Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 28194 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 28194 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LECCE il 28/02/1946 avverso la sentenza del 18/06/2024 della Corte d’appello di L’aquila Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore generale, in persona del Sostituto dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore della parte civile NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di L’Aquila, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato, limitatamente al trattamento sanzionatorio, la pronuncia con la quale il 12 aprile 2022 il Tribunale di Teramo aveva dichiarato COGNOME NOME responsabile del reato previsto dall’art. 186, commi 2 lett. b) e 2 -bis , d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285 per essersi posto alla guida dell’autovettura Jeep Gran Cherokee in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico pari a 1,24 g/l alle ore 19:10 e 1,26 g/l alle ore 19:20, con l’aggravante di aver causato un sinistro stradale. In Pineto l’8 maggio 2021.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione degli artt. 84, comma 1, e 590 bis , comma 4, cod. pen. in riferimento al contestato reato, dovendo applicarsi alla fattispecie la disciplina del reato complesso in ragione della sopravvenuta contestazione nei confronti del medesimo imputato del reato di cui all’art. 590 bis , comma 4, cod. pen. aggravato dallo stesso fatto storico. La difesa deduce che in data 13 settembre 2024, dunque non in tempo utile per sottoporre la doglianza al giudice di appello, è stato notificato al ricorrente decreto di citazione diretta a giudizio per il reato di cui all’art. 590 bis , comma 4, cod. pen., in cui è contestata la circostanza aggravante dell’aver cagionato lesioni stradali in stato di ebbrezza derivante dall’uso di bevande alcoliche con riferimento al medesimo fatto storico oggetto del presente processo. Chiede, dunque, che la sentenza impugnata sia annullata senza rinvio, essendo necessaria l’applicazione della disciplina del reato complesso con esclusione dell’applicabilità di quella generale sul concorso di reati.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 379 d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada) e 186 cod. strada e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla regolarità dell’apparecchio utilizzato per l’accertamento dello stato di ebbrezza. La difesa contesta la motivazione del provvedimento impugnato, nel quale la Corte ha sottolineato come la difesa non avesse fornito alcun elemento per poter ritenere che lo strumento per la misurazione del tasso alcolemico non fosse stato sottoposto a revisione o comunque presentasse un difetto di funzionamento. Secondo la difesa tale motivazione non è in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale spetta all’accusa dimostrare che la misurazione del tasso alcolemico sia stata eseguita con uno strumento ben funzionante, come si desume dalla necessità che in base all’art. 379 del Regolamento di esecuzione l’etilometro sia omologato e sottoposto a verifiche e prove preventive.
Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 192 cod. proc. pen., 379 d.P.R. n. 495/1992 e 186 cod. strada e mancanza o manifesta illogicità della motivazione nel punto in cui si è ritenuto accertabile lo stato di ebbrezza in base ai soli elementi sintomatici. La difesa illustra le ragioni per le quali non sia possibile affermare la guida in stato di ebbrezza nei casi come quello in esame, in cui l’unico dato sintomatico accertato dagli agenti è l’alito fortemente vinoso.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria difensiva e memoria di replica alla requisitoria scritta del Procuratore generale.
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. lgs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La questione relativa alla sussistenza della preclusione processuale conseguente alla pendenza di un procedimento nel quale è contestato, come circostanza aggravante, il medesimo fatto oggetto del presente processo, dedotta sotto il profilo del vizio di violazione degli artt.84, comma 1, e 590 bis , comma 4, cod. pen. e di motivazione, è generica e manifestamente infondata.
Dalla pronuncia della Corte di appello qui impugnata non è, infatti, in alcun modo desumibile la negazione del principio secondo il quale «la condotta di guida in stato di ebbrezza alcolica costituisce circostanza aggravante dei delitti di omicidio stradale e di lesioni stradali gravi o gravissime, dovendosi conseguentemente escludere, in applicazione della disciplina del reato complesso, che gli stessi possano concorrere con la contravvenzione di cui all’art. 186 cod. strada» (Sez. 4, n. 50325 del 10/10/2018, K., Rv. 274050 -01), ove si consideri che nel presente procedimento è in contestazione la sola violazione dell’art. 186 cod. strada.
Il caso neppure può ritenersi sussumibile nell’ambito di applicazione dell’art. 649 cod. proc. pen., invero non dedotto, data l’insussistenza di una precedente pronuncia irrevocabile rispetto alla quale la sentenza impugnata potrebbe rappresentare un caso di violazione del divieto di bis in idem .
Neppure è dedotta la sussistenza nel caso di specie della preclusione da litispendenza, che per coerenza con la giurisprudenza di questa Corte avrebbe dovuto evidenziare la contestuale pendenza di due procedimenti dinanzi a giudici egualmente competenti e la successione cronologica del presente procedimento rispetto all’altro. Invero, come affermato da Sez. U COGNOME (n. 34655 del 28/06/2005, Rv. 231800 -01), il principio generale del ne bis in idem riguarda le situazioni di litispendenza non riconducibili nell’ambito dei conflitti di competenza di cui all’art. 28 cod. proc. pen. e opera in caso di pluralità di procedimenti pendenti per lo stesso fatto e nei confronti dello stesso soggetto dinanzi a un medesimo
ufficio giudiziario. Ciò per l’ovvia ragione che l’ordinamento appresta rimedi specifici (quelli previsti, appunto, dall’art. 28 cit.) per l’ipotesi che due procedimenti, aventi il medesimo oggetto e riguardanti lo stesso imputato, siano pendenti dinanzi a uffici diversi, sicché non ricorre la necessità – per ovvie ragioni di economicità e di tutela degli interessi dell’accusato – di fare applicazione del principio della preclusione processuale.
Si è, pertanto, affermato che la preclusione posta dall’art. 649 cod. proc. pen. impedisce di esercitare l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del pubblico ministero, essendosi ormai consumato il potere già esercitato da tale ufficio, con la conseguenza che l’azione penale non possa proseguire nel procedimento eventualmente duplicato. Dovrà essere, dunque, il secondo giudice a verificare il vietato bis in idem .
2. Il secondo motivo è infondato.
La Corte territoriale, dopo aver richiamato la più recente giurisprudenza di legittimità, ha osservato come nel caso concreto la difesa non avesse fornito alcun elemento dal quale desumere l’omessa revisione o, più in generale, un difetto di funzionamento; ha, anzi, evidenziato la piena coerenza dei dati emergenti dall’analisi mediante etilometro con le misurazioni effettuate in precedenza mediante il precursore Alco-Blow in dotazione alla Polizia Locale.
La pronuncia è conforme a un condiviso e ormai consolidato orientamento interpretativo di questa Sezione, in cui si afferma che, per porre in discussione il corretto rispetto della procedura di omologazione e revisione dell’etilometro, è necessario che la difesa alleghi quantomeno un elemento dal quale possa emergere il dubbio circa il funzionamento dell’apparecchio (Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, COGNOME, Rv. 281828 -01). Si è, in particolare, affermato che «in tema di guida in stato di ebbrezza, il pubblico ministero ha l’onere di fornire la prova dell’omologazione dell’etilometro e della sua sottoposizione alle verifiche periodiche previste dall’art. 379 reg. esec. cod. strada, nel solo caso in cui l’imputato abbia allegato elementi idonei a contestare l’effettuazione di tali adempimenti, non essendo sufficiente, a tal fine, la mera richiesta del predetto di essere portato a conoscenza dei dati relativi all’omologazione e alla revisione periodica dello strumento» (Sez. 4, n. 26281 del 29/05/2024, COGNOME, Rv. 286500 -01).
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
L’ampia dissertazione svolta dalla difesa presuppone l’inutilizzabilità dell’accertamento del tasso alcolemico mediante etilometro, ma l’infondatezza del
secondo motivo di ricorso rende congrua la motivazione con la quale, a pag.6 della sentenza, la Corte di appello ha evidenziato l’infondatezza della contestazione difensiva, non essendo stato addotto alcun elemento di prova volto a porre nel nulla gli esiti dell’accertamento tecnico mediante etilometro. La pronuncia di condanna non si fonda, dunque, sul solo dato sintomatico dell’alito vinoso ma anche sul dato tecnico del livello di tasso alcolemico registrato dall’etilometro Alcol Test n.7110 MK III in uso alla Polizia Stradale.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore della parte civile NOME COGNOME liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità alla parte civile, liquidate in euro tremila, oltre accessori come per legge. Così è deciso, 03/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente COGNOME