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Onere prova etilometro: chi deve dimostrare il guasto?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza. La Corte ha ribadito un principio fondamentale sull’onere prova etilometro: spetta all’imputato, e non all’accusa, fornire elementi concreti che dimostrino un effettivo malfunzionamento dell’apparecchio. Una semplice contestazione generica o un errore di data sullo scontrino non sono sufficienti per invalidare il test.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Onere prova etilometro: non basta contestare, bisogna dimostrare

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per chiunque sia accusato di guida in stato di ebbrezza: l’onere prova etilometro. A chi spetta dimostrare che l’apparecchio usato per il test alcolemico funziona correttamente? La risposta dei giudici è netta: la palla è nel campo della difesa, che non può limitarsi a sollevare dubbi generici, ma deve fornire elementi concreti per sostenere la tesi di un malfunzionamento. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per guida in stato di ebbrezza. Fermato alla guida della sua auto in orario notturno, il test dell’etilometro aveva rilevato un tasso alcolemico di 1,63 g/l, ben al di sopra della soglia più grave prevista dalla legge (1,5 g/l). La condanna era stata di sei mesi di arresto e 2.000 euro di ammenda.

I Motivi del Ricorso: l’onere della prova sull’etilometro

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione basando le sue argomentazioni su tre punti principali:

1. Mancata prova della revisione: La difesa sosteneva che l’etilometro non fosse stato correttamente omologato e sottoposto alle verifiche periodiche obbligatorie. Le dichiarazioni dei poliziotti testimoni erano state generiche, senza fornire documentazione specifica, come il libretto metrologico, che attestasse la data dell’ultima revisione.
2. Errore di data: L’elemento più eclatante era una discrepanza di un anno esatto tra la data del fatto (7 dicembre 2019) e quella riportata sugli scontrini del test (7 dicembre 2020). Secondo la difesa, questo non era un semplice errore di sincronizzazione, ma la prova di un grave malfunzionamento dell’apparecchio che ne comprometteva totalmente l’affidabilità.
3. Insufficienza degli indizi sintomatici: I segni esteriori di ebbrezza riportati nel verbale (come alito vinoso e linguaggio sconnesso) non erano, a dire del ricorrente, sufficienti a dimostrare con certezza il superamento della soglia di 1,5 g/l.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato” e quindi inammissibile, condannando l’automobilista al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma di 3.000 euro.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato in modo chiaro e lineare perché le argomentazioni della difesa non potevano essere accolte, basandosi su principi giuridici ormai consolidati.

Il punto centrale della decisione riguarda l’onere prova etilometro. I giudici hanno ribadito che l’accusa non è tenuta a depositare preventivamente tutta la documentazione relativa all’omologazione e alla revisione dell’apparecchio. L’etilometro, in quanto strumento omologato, gode di una presunzione di corretto funzionamento. È l’imputato che, se intende contestarne la validità, ha un “onere di allegazione”. Ciò significa che non può limitarsi a una richiesta generica di documenti o a una lamentela vaga, ma deve portare in giudizio elementi specifici e concreti che facciano sorgere un dubbio ragionevole sul malfunzionamento dello strumento.

Per quanto riguarda la discrepanza della data, la Corte ha ritenuto logica e sufficiente la motivazione della Corte d’Appello, secondo cui si trattava di un “mero errore” nell’aggiornamento dell’orologio interno del dispositivo. Un errore di questo tipo, hanno concluso i giudici, non ha alcuna influenza sulla capacità tecnica dello strumento di misurare correttamente il tasso alcolemico nel sangue.

Infine, è stato chiarito il ruolo degli indizi sintomatici. Sebbene da soli non possano provare il superamento di una soglia numerica precisa, essi costituiscono un valido riscontro all’esito del test strumentale, rafforzando il quadro probatorio a carico dell’imputato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso e consolidato. Chi intende contestare l’esito del test alcolemico deve preparare una difesa tecnica e circostanziata. Non basta più affermare che l’apparecchio “potrebbe non funzionare bene”. È necessario fornire prove o, quantomeno, allegare circostanze di fatto specifiche (ad esempio, un errore palese nella procedura di misurazione, testimonianze su un comportamento anomalo dell’apparecchio, ecc.) che possano minare la presunzione di affidabilità dell’etilometro. In assenza di tali elementi, l’onere prova etilometro si risolve a favore dell’accusa e la contestazione risulterà inefficace.

Chi deve dimostrare che l’etilometro funziona correttamente?
L’apparecchio è presunto funzionante. Secondo la sentenza, è l’imputato ad avere l’onere di allegare elementi specifici e concreti per contestare il funzionamento dell’etilometro. L’accusa non è tenuta a produrre preventivamente i certificati di omologazione e revisione in assenza di una contestazione circostanziata.

Un errore di data sullo scontrino dell’etilometro rende il test nullo?
No. Secondo questa decisione, una discrepanza di data è stata considerata un “mero errore” formale relativo all’aggiornamento dell’apparecchio, un vizio che non ne inficia l’affidabilità nella misurazione del tasso alcolemico e, pertanto, non rende nullo il test.

Gli indizi “sintomatici” come l’alito vinoso bastano per una condanna?
Da soli, non sono sufficienti per provare il superamento di una specifica soglia di legge (es. 1,5 g/l). Tuttavia, la Corte ha specificato che costituiscono un valido riscontro all’esito del test strumentale, rafforzando il quadro probatorio complessivo a carico dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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