requisiti volumetrici o di destinazione assentibili. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Va anche affermato nuovamente, alla luce delle asserzioni difensive sulla autonomia tra competenza comunale e giudiziale in tema di demolizione, che in tema di violazioni urbanistiche, l’ordine di demolizione previsto dall’art. 31, ultimo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 costituisce atto dovuto, espressivo di un potere autonomo e non meramente suppletivo del giudice penale. Esso pertanto, ferma restando l’esigenza di coordinamento in fase esecutiva, non si pone in rapporto alternativo con l’ordine omologo impartito dalla Pubblica Amministrazione (Sez. 3, Sentenza n. 55295 del 22/09/2016 Ud. (dep. 30/12/2016 ) Rv. 268844 – 01). Va altresì aggiunto, a supporto dei rilievi poco prima formulati da questa Corte a confutazione degli assunti difensivi in tema di
legittimazione e interesse alla demolizione di esclusiva competenza comunale, che siccome le questioni difensive a tale riguardo integrano tematiche giuridiche, va in proposito anche richiamato il principio per cui vizio di motivazione, non è configurabile riguardo ad argomentazioni giuridiche delle parti. Queste ultime infatti, come ha più volte sottolineato la Suprema Corte, o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge; o sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunque corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 – 01 NOME).
Infine, quando alla inerzia comunale pure dedotta dalla difesa si riafferma che proprio alla luce della doverosità della demolizione disposta dal giudice non è possibile “lucrare” sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza o dalla domanda di condono, perché l’ingiunzione del pubblico ministero è anche causata dalla sua inerzia nell’esercitare i legittimi poteri e facoltà diretti a ottenere una sollecita decisione da parte della P.A.
Non da ultimo, a fronte della dedotta esclusiva proprietà dell’immobile abusivo in capo alla ricorrente, con presentazione tuttavia di plurime domande di condono, occorre ricordare che in tema di condono edilizio previsto dal d.l. 30 novembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326, la presentazione di plurime istanze di sanatoria relative a distinte unità immobiliari, ciascuna di volumetria non eccedente i 750 mc., costituisce artificioso frazionamento della domanda, in caso di nuova costruzione di volumetria inferiore a 3.000 mc., la cui realizzazione sia ascrivibile ad un unico soggetto. (Fattispecie relativa a nuova costruzione avente volumetria complessiva di circa 2.200 mc., composta da quattro unità immobiliari, rispetto alla quale risultavano presentate, da soggetti diversi dall’autore dell’edificazione, due istanze di condono per unità di volumetria inferiore a 750 mc.). (Sez. 3, n. 2840 del 18/11/2021 Cc. (dep. 25/01/2022 ) Rv. 282887 – 01). Appare infine del tutto generico il richiamo alla disciplina della sospensione del procedimento penale in pendenza di istanza di condono in assenza di ogni specificazione sulla sussistenza dei presupposti richiesti e a fronte di una procedura di condono ormai risalente.
Quanto al ricorso proposto da NOME NOME, siccome egli non potrebbe essere destinatario dell’ingiunzione a demolire iure ereditatis, atteso che l’immobile abusivo sarebbe sempre appartenuto a NOME e la titolarità del bene sarebbe risultata solo in capo a costei, in assenza di prova
dell’acquisizione in capo al ricorrente del bene in questione, iure successionis, si tratta di motivo fondato. Si premette che in materia di reati concernenti violazioni edilizie, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non è sottoposto alla disciplina della prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, avendo natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv. 265540). Essa, peraltro, non è neppure soggetta alla prescrizione stabilita dall’art. 28 legge 24 novembre 1981, n. 689, che riguarda unicamente le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva (Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Formisano, Rv. 265540; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011, COGNOME e a., Rv. 250336). Tanto precisato, si rammenta altresì che l’ordine di demolizione impartito dal giudice ha come destinatario non solo il condannato responsabile dell’abuso, ma anche l’attuale proprietario del bene, rimasto estraneo al processo, che assume una responsabilità di natura “sussidiaria”, ferma restando la sua facoltà di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del proprio dante causa. (In motivazione, la Corte ha precisato che non è causa di nullità dell’ingiunzione emessa dal pubblico ministero in esecuzione dell’ordine di demolizione la prospettazione che questa potrà essere eseguita d’ufficio a spese e a carico dell’attuale proprietario del bene). (Sez. 3, Sentenza n. 17809 del 18/01/2024 Cc. (dep. 07/05/2024) Rv. 286308 – 01).
Consegue che è estraneo invece alla demolizione il mero successore del committente che non sia anche proprietario del bene abusivo come sembra essere, allo stato degli atti accessibili a questa Corte e salvo ulteriori verifiche, l’attuale ricorrente. L’ordinanza impugnata, per vero, sul punto sembra fondarsi solo sull’analisi – non condivisibile quanto alle conseguenze a carico del ricorrente ricavate dal suo solo essere figlio del committente forse non proprietario – di documentazione proposta dall’interessato, diretta a escludere ogni proprietà, senza ulteriori approfondimenti.
Consegue che essa va annullata limitatamente alla posizione dell’attuale ricorrente con rinvio alla Corte di appello di Palermo per nuovo giudizio sui punto, da formulare previo completo accertamento dei titoli di proprietà e correlate conseguenti legittimazioni soggettive per la demolizione.
GLYPH Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso di NOME NOME debba essere GLYPH dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Va invece annullata la ordinanza impugnata con rinvio alla corte di appello di Palermo per nuovo giudizio limitatamente al ricorso di COGNOME NOME.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di COGNOME NOME con rinvio alla Corte di appello di Palermo. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024.