Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22563 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22563 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a CUTRO il DATA_NASCITA
NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA
NOME nata a GUASTALLA il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME:[;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata;
lette le memorie dell’avvocato NOME COGNOME per il proposto NOME COGNOME, nonché degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, in difesa dei terzi NOME e NOME COGNOME, che hanno chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso o, in subordine, rigettarsi lo stesso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna, con il decreto impugnato del 5 ottobre 2023, depositato il 6 novembre 2023, ha confermato il provvedimento del Tribunale felsineo, che aveva rigettato la proposta di applicazione della misura
patrimoniale della confisca e la revoca del disposto sequestro, in relazione ai beni di NOME COGNOME – proposto al quale è stata applicata la misura della sorveglianza speciale di anni cinque con obbligo di soggiorno,
Inoltre, la proposta di applicazione della misura patrimoniale è stata rigettata, in doppia conforme, anche in relazione al capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, oltre che ai beni aziendali di quest’ultima, ai beni immobili dei figli del proposto, NOME COGNOME – quale donatario ed erede della madre NOME COGNOME – e NOME COGNOME, quale erede della menzionata madre.
2. Ai fini della comprensione dei motivi di ricorso in esame, in sintesi va qui evidenziato come la misura di prevenzione personale sia stata applicata a NOME COGNOME, in quanto ritenuto attualmente pericoloso e condannato con sentenza definitiva per la partecipazione all’associazione di stampo mafioso in relazione a una cosca di ‘ndrangheta operante in Emilia, facente capo al capo bastone di Cutro, NOME COGNOME.
Il proposto si era trasferito da Cutro in Emilia, dopo avere sposato NOME COGNOME, e ivi nel DATA_NASCITA nascevano i figli NOME e NOME, attuali terzi interessati.
NOME, il che rileva in relazione ai motivi di ricorso, lasciava la residenza familiare almeno dal 2002 vivendo in Udine, ove aveva intrapreso la carriera di calciatore professionista, mentre la sorella NOME si allontanava dal nucleo familiare di origine nel 2003.
Risultando che, nel periodo dal 2004 al 2019, i coniugi COGNOME avevano un tenore di vita più elevato di quanto dichiarato, fu disposto il sequestro, e seguirono allegazioni difensive, tese a dimostrare che il maggior reddito fosse conseguenza degli introiti leciti provenienti dalla attività di calciatore del figlio d proposto: il Tribunale disponeva una perizia, che accertava come NOME COGNOME avesse introiti mensili di 250nnila euro, per un totale di 20.453.426,85, dal 2004 al 2013, oltre alle cedole maturate sulle obbligazioni dal 2009 al 2015 per 902mila euro.
Tali introiti venivano versati sia in favore della RAGIONE_SOCIALE, sia destinati a investimenti finanziari per i genitori, fungendo la COGNOME quale intermediaria – in quanto prima intestataria di titoli alimentati con le risorse finanziarie provenienti soprattutto dal figlio – e le somme relative venivano dalla stessa custodite e poi restituite al figlio o girate al marito, oltre che anche all RAGIONE_SOCIALE.
Il proposto risultava titolare di una procura AVV_NOTAIO a operare sul conto del figlio, movimentato massicciamente, anche per importi di 2 milioni di euro fra
giugno e novembre 2010, accreditati da NOME sul corto di NOME, ma provenienti da un libretto dello stesso NOME.
L’analisi complessa e minuziosa, riportata ai foll. 6-9 del decreto impugnato, tratta dalla perizia, e poi la verifica per ciascun bene (fol. 10 e ss.), avevano determinato il Tribunale al rigetto della proposta nella sua parte patrimoniale.
La Corte di appello, dopo aver evidenziato come le doglianze mosse dalla Procura appellante non contestassero le fonti documentali, il metodo utilizzato e gran parte dei contenuti dell’elaborato, illustrato dal perito in primo grado, rigettava l’impugnazione, confermando la decisione di primo grado.
In particolare, la Procura appellante aveva criticato il decreto di primo grado in quanto nella valutazione dell’incidenza dei finanziamenti del figlio ai genitori e alla società, non dovesse avere rilevanza l’importo corrispondente alla ‘perdita’ di 3.102.000,00 euro in relazione a titoli MPS – acquisiti nel 2016, con denaro erogato dal NOME ai genitori a partire dal 2014 e nel 2020 – venduti con un ricavo ben inferiore di 24.417,31 euro.
Osserva la Corte di appello a riguardo che, a prescindere dalla qualificazione contabile della perdita, consolidata secondo la Procura, potenziale secondo il perito, comunque l’investimento e la perdita medesima intervennero in un arco temporale successivo all’acquisto dei beni dei quali si chiedeva la confisca, cosicché l’incidenza di tale importo non sussisteva.
In sostanza, secondo la Corte di appello, i finanziamenl:i da parte del figlio NOME NOME proposto e al coniuge, come anche il credito ottenuto a mezzo di finanziamento bancario grazie al pegno offerto su un dossier per 3/4 proveniente da NOME COGNOME, rendevano lecite le risorse utilizzate per gli acquisti e gli investimenti, che quindi risultavano giustificati.
Il ricorso per cassazione proposto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la Corte di appello di Bologna consta di unico motivo, enunciato qui di seguito nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 24, comma 1, d.lgs 159/2011.
In particolare, lamenta la ricorrente Procura che l’aver ritenuto la liceità della provvista, consistente nell’elargizione delle somme erogate da NOME COGNOME, rende il ruolo di quest’ultimo equiparabile a quello di un intermediario finanziario, cosicché, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 24 cit. non basterebbe dimostrare la liceità della provvista utilizzata a seguito del
1!, finanziamento, ma occorrerebbe anche che il proposto offra la prova della sostenibilità dei pagamenti dovuti in seguito allo stesso.
In sostanza si lamenta una valutazione unidirezionale, solo tesa a verificare la disponibilità ottenuta dal proposto a mezzo delle elargizioni del figlio, non anche quella relativa alla restituzione sostenibile delle risorse ricevute, in ordine all quale nessuna motivazione sarebbe stata offerta.
E quindi, nel caso in cui le somme ricevute dal proposto e dal coniuge fossero poi state restituite al figlio NOME, spetterebbe comunque al proposto dare conto della liceità della provenienza delle somme utilizzate per l’acquisto degli immobili.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – con le quali ha chiesto annullarsi con rinvio il decreto impugnato, riportandosi al contenuto del ricorso.
La difesa del proposto ha evidenziato come sia stata provata la derivazione lecita dei finanziamenti investiti nei beni dei quali si chiede la confisca, come anche la cronologica correlazione delle disponibilità economiche lecite agli investimenti.
La difesa dei terzi interessati ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso o rigettarsi lo stesso, in particolare rilevando come, rispetto alla censura mossa con l’impugnazione della Procura distrettuale, il rapporto tra NOME e NOME padre non è omologabile ad un rapporto di mutuo o finanziamento, poste le peculiarità derivanti dalla relazione familiare.
Inoltre, il procedimento non ha mai dimostrato il possesso di redditi illeciti in capo a NOME COGNOME e la ricostruzione dei singoli acquisti è stata svolta in modo puntuale dal perito e ricostruita nei due decreti in maniera conforme.
La Corte d’Appello ha ribadito che nelle valutazioni della pubblica accusa non si tiene conto del finanziamento bancario di 2 milioni di euro in favore del proposto, garantiti dal pegno su dossier titoli la cui provvista proveniva per almeno i 3/4 da NOME COGNOME.
Inoltre, il ricorso sarebbe inammissibile in quanto deduce vizio di motivazione e non violazione di legge.
Infine, quanto alla posizione dei terzi NOME e NOME COGNOME, il ricorso non censura – venendo così a formarsi il giudicato- il provvedimento impugnato quanto al riconoscimento della capacità patrimoniale di NOME, il che esclude la presunzione propria della intestazione fittizia in ragione della ampia disponibilità sostanziale del predetto, oltre che il punto relativo al pervenire dei beni ai terzi per donazione o successione mortis causa, non del proposto ma della madre NOME COGNOME.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 2 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del :2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articol 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, come sancito dall’art. 10, comma 3, d.lgs. n.159 del 2011. Tale disposizione recepisce quanto già disposto dall’art. 4 legge 27 dicembre 1956 n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965 n. 575. Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogic manifesta di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, quanto alla motivazione, quella inesistente o meramente apparente (Sez. ti., n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 260246: in motivazione la Corte ha ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato; nello stesso senso, Sez. 2, n. 20954 del 28/02/2020, COGNOME, Rv. 279434 – 01; Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, COGNOME).
Va anche aggiunto che, in tema di procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulè, Rv. 279284 – 01).
Il motivo di ricorso lamenta una erronea applicazione dell’art. 24, comma 1, d.lgs. n.159 del 2011, rappresentando come la Corte di appello avrebbe dovuto
verificare non solo la liceità dei finanziamenti da parte del figlio NOME COGNOME al padre, ma anche le fonti di restituzione di tali importi.
Tale onere motivazione scaturirebbe, a parere del ricorrente, dal principio fissato, fra l’altro, da Sez. 6, n. 21347 del 10/04/2018, Salanitro, Rv. 273388 01, per cui, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l’onere di allegazione difensiva in ordine alla legittima provenienza dei beni non può essere soddisfatto con la mera indicazione della esistenza di una provvista sufficiente per concludere il negozio di acquisto degli stessi, dovendo invece indicarsi gli elementi fattuali dai quali il giudice possa dedurre che il bene non sia stato acquisl:ato con i proventi di attività illecita, ovvero ricorrendo ad esborsi non sproporzionati rispetto alla sua capacità reddituale (in motivazione, la Corte ha precisato che l’acquisto di un immobile mediante l’accensione di un mutuo non costituisce dimostrazione della legittima provenienza della provvista, dovendosi fornire la prova della disponibilità di risorse lecite e sufficienti a sostenere il pagamento delle rate mensili, nel caso di specie mancanti in quanto il nucleo familiare del proposi:o non disponeva di redditi).
In sostanza, l’erronea applicazione della norma risulterebbe conseguente alla circostanza che la Corte di appello avrebbe dovuto verificare la sussistenza della sproporzione fra il valore dei beni acquisiti dal proposto e dal coniuge, che certamente poteva essere vinta dalla dimostrazione che gli acquisti erano stati effettuati da parte del proposto grazie al finanziamento da parte del figlio, senza che però trovasse giustificazione, a quel punto, la restituzione del denaro allo stesso, seppur avvenuta in misura inferiore.
A ben vedere, però, il motivo risulta del tutto aspecifico, in quanto non si confronta con il provvedimento impugnato nella sua interezza che, rinviando e facendo proprio il contenuto del decreto di primo grado, ricostruisce per ogni bene sottoposto a sequestro quali fossero le fonti di finanziamento.
In sostanza, dalla censura di principio rivolta al provvedimento impugnato non segue la verifica in concreto della apparenza (o meno) della motivazione – che invece non è apparente – in ordine alle ragioni giustificative degli acquisti operati dal proposto (cfr. foll. 10-14 del decreto impugnato).
D’altro canto, quanto al metodo da applicare nella rilevazione della sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilità, diretta o indiretta, d proposto e i redditi dichiarati o l’attività economica svolta, questa Corte ha precisato che non è sufficiente un raffronto globale tra il patrimonio ed il reddito formalmente disponibile, ma è necessario procedere all’accertamento per ogni singolo bene inserito nel patrimonio comparando, al momento dell’acquisizione, il reddito ufficialmente disponibile con l’incremento patrimoniale determinato dall’acquisto del bene (Sez. 6, n. 1105 del 13/03/1997, dep. 12/06/1997,
Mannolo, Rv. 208636; Sez. 5, n. 23041 del 28/03/2002, dep. 14/06/2002, Ferrara, Rv. 221681; Sez. 1, n. 26134 del 2012, n.m.).
Anche aspecifico è il ricorso nella parte in cui reitera il tema dell’omessa restituzione dai genitori al figlio di oltre 3 milioni e mezzo di euro, a seguito della perdita connessa all’investimento in titoli di MPS, non confrontandosi con la valutazione dei Collegi di merito, che rilevano come tale evento (investimento del 2014 e poi perdita consolidatasi nel 2020) fosse stato successivo all’acquisto dei beni sequestrati e quindi irrilevante alla lecita e pregressa acquisizione degli stessi.
Infine, le difese dei terzi correttamente evidenziano come non sia contestata alcuna violazione di legge dal ricorso in ordine alla intestazione fittizia, relativamente ai beni intestati a NOME e NOME, risultando gli stessi giustificati per le disponibilità economiche del primo e, per la ricezione a seguito di successione mortis causa, per il primo e la seconda. Pertanto, in relazione ai beni ai terzi intestati si è formato già il giudicato.
Ne consegue la complessiva inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO.
Così deciso in Roma, 12/03/2024
Il ConsiOiere estensore
GLYPH
dente