Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 45409 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 45409 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 08/12/1993
avverso l’ordinanza del 30/04/2024 del TRIB. LIBERTA’ di TRIESTE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 30.4.2024, il Tribunale di Trieste, quale giudice del riesame, ha confermato l’ordinanza emessa il 4.12.2023 dal GIP del Tribunale di Udine nei confronti di NOME COGNOME sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere in quanto gravemente indiziato del reato previsto dagli artt. 110, 56 e 624 bis cod.pen. I commesso in Porpetto (Ud), INDIRIZZO in concorso con almeno un’altra persona, nell’abitazione di NOME COGNOME, mediante il danneggiamento del muro dove si trovava la cassaforte, tentativo che non veniva portato a consumazione l’allarme installato nell’abitazione, il derubato si era svegliato ed aveva messo in fuga i ladri.
Detta ordinanza veniva eseguita dalla Polizia Stradale di Milano in data 5.4.2024, a seguito dell’intervento in occasione di un incidente stradale nel quale era coinvolto il COGNOME.
Il Tribunale, dopo aver rigettato l’eccezione difensiva di nullità dell’ordinanza custodiale per mancanza di traduzione nella lingua del prevenuto ha ritenuto la sussistenza del quadro di gravità indiziaria in ordine al reato contestato nonché il pericolo attuale di recidivanza.
Avverso la predetta ordinanza l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Con il primo deduce la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606,Iett. e), cod.proc.pen. in merito all’omessa traduzione in lingua albanese dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Udine in data 4.12.2023 e conseguente inefficacia della misura cautelare in carcere ex art. 306 cod.proc.pen.
Si censura l’ordinanza impugnata laddove ha ritenuto che l’omessa traduzione in lingua albanese dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti del COGNOME non integra la nullità del provvedimento risultando illogica la motivazione adottata secondo cui la circostanza che il COGNOME non conoscesse la lingua italiana é emersa solo dopo l’esecuzione dell’ordinanza cautelare.
A supportare tali tesi si fa riferimento all’art. 6, comma 3, lett. a) del Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con I. 4 agosto 1955 n. 848 e l’art. 14 comma 3 lett. a) del Patto internazionale relativo ai diritti civil politici adottato a New York il 19 dicembre 1966 ratificato e reso esecutivo con I. 25 ottobre 1977 n. 881.
Con il secondo motivo deduce la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, lett. e) i cod.proc.pen. in merito alla carenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al capo a) di imputazione.
Si assume che il Tribunale, in merito alla eccezione relativa alla carenza di gravi indizi in ordine al reato di cui al capo a), si é limitato a ripercorre pedissequamente le motivazioni adottate dal Gip in sede di ordinanza cautelare senza offrire una motivazione ulteriore. Si contesta inoltre la ricostruzione del quadro di gravità indiziaria.
Con il terzo motivo deduce la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen. in merito alla insussistenza e non attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 lett. c) cod.proc.pen.
Si assume che il Tribunale si é limitato a confermare la valutazione del Gip in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari. Inoltre l’unico precedente del prevenuto risale al novembre 2018, mentre negli anni più recenti non ha commesso alcun reato ed é rientrato in Albania. Inoltre la misura é stata applicata nell’aprile del 2024 quando ormai alcuna esigenza cautelare può ritenersi attuale.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo é infondato.
Ed invero nella specie trova applicazione il principio secondo cui in materia di misure cautelari personali, l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un imputato o indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen. Ove, invece, non sia già emerso che l’indagato o imputato alloglotta non conosca la lingua italiana, l’ordinanza di custodia cautelare non tradotta emessa nei suoi confronti è valida fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, che comporta l’obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine, la cui violazione determina la nullità dell’intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compresa l’ordinanza di custodia cautelare (Sez. U, n. 15069 del 26/10/2023, dep. 2024, Rv. 286356)
Nella specie il Tribunale ha dato atto che la circostanza che il COGNOME non conoscesse la lingua italiana é emersa solo dopo l’esecuzione dell’ordinanza
cautelare in sede di interrogatorio di garanzia tenutosi il 9.4.2024 nel corso del quale il prevenuto é stato assistito da un interprete; la traduzione dell’ordinanza era già stata disposta dal Gip in data 8.4.2024 ed il provvedimento é stato depositato prima della proposizione dell’istanza di riesame.
2. Il secondo motivo é manifestamente infondato.
In tema di misure cautelari personali, quando sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti c ad esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, COGNOME, Rv. 215828), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, COGNOME, Rv. 199391).
Va del pari rilevato che i gravi indizi di colpevolezza, necessari per l’applicazione di una misura cautelare personale, e la prova indiziaria, di cui all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., operano su piani diversi, essendo sufficiente, nel primo caso, l’esistenza di una qualificata probabilità di colpevolezza, indipendentemente dal tipo di prova acquisita, e occorrendo, invece, nel secondo caso, la prova critica, logica e indiretta del fatto, contrapposta alla prova diretta acquisibile con i mezzi previsti dal codice di rito (Sez. 2 , n. 48276 del 24/11/2022, Rv. 284299).
Nella specie il Tribunale, dopo aver richiamato i plurimi elementi acquisiti nei confronti del ricorrente ed aver fatto applicazione dei principi in materia di prova logica, ha ricostruito il quadro di gravità indiziaria in ordine al reato contestato sulla base dei singoli elementi indiziari emersi a carico del prevenuto. A cominciare dalla denuncia sporta dal COGNOME circa i colpi inferti al muro interno dell’abitazione i che si salda con la successiva presenza di due soggetti in fuga nel giardino dell’abitazione e con l’individuazione dell’auto con targa di provenienza furtiva nonché con le impronte dell’odierno ricorrente su entrambi i biglietti di entrata e di uscita dall’autostrada nelle fasi antecedenti e successive al tentato furto.
3. Il terzo motivo é infondato.
Ed invero, pur se l’ordinanza impugnata non si pronuncia espressamente sull’attualità delle esigenze cautelari, la ricorrenza di tale requisito emerge dal tenore complessivo della motivazione ove si fa riferimento ad un grave e
concreto pericolo di recidiva desunto dall’estrema professionalità manifestata nella realizzazione del tentato furto, giudizio corroborato da un precedente per rapina e d4llo stato di disoccupazione del prevenuto, elementi questi che fondano il concreto il pericolo di recidivanza.
In conclusione il ricorso va rigettato. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp.att. cod.proc.pen.
Così deciso n Roma il 22.10.2024