Ordine di allontanamento: le eccezioni vanno sollevate subito, pena l’inammissibilità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 20985 del 2024, ribadisce un principio fondamentale in materia di immigrazione e procedura penale: chi riceve un ordine di allontanamento e intende contestarlo deve presentare tutte le sue difese nel primo grado di giudizio. Introdurre nuove argomentazioni, come lo stato di povertà, solo in sede di ricorso in Cassazione, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Il caso in esame
Un cittadino straniero veniva condannato dal Giudice di Pace di Genova al pagamento di una multa di 6.700,00 euro per il reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. 286/98. Questa norma punisce lo straniero che, senza giustificato motivo, non ottempera all’ordine di lasciare il territorio nazionale impartito dal Questore.
L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su due argomenti principali:
1. La mancata verifica da parte del primo giudice della legittimità dell’ordine di espulsione e del conseguente ordine di allontanamento.
2. L’impossibilità materiale di obbedire all’ordine a causa del suo stato di indigenza, che gli impediva di acquistare un biglietto per tornare nel suo Paese d’origine.
L’impugnazione e l’ordine di allontanamento
Il ricorrente chiedeva alla Corte Suprema di annullare la condanna, sostenendo che il Giudice di Pace avesse erroneamente omesso di valutare la validità degli atti amministrativi che costituiscono il presupposto del reato. Secondo la difesa, un ordine illegittimo non potrebbe fondare una responsabilità penale. Inoltre, veniva evidenziata una causa di forza maggiore, ovvero l’impossibilità economica di adempiere, che avrebbe dovuto escludere la colpevolezza.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara lezione sulla strategia processuale da adottare in questi casi. I giudici hanno sottolineato che il reato di inottemperanza all’ordine del Questore è un reato omissivo proprio, che si perfeziona con la semplice mancata esecuzione dell’ordine, a condizione che quest’ultimo sia legittimamente emesso.
Tuttavia, la Corte ha chiarito un punto cruciale: qualsiasi contestazione relativa alla validità del provvedimento di espulsione del Prefetto o dell’ordine di allontanamento del Questore deve essere sollevata e discussa nel giudizio di merito, ovvero davanti al Giudice di Pace. Nel caso specifico, l’imputato non aveva mosso alcuna censura in primo grado su questi aspetti, introducendoli per la prima volta in Cassazione. Tale pratica è vietata, poiché la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, che valuta la corretta applicazione della legge e non può esaminare nuove questioni di fatto.
Lo stesso ragionamento è stato applicato alla questione delle difficoltà economiche. La Corte ha osservato che questa giustificazione era stata presentata come un’ipotesi puramente astratta, non supportata da alcuna prova documentale o allegazione specifica durante il processo di primo grado. Di conseguenza, anche questo motivo è stato considerato inammissibile.
Le conclusioni
L’ordinanza conferma un principio consolidato: nel processo penale, e in particolare nei ricorsi per cassazione, non è possibile introdurre nuove tematiche di fatto o eccezioni che non siano state precedentemente sottoposte al giudice di merito. La decisione sottolinea l’importanza di una difesa completa e tempestiva fin dal primo grado di giudizio. Per gli stranieri destinatari di un ordine di allontanamento, ciò significa che eventuali cause impeditive, come lo stato di indigenza, o dubbi sulla legittimità degli atti amministrativi devono essere immediatamente eccepiti e provati davanti al primo giudice. Attendere l’ultimo grado di giudizio si rivela una strategia processuale perdente, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e di un’ulteriore sanzione pecuniaria.
È possibile contestare la validità di un ordine di espulsione per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte ha stabilito che ogni censura relativa alla legittimità dei provvedimenti amministrativi (ordine di espulsione e ordine di allontanamento) deve essere sollevata e discussa nel giudizio di merito, ovvero in primo grado. Presentarla per la prima volta in Cassazione rende il motivo di ricorso inammissibile.
Lo stato di indigenza può giustificare la mancata ottemperanza a un ordine di allontanamento?
In teoria, potrebbe costituire un giustificato motivo, ma deve essere allegato e provato concretamente nel corso del giudizio di merito. La Corte ha rigettato l’argomento perché è stato presentato per la prima volta in Cassazione come un’ipotesi astratta e non documentata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20985 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20985 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME CODICE_FISCALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/02/2024 del GIUDICE DI PACE di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Giudice di Pace di Genova, con l’impugnata sentenza, dichiarava GLYPH COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 14, comma 5-ter D.L.vo 286/98 GLYPH e, per l’effetto, lo condannava alla pena di euro 6.700,00 di multa.
Avverso la predetta sentenza l’imputato, per il tramite del difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi con i quali si duole della mancata assoluzione dell’imputato in ordine al reato ascrittogli, censurando l’impugnata sentenza nella parte in cui non ha verificato la legittimità dell’ordine questorile con cui gli veniva ingiunto lasciare il Paese e dell’ordine di espulsione, anche sotto il profilo per cui lo stato di indigenz del ricorrente gli avrebbe impedito di acquistare il biglietto per allontanarsi dall’Italia.
Il ricorso è inammissibile.
La fattispecie incriminata dalla norma di cui all’art. 14, comrna 5-ter D. Lgs. nr . 286/98 ha natura di reato omissivo proprio e presuppone indubbiamente la valida adozione da parte del Questore dell’ordine di allontanamento ex art. 14, comma 5-bis e, da parte del Prefetto, del provvedimento di espulsione o di respingimento al quale l’ordine di esecuzione stesso è chiamato a dare attuazione. Il provvedimento amministrativo deve essere conforme ai requisiti sostanziali e formali richiesti dalla legge e la violazione relativ integra la fattispecie di reato cui si collega la sanzione pecuniaria.
Nel caso di specie, il ricorrente non risulta aver formulato nel giudizio di merito i primo grado alcuna censura né avverso il provvedimento di espulsione né avverso l’ordine di allontanamento, tema di converso, prospettato per la prima volta in questa sede. Peraltro, si prospettano le difficoltà economiche dell’imputato, quale causa impediente l’allontanamento volontario, per la prima volta nel ricorso per cassazione e quale ipotesi puramente astratta, materialmente non documentata né allegata al giudizio di merito.
Per le ragioni esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2024