Onere della Prova nella Guida in Stato di Ebbrezza: La Cassazione Conferma la Responsabilità
Quando un automobilista viene trovato positivo all’alcoltest, su chi ricade la responsabilità di dimostrare l’inaffidabilità del risultato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: l’onere della prova per la guida in stato di ebbrezza, in presenza di un test strumentale valido, si sposta sull’imputato. Analizziamo questa importante decisione che conferma un orientamento consolidato.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un automobilista condannato in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dall’aver provocato un sinistro stradale. Gli accertamenti effettuati tramite etilometro avevano rilevato un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la prima sentenza, aveva sostituito la sospensione della patente con la più grave sanzione della revoca.
L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e sostenendo la mancanza di prove sufficienti a dimostrare la sua responsabilità penale.
L’Onere della Prova nella Guida in Stato di Ebbrezza secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo generico e meramente riproduttivo di argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito. Il punto cruciale della decisione risiede nella riaffermazione di un principio consolidato in materia di onere della prova per guida in stato di ebbrezza. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente basato la sua decisione su elementi probatori chiari e coerenti:
1.  La Posizione dell’Imputato: Al momento dell’intervento delle forze dell’ordine, l’uomo si trovava al lato guida del veicolo, fermo al centro della carreggiata dopo un sinistro.
2.  L’Esito dell’Alcoltest: Entrambi i test effettuati con l’etilometro hanno dato esito positivo, con valori superiori alla soglia massima prevista dalla legge.
3.  La Mancata Contestazione: L’imputato non ha mai messo in dubbio la validità o il corretto funzionamento dello strumento di misurazione utilizzato.
Basandosi su questi fatti, la Cassazione ha ribadito che, di fronte a un accertamento strumentale conforme alla normativa, spetta all’imputato fornire la prova di circostanze specifiche in grado di invalidare l’esito del test. Non è sufficiente, a tal fine, il semplice intervallo di tempo trascorso tra la guida e l’esecuzione del test.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello logica, coerente ed esaustiva. I giudici di merito avevano correttamente valutato il materiale probatorio, concludendo in modo inequivocabile per la responsabilità dell’imputato. Il ricorso, non presentando argomenti nuovi o capaci di incrinare la logicità della decisione impugnata, è stato considerato privo dei requisiti per essere accolto.
La pronuncia si allinea perfettamente con la giurisprudenza di legittimità costante, che attribuisce pieno valore probatorio all’esito dell’alcoltest, a meno che la difesa non riesca a dimostrare concretamente la sua inattendibilità. L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: l’esito dell’alcoltest costituisce una prova forte della colpevolezza per il reato di guida in stato di ebbrezza. Per contestarla efficacemente, non basta una generica negazione, ma è necessario fornire elementi concreti che dimostrino un malfunzionamento dello strumento o altre circostanze eccezionali in grado di alterare il risultato. L’onere della prova, in questi casi, è chiaramente a carico dell’imputato, il quale deve attivarsi per smontare l’impianto accusatorio basato su un dato tecnico oggettivo.
 
Quando l’esito dell’alcoltest è positivo, chi deve provare che il test non è valido?
Secondo la sentenza, in presenza di un accertamento strumentale del tasso alcolemico conforme alla legge, l’onere di dimostrare la presenza di circostanze che possano invalidare l’accertamento grava sull’imputato.
Un ricorso in Cassazione può essere respinto se ripropone le stesse argomentazioni già esaminate in appello?
Sì, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché era generico e riproduceva doglianze già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte di merito, senza introdurre elementi nuovi o critiche pertinenti alla logicità della motivazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Come stabilito nel provvedimento, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35349 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 35349  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME VELLETRI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
aRAGIONE_SOCIALE seyek, Art22 indicata in RAGIONE_SOCIALE iorafe, la Corte di appello di Roma,  in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Velletri pronunciata in data 8 aprile 2024, ha sostituito la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per un anno con la revoca della patente di guida, e ha confermato nel resto la condanna nei confronti di COGNOME NOME per il reato di cui all’ar 186, commi 2, lett. c) e 2 bis D.Lvo. 30 aprile 1992, n. 285.
 L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando vizio di motivazione con riferimento alla mancata prova circa la responsabilità penale a suo carico.
Il motivo è generico nonché riproduttivo di doglianze già adeguatamente vagliate e disattese dalla Corte di merito (pag. 2 e 3). La Corte di appello, con argomentazioni coerenti e non illogiche, oltre che esaustive, richiama i vari elementi probatori a sostegno della pronuncia di condanna nei confronti dell’imputato. In particolare, al momento dell’intervento dei carabinieri sul luogo del sinistro, il COGNOME è stato rinvenuto al lato della guida del veicol che era posizioNOME al centro della strada ed i due accertamenti effettuati con l’alcoltest hanno dato esito positivo per un valore del tasso alcolemico superiore ad 1,5 g/I (pag. 2 e 3). Alla luce di quanto evidenziato e della circostanza che l’imputato non RAGIONE_SOCIALE messo in dubbio la validità dello strumento utilizzato, la Corte, sulla base della logica valutazione del materiale probatorio esamiNOME, ha ritenuto dimostrata la responsabilità del COGNOME per il reato a lui ascritto. La pronuncia è conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento strumentale del tasso alcolemico conforme alla previsione normativa, grava sull’imputato l’onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell’accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato, fermo restando che non integra circostanza utile a tal fine il solo intervallo temporale intercorrente tra l’ultimo atto di guida e l’espletamento dell’accertamento (Sez. 4, n. 40722 del 09/09/2015, Rv. 264716; Sez. 4, n. 24206 del 04/03/2015, Rv. 263725).
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa
delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. p pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del Ammende.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2025
RAGIONE_SOCIALE
Il Consigliere estensore
Il Presidente