Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29657 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29657 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Palma Campania il 04/04/1963 avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Brescia del 05/11/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale che, riportandosi memoria già rassegnata ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 ha insistito per l’inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni rassegnate dall’avv. LNOME COGNOME per il ricorrente, che, riportandosi ai motivi di ricorso, ne ha invocato l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 5 novembre 2024 (motivazione depositata il 20 dicembre 2024) il Tribunale di Brescia, Terza Sezione Penale e del Riesame, pronunciandosi sull’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Brescia – nel procedimento pendente, tra gli altri, nei confronti d COGNOME NOMECOGNOME indagato in relazione agli artt. 74 e 73, comma 1, dPR 309/90, 416 e 648-bis cod.pen.- con provvedimento del 29 agosto 2024, aveva ravvisato (anche) nei confronti di COGNOME Raffaele la gravità indiziaria in relazione al reato associativo contestatogli al capo 85 di provvisoria imputazione e ad una serie di reati fine, ma non aveva (neppure nei suoi confronti) applicato misura alcuna, per il ritenuto difetto di attualità delle esigenze cautelari, in parziale accoglimento delle istanze del rappresentante della pubblica accusa, ha applicato -tra gli altri- all’odierno ricorrente COGNOME Raffaele, in relazione ai capi 85, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 93 la misura della custodia cautelare in carcere.
COGNOME ha proposto, a mezzo di difensore di fiducia, tempestivo ricorso ex art. 311 cod.proc.pen., per l’annullamento dell’ordinanza impugnata, affidato a quattro motivi.
2.1. Col primo motivo, denuncia, ex art. 606, comma 1, lett c), cod.proc.pen. violazione di legge -art. 310, comma 2, ultima parte, cod.proc.pen.- per il mancato rispetto da parte del Tribunale del termine di 30 giorni per il deposito dell’ordinanza.
L’udienza camerale si è tenuta il 5 novembre 2024. L’ordinanza, non anticipata dal deposito di dispositivo alcuno, è stata depositata il 20 dicembre 2024, oltre il termine di 45 giorni decorrente dalla celebrazione dell’udienza, in violazione della scansione temporale prevista dall’art. 310, comma 2, cod.proc.pen..
Noto l’indirizzo giurisprudenziale consolidato con Sezioni Unite, n. 18339 del 31/03/2004, e Corte Cost. con ordinanza n. 324 del 1994, secondo cui i termini di cui all’art. 310 cod.proc.pen. sono meramente ordinatori, e il mancato rinvio nell’art. 310 cod.proc.pen. al disposto dell’art. 309, comma 10, cod.proc.pen., fa sì che il loro superamento non determina l’inefficacia della misura cautelare, ritiene, tuttavia, la difesa di segnalare come l’espressione letterale adoperata dal legislatore («deve esse depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione …») legittimi la ricostruzione in termini di una scansione temporale funzionale a
garantire speditezza e celerità della decisione, non apparendo ragionevole indugiare sul persistente status libertatis dell’indagato sino ad irrevocabilità della decisione, posto che di per sé, la pendenza dell’incidente cautelare, determina incertezza non ammissibile in ordine alla libertà personale; si pone in contrasto col principio del giudizio attinente alle esigenze cautelari con l’emissione dell’ordinanza genetica -id est nel caso che ne occupa quella del tribunale dell’appello cautelare-; collide con l’insegnamento di questa Corte (cfr Sezioni Unite n. 18339 del 31/03/2004, Rv 227358, e Sezioni Unite n. 7931 del 16/12/2010, Rv 249001, richiamate, recentemente, con riguardo alle misure cautelari reali da Sez. 3, n. 20245 del 14/02/2024) secondo cui, qualora il P.M. si determini a coltivare, contemporaneamente, la richiesta di rinnovazione della misura in prima battura negata, e l’impugnazione avverso il provvedimento reiettivo, risulta preclusa al giudice per le indagini preliminari, in pendenza d quest’ultima, la potestà di statuire ancora in ordine alla medesima domanda, con inammissibile stasi procedimentale.
2.2. Col secondo motivo la difesa lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. c) cod.proc.pen., violazione dell’art. 292, comma 2, cod.proc.pen. per nullità dell’ordinanza genetica della misura cautelare emessa dal Tribunale del riesame di Brescia in ragione della mancata indicazione della descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge violate.
L’ordinanza applicativa della misura, che a pena di nullità (comma 2, lett b) ) deve contenere la precisazione della fattispecie giuridica contestata e la descrizione sommaria del fatto non fa, nella specie, alcuna menzione delle contestazioni mosse all’odierno ricorrente.
Solo la richiesta del pubblico ministero, e l’ordinanza reiettiva adottata dal giudice per le indagini preliminari indicano le contestazioni, ma né l’una né l’altra sono state notificate al COGNOME unitamente all’ordinanza del Tribunale dell’appello cautelare.
Assume, perciò, il ricorso, violazione del diritto di difesa (cfr. Sez 3, n. 34961 de 15/1072020), per non essere stato posto l’indagato nella possibilità di difendersi compiutamente.
2.3. Col terzo motivo la difesa contesta, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen., violazione di legge -artt. 273 cod.proc.pen. e 110 cod.pen.- in relazione alla ritenuta gravità indiziaria per i reati fine della contest associazione, e correlato vizio di motivazione, asseritamente illogica.
Il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la istanza di misura per la duplice ragine della assenza di gravità indiziaria in relazione a taluni reati (capi 86, 88, 89, 90, 91 e 92) e comunque per l’insussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale bresciano ha ritenuto la gravità indiziaria in relazione ad una serie di
reati ‘fine’ dell’associazione di cui al capo 85), già affermata anche dal giudice per le indagini preliminari, asseritamente sulla scorta di una “sorta di automatismo nella individuazione della gravità indiziaria in capo all’odierno ricorrente per ‘tutt gli asseriti delitti fine dell’associazione in ragione della ‘posizione’ rives nell’ambito della societas sceleris, non adeguatamente scriminando tra responsabilità associativa e responsabilità concorsuale, e senza adeguatamente motivare il proprio percorso logico-giuridico al cospetto di un precedente impianto motivazionale di segno contrario.
2.4. Col quarto motivo la difesa contesta, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen., violazione di legge -artt. 274, comma 1, lett.c), cod.proc.pen. e 110 cod.pen.- in relazione alla ritenuta gravità indiziaria per i reati fine del contestata associazione, e correlato vizio di motivazione asseritamente illogica.
A fronte di un reato associativo con contestazione chiusa “in Brescia dal 2019 al novembre 2021”, andando, si ripete, di contrario avviso rispetto alla opposta motivazione del giudice per le indagini preliminari, il Tribunale bresciano ha sposato la tesi della pubblica accusa di una sorte di estensione del meccanismo presuntivo di cui all’art. 275, comma 3, cod.proc.pen., riguardante altri coindagati, mancando di indagare, e motivare, sulla concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione criminosa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito illustrati.
Il primo motivo è infondato.
Il termine fissato dall’art. 310, comma 2, ultimi periodi, cod.proc.pen. non è perentorio.
Nonostante parte della lettera della norma («deve» correttamente invocata dalla difesa), è lo stesso disposto del codice, che, nell’incipit del comma secondo, richiama le disposizioni del precedente art. 309 cod.proc.pen. (di cui ai commi 1, 2, 3 4 e 7), ma non, anche, il comma 10, che espressamente commina l’inefficacia del provvedimento genetico in caso di mancato rispetto del termine di deposito.
Assume pertanto rilievo il discrimen strutturale tra la procedura di riesame e quella di appello e, in particolare, la tipologia delle cadenze temporali che scandiscono le due procedure e le relative tempistiche decisorie; mentre infatti i termini rilevanti in tema di riesame hanno carattere perentorio, determinando la caducazione ope legis della misura nel caso di loro inosservanza, nel procedimento di appello i termini fissati tanto per la trasmissione degli atti, quanto per la decisione e per deposito della ordinanza soni ordinatori, atteso il mancato rinvio all’art. 309,
comma 10, con conseguente impossibilità di riconnettere ad un loro inutile decorso alcuna incidenza sulla efficacia della misura cautelare.
Le considerazioni difensive tutte, che propongono una diversa lettura della norma, pur improntate alla auspicabile coerenza di sistema, cedono a fronte della circostanza per cui non richiamando la norma l’art. 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen., né prevedendo alcuna sanzione in caso di inosservanza del termine entro cui l’autorità procedente deve trasmettere al tribunale del riesame l’ordinanza appellata e gli atti su cui essa si fonda, l’inosservanza del termine, ordinatorio, non è causa di nullità né di inefficacia del provvedimento successivamente adottato.
2. Fondato, è invece, il secondo motivo.
Va premesso che il Tribunale del riesame, quando accoglie l’appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. avverso il rigetto della richiesta della misura cautelare dispone la misura cautelare, anche se la sua esecuzione è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva.
Si tratta di una misura disposta su richiesta del pubblico ministero, che riveste, necessariamente, la forma dell’appello e che è diretta al giudice funzionalmente competente (art. 291, comma 1, cod. proc. pen.).
L’art. 292 cod. proc. pen. prevede gli elementi che l’ordinanza deve contenere a pena di nullità rilevabile anche di ufficio.
Intende il Collegio ribadire i seguenti principi fondamentali.
Stante la dinamicità delle indagini preliminari, tendenzialmente incomplete ed inidonee a formare prova in senso proprio, e la conseguente fluidità della contestazione in detta fase procedimentale, non si tratta, nella specie, di una vera e propria imputazione -destinata a formalizzarsi soltanto con la richiesta di rinvio a giudizio- ma di una contestazione provvisoria e cautelare.
La prescrizione ha dunque la funzione di informare l’indagato circa il tenore delle accuse che gli vengono mosse e di consentirgli il compiuto esercizio del diritto di difesa, funzione che può ritenersi soddisfatta quando i fatti addebitati siano indicati in modo tale che questi ne abbia immediata e compiuta conoscenza, mediante una sintetica e sommaria indicazione dei lineamenti essenziali della contestazione, senza necessità di specificare eventuali elementi di dettaglio, potendosi, anche, la contestazione desumersi dal contenuto complessivo del provvedimento, purchè con chiarezza.
Costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui il requisito della «descrizione sommaria del fatto con la indicazione delle norme di legge che si assumono violate», previsto a pena di nullità della ordinanza applicativa di misure cautelari dall’art. 292, comma secondo, lett. b), cod. proc. pen., può essere
soddisfatto dal P.M. con una enunciazione anche riassuntiva delle accuse, purché vengano precisati tutti gli elementi necessari per consentire all’indagato di difendersi adeguatamente in ordine agli addebiti contestati (così Sez. 3, n. 15671 del 05/03/2014, Diarassouba, Rv. 259432-01, e Sez. 6, n. 50953 del 19/09/2014, Patera, Rv. 261372-01, ma anche Sez. U, n. 16 del 14/07/1999, Ruga, Rv. 214004-01).
Ad avviso di altre decisioni, poi, in materia di misure cautelari, ai fi dell’osservanza del disposto di cui all’art. 292, comma secondo, lett. b), cod. proc. pen., secondo cui tra i requisiti dell’ordinanza applicativa di misura cautelare deve esservi quello costituito dalla «descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate», deve ritenersi sufficiente che tali elementi siano ricavabili dalla richiesta del P.M., cui nell’ordinanza sia stato fatt espresso riferimento, ovvero anche dal contesto motivazionale dell’ordinanza medesima (così Sez. 6, n. 1158 del 09/10/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 23841101, nonché Sez. 1, n. 29653 del 17/06/2003, COGNOME, Rv. 226138-01).
In coerenza con questi orientamenti giurisprudenziali, appare ragionevole ritenere che la descrizione sommaria del fatto di cui all’art. 292 cod. proc. pen. possa avvenire mediante indicazione di sintesi delle condotte, quando di queste sia data concreta specificazione tanto nella richiesta di applicazione di misura cautelare, quanto nel contesto motivazionale dell’ordinanza del giudice.
Ed infatti, in presenza di tali condizioni, per un verso, l’indagato è informato puntualmente degli addebiti sin dal momento della applicazione della misura, atteso quanto previsto dall’art. 293 cod. proc. pen., che prevede come primo adempimento esecutivo la notificazione dell’ordinanza nel suo insieme, quale provvedimento unitariamente costituito dalla descrizione sommaria del fatto e dalla esplicitazione delle motivazioni addotte a sostegno del convincimento. Per altro verso, il giudice della misura non si sostituisce alle determinazioni istituzionalmente riservate al pubblico ministero in ordine alla individuazione del fatto per cui si procede, ma valuta se in relazione a questo fatto, come delineato dall’autorità giudiziaria requirente, sussistono i gravi indizi di colpevolezza.
Tale norma non si applica solo al giudice per le indagini preliminari, come anche sostenuto in passato (Sez. 6, n. 29807 del 04/05/2017, Rv. 270737 – 01), con tesi non più riproposta, ma in generale alle ordinanze genetiche emesse dal giudice funzionalmente competente (cfr. Sez. 3, n. 14980 del 21/12/2022 Cc. (dep. 11/04/2023 ) Rv. 284324 – 01).
2.1. Nella specie la mera indicazione, onnicomprensiva, della pendenza dell’indagine in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73, comma 1, dPR 309/90, 416 e 648 cod.pen., non soddisfa certamente i richiesti requisiti.
È, pertanto, fondata l’eccezione di nullità dell’ordinanza postulata dalla difesa, perché non sono state riportate le cd. incolpazioni provvisorie, di cui all’art. 292,
comma 2, lett. b), cod. proc. pen.: manca con riferimento alla specifica posizione dell’odierno ricorrente la «descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle
norme di legge che si assumono violate» e tale mancanza non ha solo una valenza relativa al diritto di difesa, ma riverbera anche sulla verificabilità della corrette
del percorso logico sulla sussistenza della gravità indiziaria, che deve essere correlato al fatto provvisoriamente contestato; l’indicazione delle norme violate è
funzionale, peraltro, alla verifica della correttezza della qualificazione giuridica de fatto e dell’esistenza di fatti per i quali è concretamente possibile l’emissione di
una misura cautelare (Sez. 6, n. 3074 de 20/08/1992, COGNOME, Rv. 191731-01).
Si impone, pertanto, l’annullamento, con rinvio, al Tribunale del riesame, che, nel contraddittorio con la parte privata riesaminerà la sua posizione.
3. L’accoglimento del secondo motivo fa sì che debbano ritenersi assorbiti il terzo motivo di ricorso, in tema di gravità indiziaria, ed il quarto, in tema di sussistenz
e attualità e concretezza delle esigenze cautelari,
Ne consegue l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Brescia.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Brescia. Così deciso in Roma il 27 marzo 2025 La Consigliera est. COGNOME Il Presidente