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Ordinanza cautelare nulla: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere perché ritenuta formalmente viziata. Il provvedimento è stato considerato un’ordinanza cautelare nulla in quanto il Tribunale, nell’accogliere l’appello del Pubblico Ministero, non aveva fornito una descrizione sommaria dei fatti contestati, limitandosi a un generico elenco degli articoli di legge. Questa omissione, secondo la Corte, lede gravemente il diritto di difesa dell’indagato, rendendo l’atto nullo.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordinanza Cautelare Nulla: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Descrizione dei Fatti

Con la sentenza n. 29657/2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui requisiti di validità dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, affermando un principio cruciale a tutela del diritto di difesa. Il caso in esame ha portato all’annullamento di un provvedimento restrittivo, classificato come ordinanza cautelare nulla, a causa della mancata specificazione delle accuse. Questa decisione evidenzia come la forma, nel diritto processuale penale, sia garanzia di sostanza.

I Fatti del Caso: Dall’Appello del PM alla Misura Cautelare

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale della Libertà di Brescia che, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, applicava la misura della custodia cautelare in carcere a un indagato per reati associativi e reati fine, tra cui traffico di stupefacenti e riciclaggio. In prima istanza, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva rigettato la richiesta di misura cautelare, ritenendo insussistenti le esigenze cautelari.

Il Tribunale, riformando la decisione del GIP, ha invece disposto la misura più afflittiva. Contro questa decisione, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi procedurali e di motivazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente ha affidato la sua difesa a quattro motivi principali:
1. Violazione dei termini procedurali: Il Tribunale aveva depositato l’ordinanza motivata oltre il termine di 30 giorni previsto dalla legge, violando l’art. 310 c.p.p.
2. Mancata descrizione del fatto: L’ordinanza impugnata era priva di una descrizione sommaria dei fatti contestati, requisito previsto a pena di nullità dall’art. 292 c.p.p.
3. Vizio di motivazione sulla gravità indiziaria: La valutazione del Tribunale sulla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per i reati fine era, secondo la difesa, illogica e basata su un automatismo derivante dalla presunta partecipazione all’associazione criminale.
4. Vizio di motivazione sulle esigenze cautelari: Mancava un’adeguata valutazione sulla concretezza e attualità del pericolo di reiterazione del reato.

La Decisione della Corte: Focus sulla Nullità dell’Ordinanza Cautelare

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso, assorbendo gli altri. La decisione si articola su due punti fondamentali.

Il Termine per il Deposito: Una Scadenza non Perentoria

In primo luogo, la Corte ha rigettato la doglianza relativa al ritardo nel deposito dell’ordinanza. Gli Ermellini hanno confermato l’orientamento consolidato secondo cui il termine previsto dall’art. 310 c.p.p. per il deposito dell’ordinanza in sede di appello cautelare ha natura meramente ordinatoria e non perentoria. A differenza di quanto avviene nel procedimento di riesame (art. 309 c.p.p.), la sua inosservanza non determina l’inefficacia della misura cautelare.

L’Accoglimento del Motivo sulla Descrizione dei Fatti: un Principio Cardine

Il cuore della sentenza risiede nell’accoglimento del secondo motivo. La Corte ha stabilito che l’ordinanza del Tribunale era affetta da nullità per la violazione dell’art. 292, comma 2, lett. b), c.p.p. Questo articolo impone che ogni ordinanza cautelare contenga una “descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate”.

Nel caso specifico, il provvedimento si limitava a un’indicazione generica e onnicomprensiva dei reati per cui si procedeva (artt. 74 e 73 d.P.R. 309/90, 416 e 648 cod.pen.), senza delineare, neppure sinteticamente, le condotte concrete addebitate all’indagato. Questo vizio ha reso l’ordinanza cautelare nulla.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla tutela del diritto di difesa. La prescrizione dell’art. 292 c.p.p. non è un mero formalismo, ma una garanzia essenziale. La sua funzione è quella di informare l’indagato sul tenore specifico delle accuse, permettendogli di comprendere appieno i fatti addebitati e di approntare una difesa compiuta ed efficace. Un’ordinanza che si limiti a elencare i capi d’imputazione, senza descrivere il fatto storico, priva l’indagato di questa fondamentale conoscenza. La Corte ha precisato che tale requisito si applica a tutte le ordinanze genetiche di una misura cautelare, incluse quelle emesse in sede di appello dal Tribunale del Riesame, che non può esimersi dal delineare il quadro fattuale che giustifica la restrizione della libertà personale.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Brescia per un nuovo esame. Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la libertà personale può essere limitata solo con provvedimenti che rispettino rigorosamente le garanzie procedurali. Un’ordinanza cautelare, per essere legittima, deve essere autosufficiente e chiara nel definire le accuse, pena la sua nullità. La decisione rappresenta un importante monito per l’autorità giudiziaria sull’obbligo di motivare in modo completo e specifico i provvedimenti che incidono su un diritto inviolabile come la libertà dell’individuo.

Il ritardo nel deposito di un’ordinanza cautelare da parte del Tribunale del Riesame la rende inefficace?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che il termine previsto dall’art. 310, comma 2, c.p.p. non è perentorio, a differenza di quello per il riesame (art. 309 c.p.p.). Pertanto, il suo superamento non comporta l’automatica perdita di efficacia della misura.

Cosa deve contenere un’ordinanza che applica una misura cautelare per essere valida?
Secondo l’art. 292 c.p.p., l’ordinanza deve contenere, a pena di nullità, una “descrizione sommaria del fatto con la indicazione delle norme di legge che si assumono violate”. Questo serve a informare l’indagato sulle accuse specifiche e a consentirgli un pieno esercizio del diritto di difesa.

Un semplice elenco dei reati contestati è sufficiente per validare un’ordinanza cautelare?
No. La sentenza chiarisce che una mera indicazione onnicomprensiva degli articoli di legge violati non soddisfa il requisito della descrizione sommaria del fatto. L’ordinanza deve specificare, anche sinteticamente, le condotte concrete addebitate all’indagato per non essere considerata nulla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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