Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25909 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25909 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato il 30/04/1965 a Torre del Greco avverso la sentenza della Corte d’appello di Campobasso del 26/09/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 26/09/2024, la Corte di appello di Campobasso, in parziale riforma della sentenza assolutoria del Tribunale di Larino del 18/12/2023 con la formula “perché il fatto non sussiste”, riconosceva la responsabilità civile di NOME e lo condannava al risarcimento dei danni in favore dell’appellante, parte civile, NOME NOME, da liquidarsi in separata sede, ed alla rifusione in favore della medesima parte civile delle spese di giudizio. Confermava nel resto la sentenza impugnata.
Letto NOME è stato tratto a giudizio dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Larino, con l’accusa di avere, nella in qualità di dipendente della “RAGIONE_SOCIALE” e della “RAGIONE_SOCIALE“, ditte operative nel settore della
raccolta differenziata dei rifiuti del comune di Termoli, trasportato e abbandonato, illecitamente, e in modo incontrollato davanti al garage del suo condominio, rifiuti speciali quali metalli, ghisa, ferro, rame e alluminio, durante l’espletamento della sua attività e utilizzando i mezzi in dotazione delle predette.
NOME Il Tribunale di Larino, all’esito di giudizio dibattimentale, ha assolto l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”.
In dibattimento il m.11o COGNOME COGNOME riferiva delle attività d’indagine espletate, del contenuto dei video e delle fotografie allegate alla denuncia, evidenziando, che a riscontro di quanto emerso dalle riprese aveva verificato che, in data 17 luglio 2019, il Letto, a bordo del “suo mezzo”, su cui aveva caricato materiale ferroso, aveva incontrato un soggetto a bordo di un camion di proprietà di una ditta dedita all’acquisto e alla rivendita di metalli di scarto; riferiva, tra l’altro, di aver indirizzato i responsabili della ditta “RAGIONE_SOCIALE“, alle dipendenze della quale il Letto aveva svolto servizio con mansioni di addetto alla nettezza urbana, a conferire un mandato ad un’agenzia di investigazione privata per verificare se vi fossero dipendenti che svolgevano l’attività di gestione di rifiuti non autorizzata.
I testi COGNOME NOME COGNOME, condomini dell’edificio ove abitava l’imputato, confermavano di averlo visto, in più occasioni, scaricare materiale ferroso nella corsia del garage condominiale dopo averlo ivi trasportato a bordo di un furgone in dotazione alla “RAGIONE_SOCIALE“.
Anche il condomino d’NOME NOME Michele COGNOME riferiva di aver notato l’imputato scaricare “dal suo furgone bianco” del materiale ferroso, escludendo, tuttavia, di aver notato nella corsia del garage condominiale mezzi di trasporto appartenenti alle ditte RAGIONE_SOCIALE e “RAGIONE_SOCIALE“.
Dalla audizione del responsabile di area (COGNOME Daniele) e del membro del consiglio di amministrazione della ditta suindicata (Campli Angelo) emergeva che l’imputato era alle loro dipendenze e che era stato conferito ad un investigatore privato l’incarico di verificare se alcuni dipendenti esercitassero, in loro danno, attività di raccolta di rifiuti non autorizzata; quanto agli esiti gli esiti di incarico, il primo non riferiva alcunché, il secondo, invece, dichiarava che all’esito dell’accertamento era emerso che taluni dipendenti avevano sottratto senza autorizzazione alcuni rifiuti dal centro raccolta, e che forse tra questi vi era anche il Letto, non offrendo, tuttavia, certezze sul punto.
All’esito dell’istruttoria dibattimentale il giudice di prime cure assolveva il Letto sulla base della insufficienza del compendio probatorio a dimostrare la sussistenza dell’elemento costitutivo negativo rappresentato dall’assenza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, e ss.
del d.lvo. n. 152 del 2006, cui la norma incriminatrice subordina la rilevanza penale della condotta di trasporto illecito di rifiuti.
4.La Corte territoriale, dopo aver precisato che al di là della titolazione formale del capo d’imputazione la condotta sostanzialmente contestata era riferibile oltre che all’art. 256 del d.lvo n. 156 del 2006 anche all’art. 255 del medesimo decreto, perveniva al giudizio di responsabilità opinando, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, che dall’istruttoria dibattimentale, era risultato incontestabilmente che l’imputato per lungo tempo, utilizzando i mezzi della società di cui era dipendente, aveva trasportato e depositato sistematicamente rifiuti ferrosi di varia natura sulla corsia dei garage condominiali insistente su un’area comune, per poi disassemblarli e accantonarli nel box di sua proprietà, facendone, dunque, organizzato commercio.
5.Tramite difensore, Letto COGNOME ricorre avverso tale sentenza, e ne chiede l’annullamento, censurando in un unico motivo più aspetti della decisione ed in particolare: il riconoscimento della responsabilità dell’imputato oltre che per il reato di cui all’art. 256, anche per il reato di cui all’art. 255 non contestato nel titolo del capo d’imputazione; il giudizio di “reticenza” che la Corte d’appello ha mosso nei confronti dei testimoni COGNOME e COGNOME la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si ritiene la deposizione di COGNOME contraddittoria rispetto a quella degli altri testi escussi COGNOME e COGNOME e la violazione dell’articolo 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. posto che la Corte d’appello avrebbe riformato la sentenza assolutoria omettendo di procedere alla rinnovazione dell’istruttoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Deve osservarsi, in premessa che non rileva il riferimento fatto dalla Corte d’appello all’art. 255, d.lvo n. 152 del 2006, posto che le emergenze processuali delineano la sussistenza della condotta di cui all’art. 256 del d.lvo, citato, come correttamente contestata.
Va, inoltre considerata inammissibile la censura volta a contestare il giudizio di reticenza mosso dalla Corte d’appello nei confronti dei testimoni COGNOME e di COGNOME risolvendosi in una mera prospettazione di una valutazione del compendio processuale diversa da quella fatta dalla Corte territoriale inammissibile in sede di legittimità attesa la mancata indicazione di vizi che avrebbero inficiato la correttezza del giudizio.
Manifestamente infondate e, pertanto inammissibili, sono le censure di illogicità mosse alla pe motiva della sentenza impugnata nella parte in cui reputa contraddittorie le dichiarazioni rese dai testi COGNOME e COGNOME rispetto alla versione dei fatti fornita da COGNOME*.
La prospettazione difensiva non rispecchia fedelmente l’iter logico seguito dai giudici territoriali giacchè, a differenza di quanto ritenuto dal ricorrente, la Corte d’appello non ha reputato contraddittorie le versioni fornite dai testi suindicati, ma ha, al contrario, evidenziato che il teste d’NOME COGNOMEa tutto voler concedere, ha visto e annotato meno di quanto abbiano vito e ricordato gli altri condomini, ma in ogni caso ha confermato che il Letto, almeno in due o tre occasioni, aveva scaricato rifiuti ferrosi sulla corsia comune dei garages”.
In ogni caso, il motivo di ricorso così formulato si presenta aspecifico in quanto non dettaglia le aporie logiche in cui sarebbe incorsa la motivazione.
2.La doglianza concernente la GLYPH mancata GLYPH rinnovazione dell’istruzione dibattimentale è infondata.
2.1. In premessa il Collegio evidenzia che, seppure l’articolo 603, comma 3 bis, cod. proc. pen., preveda l’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria «nel caso di appello del publico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa», questa Corte ha ritenuto che «il giudice di appello che riformi, anche su impugnazione della sola parte civile e ai soli effetti civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare, anche d’ufficio, l’istruzione dibattimentale» (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281228- 01; Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267409; Sez. 5, n. 15259 del 18/02/2020, COGNOME, Rv. 279255 – 01; Sez. 5, n. 15259 del 18/02/2020, Rv. 279255 – 01; Sez. 5, n. 32854 del 15/04/2019, COGNOME, Rv. 277000 – 01), precisando in motivazione che la disposizione dell’art. 603, comma 3 -bis cod. proc. pen., introdotta dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, pur prescrivendo l’obbligo di rinnovazione istruttoria nel giudizio d’appello se celebrato su impugnazione del pubblico ministero, non ha inteso escludere la sussistenza di un identico obbligo nel caso di impugnazione della sola parte civile e che tale interpretazione corrisponde al principio di ragionevolezza delle scelte normative che ispira l’art. 3 della Costituzione.
Va, altresì ribadito il principio affermato da questa Corte, che conserva validità anche alla luce della nuova disposizione di cui al comma 3 bis cod. proc. Pen., che il predetto obbligo di rinnovazione l’istruttoria dibattimentale si riferisce alla diversa valutazione probatoria di una fonte dichiarativa decisiva. – principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489), e, pertanto, non riguarda tutte le prove dichiarative
assunte in primo grado – che porterebbe ad un’automatica ed irragionevole dilatazione dei tempi processuali – ma solo quelle che, secondo le ragioni specificatamente prospettate nell’atto di impugnazione, siano state oggetto di erronea valutazione da parte del giudice di primo grado e siano ritenute decisive ai fini della valutazione di responsabilità ai fini dello scioglimento dell’alternativa “proscioglimento-condanna” (vedi, ancora, sul punto, Sez. U, n. 14800/2018, cit.) ovvero quelle prove che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull’esito del giudizio. (Sez. 1, n. 12928 del 07/11/2018 – dep. 25/03/2019, P, Rv. 276318; Sez. 1, n. 35696 del 27/03/2019 – dep. 06/08/2019, Selvaggio, Rv. 276825).
A supporto di tale ricostruzione milita la locuzione contenuta nell’art. 3- bis («il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale») letta in combinato disposto quelle – del tutto identiche sul piano lessicale – già utilizzate nei primi tre commi della medesima disposizione normativa.
2.2.Tali precisazioni consentono di valutare le doglianze difensive espresse dal Letto nella seconda pagina del ricorso in cui deduce che ” ad ogni buon conto la Corte d’appello nonostante abbia ritenuto non condivisibili le argomentazioni del primo giudice in merito alla responsabilità dell’imputato emerse nel corso del processo di primo grado non ha inteso approfondire la questione disponendo una rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale proprio al fine di chiarire eventuali contraddizioni colte a suo dire nelle motivazioni della sentenza”
Le censure sul punto sono infondate poiché omettono di considerare la Corte d’appello ha riformato l’assoluzione non in ragione di una diversa valutazione di dichiarazioni decisive, ma sulla base di considerazioni in diritto diverse da quelle addotte a sostegno dell’esito assolutorio.
Giova, infatti rimarcare che mentre il giudice di prime cure ha ritenuto provata la circostanza che il Letto avsse trasportato e sversato rifiuti speciali, ma ha assolto l’imputato in ragione “del mancato raggiungimento della prova in ordine alla mancanza di autorizzazione”, la Corte d’appello, reputando erroneo il ragionamento giuridico effettuato dal Tribunale, ha ritenuto sussistente l’elemento costitutivo della fattispecie della carenza di autorizzazione in applicazione del principio di diritto secondo il quale la prova dei fatti negativi non può essere data, mentre può essere data quella del fatto positivo contrario; la Corte d’appello ha testualmente affermato che: «giammai la pubblica accusa avrebbe potuto/dovuto dare prova della mancanza in capo al prevenuto della autorizzazione al trasporto ed alla gestione di rifiuti dei quali il medesimo imputato, in concreto, è risultato trasportatore e gestore nelle forme anzidette, in quanto prova negativa presupposta ontologicamente dalle contestazioni e suscettibile semmai di essere superata solo ed esclusivamente dalla
dimostrazione liberatoria proveniente dall’interessato della legittimità anche amministrativa del proprio operato».
Il ricorrente non ha dedotto alcunché sul punto, limitandosi a sostenere la generica necessità di rinnovazione istruttoria in appello.
Risulta evidente, quindi, la diversità della fattispecie da quella disciplinata dall’art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. e l’assenza di ragioni per ritenere
necessario che nel giudizio di appello si dovesse rinnovare l’ascolto dei testimoni.
In ogni caso anche a voler ritenere diversamente, e quindi accedere alla tesi prospettata dal ricorrente in merito all’applicabilità della disposizione da ultimo
citata, il motivo non meriterebbe accoglimento posto che nel ricorso non si chiarisce di quali prove si chiede la rinnovazione, ovvero quali prove dichiarative
siano state oggetto di erronea valutazione da parte del giudice di secondo grado e le ragioni della loro “decisività” per la valutazione di responsabilità, punto che
avrebbe dovuto essere indicato con accuratezza soprattutto in un contesto processuale caratterizzato da elementi ulteriori rispetto alle sole dichiarazioni
quali la visione dei documenti audiovisivi e fotografici, il servizio di osservazione svolto dal m.11o COGNOME e gli esiti degli accertamenti da lui effettuati circa la posizione di dipendente del Letto presso le ditte di cui al capo d’imputazione.
3.Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in data 29/05/2025
Il Consigliere estensore