Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1566 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1566 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nata a UDINE il 14/08/1970 avverso l’ordinanza del 17/02/2023 del TRIBUNALE di BENEVENTO udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17 febbraio 2023, il Tribunale di Benevento, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME diretta al riconoscimento della continuazione, anche per gruppi di reati, per i quali l’istante aveva riportato condanna.
Il giudice dell’esecuzione ha osservato che l’istante non ha ottemperato all’onere di allegazione in ordine all’invocata continuazione, non avendo indicato alcuna ragione logico-giuridica o di fatto posta a sostegno della pretesa, in tale prospettiva non essendo sufficiente né l’omogeneità né la prossimità temporale dei reati. Pertanto, difetta la prova della comune ideazione e programmazione dei reati, anche per gruppi, come aveva in subordine richiesto la ricorrente.
Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il difensore della condannata, avv. NOME COGNOME lamentando carenza e manifesta illogicità della motivazione.
La ricorrente ha censurato che il giudice dell’esecuzione non abbia affatto considerato gli elementi sintomatici della continuazione che erano stati valorizzati nell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen., cioè il breve lasso temporale intercorrente tra i reati, l’omogeneità delle norme violate ed il modus operandi, all’uopo allegando le sentenze di accertamento dei reati per quali si chiedeva il riconoscimento dell’istituto. Pertanto, è illogica la censura di mancata allegazione degli elementi dai quali emerge la sussistenza della continuazione.
CONSIDERATi3 IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le seguenti ragioni.
1.1. La motivazione del provvedimento, formata quasi esclusivamente da massime giurisprudenziali, senza agganci alle concrete vicende per le quali sono state emesse le sentenze di condanna nei confronti dell’istante, non permette di cogliere le ragioni della decisione negativa e dunque non adempie alla funzione tipica della motivazione del provvedimento giurisdizionale.
L’unica argomentazione riferita all’istanza ex art. 671. cod. proc. pen. è ridotta all’ultima pagina dell’impugnata ordinanza e consta del mero rimprovero di mancata osservanza dell’onere di allegazione e della apodittica affermazione dell’assenza dell’originaria ideazione comune dei reati, anche per gruppi, come aveva richiesto la ricorrente. Quindi, non soltanto si postula un onere di allegazione, sostanzialmente probatorio, che non compete all’istante ex art. 671 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 12914 del 23/02/202:2, COGNOME, Rv. 283083: «Il condannato che invoca l’applicazione della disciplina della continuazione in executivis
ha un mero interesse all’allegazione di elementi specifici sintomatici della riconducibilità dei reati a una preventiva programmazione unitaria, sicché, non configurandosi un onere giuridico, la mancata allegazione di tali elementi non può essere valorizzata negativamente dal giudice»), ma vi è omessa pronuncia sulla richiesta subordinata di continuazione per gruppi di reati.
1.2. Ritiene questa Corte che l’estrema lacunosità dell’apparato motivazionale debba essere emendata con l’indicazione di più specifiche e pregnanti ragioni per cui va negata in radice, o invece riconosciuta in circoscritti casi, l’invocata continuazione.
La motivazione in esame rasenta l’apparenza e non soddisfa il requisito minimo per ritenere assolto l’onere di indicare le ragioni in fatto e in diritto poste a base della decisione, neppure indicando i titoli di reato, l’effettivo oggetto delle condotte, se si trattava di fatti evidentemente estemporanei o che consentivano invece di presumere una qualche preordinatezza e organizzazione delle condotte.
Deve ribadirsi che la motivazione come strumento per il controllo dell’attività giurisdizionale, in un sistema che assume a parametro il modello del giudice come autore “responsabile” della decisione (che deve giustificare) e come corollario del contraddittorio, impone che il diritto delle parti ad essere ascoltate si risolva nel dovere del giudice di dare conto in maniera chiara e comprensibile, controllabile in sede di legittimità, di avere effettivamente c:onsiderato tutte le ragioni proposte che non siano palesemente inammissibili, inconferenti o meramente ripetitive di argomenti già trattati.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio al giudice dell’esecuzione, in diversa composizione, ai sensi dell’art. 34 cod. proc. pen. (come ampliato con sentenza della Corte Costituzionale n. 183 del 3 luglio 2013), per un nuovo esame dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen.
P.QM-
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Benevento.
Così deciso il 27 ottobre 2023
Il Consigliere estensore