Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19143 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19143 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GOMAN SLATO MAXIMILIAN
NOMENOME> nato a MELFI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2023 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli, per quanto qui rileva, confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Avellino, ad
esito del giudizio ordinario, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di nove mesi di reclusione e 900 euro di multa per il reato di truffa.
Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza di appello per violazione di legge e vizio della motivazione in relazione a tre diversi profili.
Quanto all’affermazione di responsabilità, i giudici di merito hanno fondato il proprio convincimento su un unico “elemento debole”, costituito dalla circostanza che la somma provento della truffa realizzata online fu accreditata sulla carta Postepay intestata al ricorrente, deducendo che quest’ultimo ne fosse anche il possessore e l’utilizzatore.
Erroneamente e in assenza di adeguata motivazione la Corte di appello ha poi confermato l’applicazione della recidiva, la cui esclusione era stata chiesta in sede di conclusioni, e la determinazione della pena, discostatasi dal minimo edittale.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18, nella quale è stato convertito il decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215), in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione orale, proposta nei termini ivi previsti.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici, non consentiti e manifestamente infondati.
4.1. Con motivazione immune da ogni vizio, neppure specificamente indicato dal ricorrente, la Corte di appello ha osservato che l’imputato non ha neppure prospettato “ipotesi alternative in merito alla disponibilità della carta, ad esempio denunciandone lo smarrimento o indicando nominativamente agli inquirenti i soggetti che avrebbero potuto farne uso in quella specifica circostanza” (pag. 6).
In linea con questa osservazione, questa Corte di cassazione ha in più occasioni affermato che nell’ordinamento processuale penale non è previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, ma è pur sempre prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale egli è tenuto a fornire le indicazioni e g elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei,
ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore (Sez. 6, n. 50542 del 12/11/2019, COGNOME, Rv. 277682; Sez. 6, n. 28008 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 276381; Sez. 4, n. 12099 del 12/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275284; Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014, COGNOME, Rv. 261657; Sez. 2, n. 20171 del 07/02/2013, COGNOME, Rv. 255916).
In particolare, «ove l’imputato deduca eccezioni o argomenti difensivi, spetta a lui provare o allegare, sulla base di concreti ed oggettivi elementi fattuali, le suddette eccezioni perché è l’imputato che, in considerazione del principio della c.d. “vicinanza della prova”, può acquisire o quantomeno fornire, tramite l’allegazione, tutti gli elementi per provare il fondamento della tesi difensiva» (così Sez. 2, n. 7484 del 21/01/2014, Baroni, Rv. 259245; in senso conforme v. Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 278373).
La sentenza ha poi richiamato le dichiarazioni dell’originario coimputato COGNOME, obliterate nel ricorso, il quale ha affermato che in alcuni casi NOME utilizzava le carte a lui intestate per attività truffaldine: la Corte territoriale ha con fondamento osservato che “tale dato, pur riguardante altre vicende, non può che confermare in modo più ampio e generale il coinvolgimento del COGNOME nei fatti per i quali vi è stata condanna”.
4.2. La sentenza impugnata ha poi ampiamente motivato in ordine ai presupposti per l’applicazione della recidiva, rispondendo in modo puntuale ed esauriente a un motivo che comunque era inammissibile perché dedotto solo in sede di conclusioni e non nell’atto di appello e che, per tale ragione, non poteva neppure essere riproposto in questa sede, alla luce di quanto disposto dall’art. 609, comma 2, del codice di rito.
4.3. Altrettanto incensurabile, infine, è la motivazione della Corte territoriale in ordine alla conferma della entità della pena inflitta all’imputato lievemente discostatasi dal minimo edittale e rimasta ampiamente al di sotto del medio, avuto soprattutto riguardo ai “numerosissimi precedenti per reati gravi reati (estorsione, violenza privata, tre condanne per ricettazione, falsa testimonianza, falso ideologico, resistenza a pubblico ufficiale e ben quattro condanne per truffa), commessi senza soluzione di continuità durante tutto l’arco della sua vita”.
Alla inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/04/2024.