Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11074 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11074 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BITONTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’ad 23 comma 8 D.L. 137/2020 e ss.nnm
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 10/3/2023, accogliendo l’appello del pubblic ministero avverso la sentenza del Tribunale cittadino che aveva assolto NOME NOME dal reato di ricettazione perché il fatto non costituisce reato, riformava la sentenza di primo riconoscendo la penale responsabilità del NOME NOME ordine al reato ascrittogli, co conseguente condanna alla pena ritenuta di giustizia ed i benefici di legge.
La Corte territoriale, invero, evidenziava che non occorreva alcuna rinnovazion dell’istruttoria dibattimentale per esaminare l’appello del pubblico ministero, in quan sentenza di primo grado non si fondava su prove dichiarative, bensì su quanto accertato de visu dalla P.G. e sull’assenza di dichiarazioni dell’imputato: sulla base dell’ac:quisizione integral atti di indagine, effettuata dal primo giudice sull’accordo delle parti, era infatti emers seguito di ripetuti furti subiti nella villa della persona offesa, il 10/10/2025 la P rinvenuto nell’adiacente proprietà del NOME una struttura di ferro ad arco – oggetto di denunciato dalla persona offesa COGNOME COGNOME appena otto giorni prima – tanto che la stessa era stata restituita dal pubblico ministero al denunciante, anche perché presentava recenti segni verniciatura ed il COGNOME, dopo aver riferito alla P.G. trattarsi di bene di proprietà della da tempo “risalente”, si era riservato di darne documentazione fotografica, poi mai posta disposizione della P.G. o dell’A.G. per documentare la veridicità del suo assunto.
Ad avviso della Corte territoriale, non avendo prodotto il COGNOME alcuna documentazione fotografica del bene, come annunciato, non avendo così fornito alcuna valida giustificazione d possesso, e risultando altresì l’arco in metallo appena riverniciato ed inserito nel con circostante con funzione ornamentale, nessun rilievo poteva attribuirsi al fatto che il Gior non risultava aver avuto accesso alla villa adiacente la sua proprietà né che avesse avut contezza che il bene si trovasse in quel luogo.
NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale, affidandolo ad un unico motivo di impugnazione, con il quale prospetta la violaz di legge e l’assenza di motivazione rafforzata, per non avere la sentenza impugnata adeguatamente considerato che – come rilevato dal primo giudice – il ricorrente non poteva avere motivi di sospetto, non avendo accesso alla villa della persona offesa, e non sussistend alcun regime particolare di circolazione di un arco di ferro.
Con requisitoria scritta del 16/11/2023 il AVV_NOTAIO ha chiesto dichiar inammissibile il ricorso.
Il ricorso è manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata, con diffuse argomentazioni volte ad evidenziare le ragioni della riconosciuta identità tra l’arco di sottratto alla persona offesa e quello rinvenuto in possesso del ricorrente, si è adeguatamen confrontata con le sintetiche affermazioni del primo giudice sulle quali si fondava la sente assolutoria di primo grado, sicché sono stati rispettati i principi della motivazione raff secondo cui, “il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’ob di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di conf
specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando cont delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza e non può, invece, limitarsi ad imporr propria valutazione del compendio probatorio perché preferibile a quella coltivata provvedimento impugNOME” (Cass., Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013 Rv. 254638, Sez. 6, n. 46742 del 08/10/2013 Rv. 257332; sez. 6, n. 1253 del 28111/2013 Rv. 258005, Sez. 2 n. 50643 del 18/11/2014 Rv. 261327).
Nel merito la Corte di appello, valorizzando la circostanza che il ricorrente ha annunciat poter fornire documentazione fotografica idoena a giustificare il possesso del bene, poi m offerta senza offrire alcuna spiegazione, si è correttamente conformata – quanto al qualificazione giuridica del fatto accertato – al consolidato orientamento di questa Corte tutte, cfr. Sez. 2, n. 29198 del 25/05/ 2010, Fontanella, rv. 248265), per il quale, ai f configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggi anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevut la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con acquisto in mala fede; d’altro canto (Sez. 2, n. 45256 del 22/11/2007, Rv. 238515), ricorr dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato i rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza. Né si rich all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire u attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazi di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque pos essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincime (in tal senso, Sez. un., n. 35535 del 12/07/2007, Rv. 236914). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 61 proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 dicembre 2023
L’estensore
DEPOSITATO IN CANCELLARIA SECONDA SEZIONE PENALE