Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37903 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37903 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BISCEGLIE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/03/2025 del TRIBUNALE di SALERNO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la memoria inoltrata dal difensore dell’imputato con cui si chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 6 marzo 2025 dal Tribunale di Salerno, COGNOME NOME è stato condannato per il reato di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 133/2009, per aver importato n. 3,740 pezzi di “calzatura con tornata strisce o cinturini in gomma” contenenti una concentrazione di Dibutyl phthalate e di bis phthalate superiore a quanto consentito, alla pena di C 14.000,00 di ammenda con pena sospesa e non menzione, previa concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche e applicazione della diminuente prevista per il rito.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per tassazione, a mezzo del difensore, l’imputato, per il tramite del suo difensore di fiducia denunciando l’inosservanza della legge penale e la mancanza di motivazione. In particolare, la
difesa lamenta la “mancanza assoluta di motivazione” da parte del giudice di primo grado in merito alle allegazioni difensive e alla documentazione prodotta, volte a dimostrare la buona fede dell’imputato circa la conformità alla normativa europea dei prodotti da lui importati. Il ricorrente sottolinea di aver depositato, unitamente alla memoria difensiva, le attestazioni di conformità rilasciate dal produttore estero (cinese) a riprova della sua buona fede, avendo proceduto ad effettuare l’acquisto solo dopo aver ottenuto dal fornitore la relativa attestazione di conformità. A supporto di tale tesi, viene richiamata la “decisione n. 768/2008/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9/7/2008”, la quale, secondo la prospettazione difensiva, pur ponendo in capo all’importatore l’onere di assicurarsi che i prodotti siano conformi alle prescrizioni comunitarie, riserverebbe l’obbligo di eseguire la procedura completa di valutazione della conformità esclusivamente al fabbricante, risultando quest’ultimo l’unico soggetto in possesso RAGIONE_SOCIALE conoscenze dettagliate del processo di progettazione e produzione. Ciò nonostante, prosegue il ricorso, la sentenza impugnata avrebbe completamente eluso l’esame di tali “prove decisive”. Il Tribunale si sarebbe limitato ad affermare, in modo ritenuto erroneo e apodittico, che l’imputato non aveva assunto informazioni dal venditore in ordine alla composizione della merce né avesse acquisito dichiarazioni o attestazioni di conformità prima di immetterla sul mercato, così ponendosi in netto e insanabile contrasto con le risultanze processuali, costituite proprio dalla documentazione prodotta dalla difesa e ritualmente acquisita agli atti del processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso, sebbene formalmente rubricato come vizio di motivazione e violazione di legge, si risolve, nella sua sostanza, in una richiesta di rivalutazione del compendio probatorio, inammissibile in questa sede di legittimità.
Il ricorrente lamenta, infatti, una “mancanza assoluta di motivazione” in riferimento a prove che egli stesso definisce “decisive”.
A rigore, quindi, il ricorrente denuncia, più che manifeste illogicità della motivazione o RAGIONE_SOCIALE proposizioni che la compongono, il travisamento della prova per omissione, per omessa considerazione della prova attestante l’adempimento, da parte dell’imputato, degli obblighi su lui gravanti.
E’ noto, però che per integrare tale vizio non è sufficiente che il ricorrente lamenti la mancata valutazione di un elemento probatorio, ma è necessario che dimostri la sua natura “decisiva”, ovvero la sua capacità di condurre, se correttamente esaminato, a un esito processuale differente.
La sentenza impugnata, affermando che COGNOME non aveva assunto informazioni dal venditore spedizioniere in ordine alla composizione della merce né aveva comunque acquisito dichiarazioni o attestazioni di conformità del
prodotto importato alla normativa europea, ha implicitamente ritenuto non probanti o comunque insufficienti gli elementi offerti dalla difesa, compiendo una valutazione di merito che, in quanto non manifestamente illogica, si sottrae al sindacato di questa Corte.
A confutazione della valutazione del Tribunale il ricorrente allega una serie di “test report” con intestazione SGS, redatte in inglese, la cui decisività e tutt’altro che evidente: i documenti sono redatti in lingua inglese; non è offerto alcun elemento che dimostri che la documentazione è riferibile alla merce per cui è processo; risulta ignoto il laboratorio che avrebbe eseguito le analisi e i requisiti di serietà e competenza che potevano ragionevolmente indurre l’importatore a confidare nei dati che vi si trovavano riportati, così da esonerarlo da ulteriori e più approfonditi controlli sulla sicurezza e conformità del prodotto.
Ne consegue che il ricorso, proponendo censure che si collocano al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, attenendo alla valutazione del materiale probatorio, di cui si chiede una rivisitazione da sovrapporre a quella del Tribunale, deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e al versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende, che si stima equo determinare in Euro 3.000,00, tenuto conto della natura RAGIONE_SOCIALE censure proposte.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE
Così deciso il 19/9/2025