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Onere prova importatore: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per l’importazione di calzature non conformi. La Corte ha chiarito l’onere della prova dell’importatore, specificando che la semplice presentazione di certificati del produttore estero non è sufficiente a dimostrare la buona fede se non ne viene provata l’attendibilità e la specifica riferibilità alla merce.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Importazione e Sicurezza Prodotti: Quando i Certificati Esteri Non Bastano

Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso emblematico che definisce con precisione l’onere della prova dell’importatore in materia di sicurezza dei prodotti. La sentenza chiarisce che la semplice acquisizione di certificati di conformità dal produttore straniero non è sufficiente a esonerare l’importatore da responsabilità penale se la merce si rivela non conforme. Vediamo nel dettaglio i fatti e le importanti conclusioni della Corte.

I Fatti del Processo

Un imprenditore è stato condannato dal Tribunale di Salerno al pagamento di un’ammenda di 14.000 euro per aver importato circa 3.740 paia di calzature. Tali prodotti contenevano una concentrazione di sostanze chimiche (Dibutyl phthalate e bis phthalate) superiore ai limiti consentiti dalla normativa europea, integrando così il reato previsto dall’art. 16 del D.Lgs. n. 133/2009.

Il Ricorso in Cassazione e la Difesa dell’Imputato

L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo di aver agito in buona fede. La sua difesa si basava su un punto cruciale: prima di effettuare l’acquisto, aveva ottenuto dal produttore cinese delle attestazioni di conformità. Secondo la tesi difensiva, il giudice di primo grado avrebbe completamente ignorato queste prove, considerate “decisive”, incorrendo in una “mancanza assoluta di motivazione”.

L’imprenditore ha inoltre invocato una decisione europea (n. 768/2008/CE) secondo cui l’obbligo di eseguire la procedura completa di valutazione della conformità spetterebbe esclusivamente al fabbricante, mentre l’importatore avrebbe solo il compito di assicurarsi che i prodotti siano conformi, basandosi sulla documentazione fornita.

L’onere della prova dell’importatore secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea la tesi difensiva. I giudici hanno chiarito che il ricorso, pur lamentando un vizio di motivazione, mirava in realtà a ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte non riesamina i fatti, ma si limita a controllare la corretta applicazione della legge.

Il punto centrale della decisione riguarda proprio l’onere della prova dell’importatore. La Cassazione ha affermato che la presunta “prova decisiva” – i certificati del produttore – era tutt’altro che tale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha smontato il valore probatorio dei documenti presentati dalla difesa, evidenziando diverse criticità:
1. Lingua: I documenti erano redatti in inglese, senza una traduzione che ne garantisse la piena comprensione e ufficialità.
2. Riferibilità: Non vi era alcuna prova certa che quei certificati si riferissero specificamente alla partita di merce importata e sequestrata.
3. Affidabilità del Laboratorio: Era ignota l’identità del laboratorio che aveva eseguito i test, così come i suoi requisiti di serietà e competenza. L’importatore non poteva quindi dimostrare di aver riposto una fiducia ragionevole in quei dati.

La Corte ha concluso che il Tribunale, affermando che l’imputato non aveva assunto sufficienti informazioni prima di immettere la merce sul mercato, aveva implicitamente ritenuto tali certificati inidonei a provare la sua buona fede. La valutazione del giudice di merito è stata considerata logica e non sindacabile in sede di legittimità. Dichiarare semplicemente di aver ricevuto un documento non è sufficiente; l’importatore ha il dovere di assicurarsi, con un grado di diligenza professionale, che tale documento sia attendibile e pertinente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per tutti gli operatori economici che importano beni dall’estero. La responsabilità per la sicurezza e la conformità dei prodotti non può essere scaricata passivamente sul produttore straniero. L’importatore è il garante della sicurezza dei prodotti che immette sul mercato europeo e ha un ruolo attivo di controllo. Per adempiere correttamente all’onere della prova dell’importatore in caso di contestazioni, non basta collezionare documenti, ma è necessario verificarne la sostanza, l’origine e l’effettiva applicabilità alla merce. In caso contrario, il rischio di una condanna penale, come avvenuto nel caso di specie, è concreto.

È sufficiente per un importatore ottenere un certificato di conformità dal produttore estero per essere considerato in buona fede?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la semplice acquisizione di un certificato non basta. L’importatore ha il dovere di effettuare controlli sull’attendibilità del documento, sulla sua specifica riferibilità alla merce e sulla competenza del soggetto che lo ha rilasciato per dimostrare di aver agito con la dovuta diligenza.

Quali sono i requisiti che un certificato estero deve avere per essere considerato una prova valida in un processo?
La sentenza evidenzia che, per essere considerata una prova decisiva, la documentazione deve essere: chiaramente e inequivocabilmente riferibile alla merce importata; provenire da un ente (es. un laboratorio) di cui siano noti e verificabili i requisiti di serietà e competenza; redatta in modo da essere pienamente comprensibile e non presentare dubbi sulla sua validità.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è “inammissibile” perché propone censure che si collocano al di fuori del giudizio di legittimità?
Significa che l’appellante ha chiesto alla Corte di Cassazione di comportarsi come un giudice di merito, cioè di riesaminare i fatti e le prove (come i certificati). Questo compito non spetta alla Cassazione, che può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare in una nuova valutazione del materiale probatorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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