Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17458 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17458 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MOUSSEY( FRANCIA) il 27/04/1958
avverso l’ordinanza del 23/12/2024 del TRIB. LIBERTA di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23 dicembre 2024 (depositata il 20 gennaio 2025), il Tribunale del riesame di Lecce, investito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza emessa il 28 novembre 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città con la quale NOME COGNOME è stata sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari:
quale partecipe dì una associazione finalizzata al narcotraffico promossa da NOME COGNOME – operante dal maggio 2022 e ancora operativa al momento dell’esecuzione della misura – della quale, in tesi accusatoria, facevano parte, oltre alla COGNOME e al compagno di lei – NOME COGNOME, anche altre persone (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME) ;
quale concorrente in quattro diverse violazioni della legge in materia di stupefacenti realizzate nei mesi di febbraio e marzo del 2023 .
Contro l’ordinanza del Tribunale per il riesame, NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso per mezzo del proprio difensore deducendo violazione di legge per non essere stata compiuta dal G.i.p. e neppure dal Tribunale una autonoma valutazione del quadro cautelare. La difesa sottolinea che, nell’esporre i gravi indizi di colpevolezza, l’ordinanza del G.i.p. ha fatto pedissequo rinvio all argomentazioni formulate dal Pubblico ministero e solo in apparenza ha valutato autonomamente il quadro cautelare. Sostiene che, nel respingere analoga doglianza formulata in sede di riesame, il Tribunale si è limitato a fare riferimento all’esistenza nella ordinanza cautelare di specifici paragrafi, intitolati «autonoma valutazione», senza entrare nel merito del contenuto di questi paragrafi, sicché il motivo di riesame è stato respinto con motivazione apparente. In tesi difensiva, il Tribunale non ha neppure integrato la carente motivazione dell’ordinanza genetica. Non ha spiegato, infatti, il ruolo che la COGNOME avrebbe rivestito all’interno dell’associazione e non ha chiarito da cosa possa desumersi «l’immanente coscienza e volontà dell’indagata» di farne parte. Secondo la difesa, rileva in senso contrario la constatazione che la COGNOME si limitò a collaborare col compagno, NOME COGNOME e dopo il suo arresto non ebbe più rapporti con NOME COGNOME. Questo dato – osserva la difesa – rileva anche con riferimento alle ipotizzate violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90 che, per quanto riguarda l posizione della Quaranta, dovrebbero essere qualificate come violazioni dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90.
Il Procuratore generale ha depositato memoria scritta chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, quando deduce la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, il ricorrente ha l’onere di indicare gl aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Cfr. Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Firozpoor, Rv. 277496; Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274760). Nel caso di specie, il ricorso non si confronta con le argomentazioni addotte dall’ordinanza impugnata (pagg. 3 e 4) per escludere la sussistenza del vizio, non spiega quale valutazione autonoma sarebbe stata omessa e neppure chiarisce per quali ragioni tale asserita omissione avrebbe avuto incidenza sulle determinazioni cautelari portando ad un risultato diverso rispetto a quello cui si sarebbe giunti compiendola. A ciò deve aggiungersi che, qualora la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione, da parte del giudice per le indagini preliminari, dei requisiti previsti dall’art. 292 cod. proc. pen. sia solo genericamente eccepita – in quanto carente di indicazioni relative ai passi dell’ordinanza che richiamano o ricalcano la richiesta cautelare o alle ragioni per cui la dedotta omissione avrebbe impedito apprezzamenti di segno contrario tali da condurre a conclusioni diverse il tribunale del riesame non è tenuto neppure a fornire una motivazione più articolata e ad indicare specificamente le pagine ed i passaggi del provvedimento impugnato in cui rinvenire detta autonoma valutazione (Sez. 2, n. 42333 del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 278001). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Le considerazioni esposte sarebbero sufficienti a ritenere inammissibile il motivo senza necessità di approfondimenti ulteriori. Nondimeno è opportuno sottolineare che l’ordinanza impugnata ha compiuto una valutazione del compendio indiziario sia con riferimento al ruolo svolto da NOME COGNOME all’interno dell’ipotizzata associazione, sia riguardo al contributo da lei fornito alle violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90 contestate ai capi 28), 57), 59) e 71) dell’imputazione provvisoria.
Ha sottolineato, infatti:
che – come documentato dalle riprese delle telecamere installate all’esterno
dell’abitazione di NOME COGNOME e COGNOME si recavano insieme agli incontri con NOME e ciò avvenne per un periodo di tempo non breve, dal mese di ottobre 2022 al mese di maggio del 2023;
che, dal contenuto delle conversazioni intercettate nell’abitazione, emerge un consolidato rapporto di fornitura risalente anche ad epoca precedente all’avvio delle intercettazioni;
che, anche se era soprattutto COGNOME a tenere i rapporti con NOME, tuttavia la COGNOME lo accompagnava stabilmente, si incontrò più volte col promotore dell’associazione e, insieme a COGNOME, quando NOME COGNOME fu arrestato, proseguì nella attività di fornitura mantenendo contatti con NOME COGNOME (fratello di NOME); circostanze che costituiscono un grave indizio della consapevolezza di cooperare in una attività di narcotraffico che coinvolgeva tre e più persone;
che gli incontri avvenuti a casa di Leone (dettagliatamente indicati nelle pagine 6, 7 e 8 dell’ordinanza impugnata) avevano ad oggetto la consegna di quantità, anche rilevanti, di sostanza alla quale seguiva la riscossione del corrispettivo, e da ciò si desume che COGNOME e COGNOME svolgevano il ruolo di fornitori abituali del sodalizio;
che, essendo stata presente ad incontri nei quali fu consegnata cocaina ed avendo viaggiato con COGNOME da Bari a Taranto per effettuare la consegna, NOME COGNOME contribuì al trasporto e alla cessione, sia fornendo al trasporto un contributo materiale, sia rafforzando il proposito criminoso di COGNOME.
L’ordinanza sottolinea: che le consegne erano eseguite da COGNOME accompagnato dalla COGNOME; che il 3 maggio 2023 la sostanza era custodita nell’auto nella quale viaggiava la coppia; che in altri casi, per cautela, la sostanz fu affidata a un corriere, ma questi era preceduto lungo la strada dall’auto sulla quale viaggiavano COGNOME e COGNOME con funzioni di “staffetta”.
Secondo il Tribunale, inoltre, la COGNOME accompagnava COGNOME «sia per destare meno sospetti nelle forze dell’ordine, sia per coadiuvarlo nella detenzione della droga o del denaro» e ciò trova conferma nella constatazione che la somma di C 2.850,00 versata da Leone il 4 febbraio 2023, a titolo di pagamento di pregresse forniture di stupefacente, fu rinvenuta dagli operanti nella borsa della ricorrente. Più in generale, l’ordinanza riferisce che i dialoghi captati rivelano, n solo, la piena consapevolezza da parte dell’indagata del contenuto dei rapporti tra COGNOME e NOME, ma anche il suo pieno coinvolgimento «nelle questioni che costituivano il nucleo più rilevante e delicato di quei rapporto, ossia le question economiche». Sottolinea a tal fine che, il 15 dicembre 2022, dopo la consegna a NOME di un campione di cocaina, la COGNOME prese parte alla conversazione sulle scadenze dei pagamenti, delle quali era perfettamente informata (n. 1715 RIT n.380/22).
A fronte di tali argomentazioni, la difesa si limita a sostenere che l’adesione al sodalizio da parte della Quaranta sarebbe stata apoditticamente ritenuta, atteso che la stessa aveva contatti autonomi soltanto con COGNOME, non aveva contatti per l’approvvigionamento, non trattò mai di prezzi, acquisti e vendite. Formula dunque rilievi meramente oppositivi proponendo censure che riguardano la ricostruzione dei fatti o sì risolvono in una diversa valutazione delle circostanz esaminate dal giudice di merito.
Si deve ricordare allora che, anche nella materia delle misure cautelari personali, il controllo di legittimità susseguente alla proposizione del ricorso p cassazione non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, e quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato. Tali apprezzamenti, infatti, rientrano nelle valutazioni del g.i.p. e del tribunale del riesame, mentre giudice di legittimità si chiede di esaminare l’atto impugnato al fine di verifica che esso contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti; di verificare, quindi, congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (fra le tante: Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, COGNOME, Rv. 269438; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884).
Invero, il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesam dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare: da lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato; dall’altro valenza sintomatica degli indizi. Quando – come nel caso in esame – la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici, tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibi delle fonti o sulla rilevanza e concludenza dei risultati del materiale probatorio Pertanto, non sono consentite censure che, pur formalmente investendo la motivazione, e a fortiori ammantandosi di una pretesa violazione di legge, si risolvano, in realtà, nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito.
Non rileva in contrario l’ipotizzato difetto di originalità linguistica o esposi del contenuto del provvedimento cautelare rispetto alla richiesta del pubblico ministero; in primo luogo perché tale difetto non è riscontrabile nella ordinanza impugnata; in secondo luogo perché la trascrizione del contenuto delle emergenze investigative, anche se pedissequa, potrebbe rilevare al massimo quale indice
della mancanza di un vaglio effettivo da parte del giudice (Sez. 2, n. 43676 del 07/10/2021, COGNOME, Rv. 282506) e, nel caso di specie, il ricorso non chiarisce da cosa dovrebbe desumersi che tale vaglio effettivo non vi sia stato. Valutazione autonoma, infatti, non vuol dire valutazione diversa o difforme, sicché la motivazione “per relationem” è consentita purché «emerga dal provvedimento una conoscenza degli atti del procedimento e, se necessario, una rielaborazione critica degli elementi sottoposti a vaglio giurisdizionale» (tra le tante: Sez. 5, n. 70 d 24/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274403; Sez. 4, n. 31646 del 27/03/2018, COGNOME, Rv. 273429).
Nel caso di specie, non può dirsi che l’ordinanza impugnata abbia riprodotto – per incorporazione – gli elementi rappresentati dal Pubblico ministero a sostegno della propria richiesta. Il Tribunale, inoltre, ha spiegato le ragioni per le qual ritenuto corretta la valutazione del G.i.p. e ha sottolineato che le prospettazion difensive non erano idonee a fornire una lettura alternativa del materiale investigativo.
Non hanno maggior pregio gli argomenti con i quali la difesa della ricorrente si duole che non si sia tenuto conto del ruolo secondario da lei svolto con riferimento alle contestate violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90. A quest proposito basta rilevare che, come l’ordinanza impugnata ha posto in luce, del ruolo sussidiario assunto dalla COGNOME il Giudice della cautela ha tenuto conto applicandole la misura degli arresti domiciliari pur in presenza della doppia presunzione di cui all’art. 273, comma 3, cod. proc. pen.
Tali considerazioni, formulate dal Tribunale con riferimento alla invocata attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., rilevano anche con riferimento all’astratt possibilità di qualificare i fatti ascritti alla Quaranta ai capi 28), 57), 59) e 71) violazioni dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, atteso che la pena detentiva prevista per questa violazione all’epoca dei fatti (pari nel massimo ad anni quattro di reclusione) consente l’applicazione degli arresti domiciliari.
Ed invero: «in tema di procedimento cautelare, sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta ad ottenere l’esclusione di un’aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso in cui ciò incida sull’ “an” o sul “quomodo” della misura» (fra le tante: Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489; Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028) sicché l’interesse ad impugnare non sussiste quando, come nel caso di specie, la diversa qualificazione giuridica non esclude l’applicazione della misura cautelare in corso (cfr.: Sez. 6, n. 41003 del 07/10/2015, COGNOME Rv. 264762 che ha ritenuto insussistente l’interesse del ricorrente a richiedere l’inquadramento
del fatto ascrittogli nella più lieve ipotesi di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.
ottobre 1990, n. 309, in quanto aspetto privo di valenza ostativa rispetto all’applicazione della misura cautelare impostagli; nello stesso senso: Sez. 6,
n. 10941 del 15/02/2017, COGNOME, Rv. 269783).
Per quanto esposto, il Tribunale non avrebbe avuto ragione di soffermarsi sulla qualificazione giuridica delle violazioni degli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.
n. 309/90 neppure se la questione fosse stata specificamente formulata nel giudizio di riesame ciò che, peraltro, non risulta essere avvenuto.
6. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte
costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616
cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 aprile 2025
Ùekre estensore GLYPH
Il Presidente