Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10054 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10054 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Lamezia Terme 1’01/02/1952
avverso l’ordinanza del 11/04/2024 della Corte d’appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso,
letta la memoria di replica del difensore che insiste nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, la Corte d’appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di revoca/sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive di cui alla sentenza di condanna del Tribunale di Lamezia Terme, irrevocabile, con la quale NOME COGNOME era stata condannata per avere realizzato una costruzione abusiva di mq. 190, fatto accertato il 24/02/1994 e successivamente il 03/01/1998.
Avverso l’ordinanza il difensore della COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di ricorso.
-Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione
all’errata applicazione dell’art. 31 d.P.R. 380 del 2001. La Corte territoriale della sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive, non avrebbe considerato che la domanda di condono edilizio era stata presentata, che erano stati effettuati tutti i pagamenti necessari come risulta dalla documentazione prodotta in giudizio.
Omessa valutazione di prove rilevanti. La Corte non avrebbe adeguatamente considerato i certificati rilasciati dal tecnico del settore governo del territorio del Comune di Lamezia Terme che attestavano la congruità dei pagamenti effettuati e la presentazione tempestiva della domanda di condono. Documentazione che dimostrerebbe la sanabilità dell’opera e la pendenza di un procedimento di condono edilizio, elementi che avrebbero dovuto essere valutati ai fini della sospensione dell’ordine di demolizione.
Violazione del diritto di difesa. La motivazione della Corte d’appello risulterebbe carente non avendo esaminato in modo approfondito le circostanze relative alla sanabilità dell’opera e della pendenza del procedimento di condono violando così il diritto di difesa della ricorrente.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale ribadendo come la Corte di Appello non avrebbe tenuto debitamente conto della documentazione prodotta dalla difesa, tra cui i certificati rilasciati dall’uff tecnico del comune, che attestano la congruità dei pagamenti effettuati e la regolarità della domanda di condono. La Corte di Appello, pertanto, non avrebbe esaminato adeguatamente le prove e non avrebbe svolto la necessaria attività istruttoria per valutare la sanabilità dell’opera.
CONSIDERATO IN DIRITTO
-Il ricorso, i cui motivi possono essere trattati congiuntamente, è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità.
Va preliminarmente rilevato, in punto di fatto, che l’ordine di demolizione delle opere abusive impartito con la sentenza di condanna riguarda la parte sopraelevata dell’immobile abusivo, mentre una parte di questo (i piani inferiori) è stata oggetto di istanza di condono tutt’ora pendente.
Va ancora rilevato, per completezza, che il ricorso per cassazione riguarda unicamente il profilo della sospensione dell’ordine di demolizione, non essendo più in discussione la sua revoca.
Fatta questa premessa, rileva il Collegio la congruità e correttezza della motivazione del provvedimento impugnato là dove, sulla premessa in punto di fatto sopra esposta, ha dato atto che, con riguardo alla sopraelevazione, oggetto
di ordine di demolizione, non era stata presentata alcuna istanza di sanatoria o condono e che in relazione alla parte restante dell’immobile abusivo non era stato rilasciato alcun provvedimento di sanatoria o condono, ma era stata unicamente presentata una istanza di condono, circa 38 anni prima, cui non aveva fatto seguito il rilascio del provvedimento in sanatoria, in un contesto nel quale la certificazione rilasciata dall’ufficio tecnico comunale non dava conto dell’assenza di vincoli né della conformità dell’opera allo strumento urbanistico. Da cui la conseguente assenza dei presupposti per la revoca (provvedimento amministrativo incompatibile con l’ordine di demolizione), né per la sua sospensione atteso che non era probabile l’emissione entro un termine breve, di atti amministrativi incompatibili con l’ordine di demolizione anche considerando che l’istanza di condono riguardava i piani inferiori e risaliva a ben 38 anni prima.
La corte territoriale, contrariamente all’assunto difensivo, ha dunque puntualmente disatteso le censure rilevando in primis che con riguardo alle opere oggetto di demolizione non era stata presentata alcuna istanza di condono (che riguardava i piani inferiori) e nessun presupposto per la revoca né a fortiori per la sospensione poteva sussistere. Ha poi valutato la documentazione prodotta dalla difesa, tra cui i certificati rilasciati dall’ufficio tecnico del comune, e all’esito valutazione ha escluso, con motivazione congrua e pertanto incensurabile, la sanabilità dell’opera e la concreta prevedibilità di provvedimenti amministrativi incompatibili con l’ordine di demolizione che, si rammenta, riguarda le opere edilizie in sopraelevazione.
A tale proposito, è bene rammentare che la sopraelevazione di una costruzione abusiva costituisce ripresa dei lavori abusivi in quanto, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato (Sez. 3, n. 30168 del 24/05/2017, COGNOME, Rv. 270252; Sez. 3, n. 51427 del 16/10/2014, COGNOME e altri, Rv. 261330- 01; Sez. 3, n. 8865 del 8/11/2016, COGNOME, non massimata; Sez. 3, n. 1810 del 2/12/2008. P.M. in proc. COGNOME, Rv. 242269-01: Sez. 3, n.2112 del 2/12/2008, COGNOME, non massimata), con la conseguenza che, più correttamente, la demolizione dovrà avere ad oggetto l’intero abuso e, di conseguenza, l’opera parzialmente realizzata per la quale era stata presentata istanza di condono, pendente, non sarà in ogni caso sanabile così come non lo sarà neppure la sopraelevazione.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 22/01/2025