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Onere della prova etilometro: la Cassazione decide

Un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza ha presentato ricorso in Cassazione, contestando il corretto funzionamento dell’etilometro. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l’esito positivo del test è prova sufficiente della colpevolezza. Spetta all’imputato l’onere della prova etilometro, ossia dimostrare con allegazioni specifiche e concrete eventuali vizi dello strumento, come la mancanza di omologazione o di revisione periodica. In questo caso, la testimonianza di un agente sulla regolare verifica annuale del dispositivo è stata ritenuta sufficiente a rigettare le doglianze generiche della difesa.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Onere della Prova Etilometro: A Chi Spetta Dimostrare il Malfunzionamento?

La guida in stato di ebbrezza è un reato grave e l’etilometro è lo strumento principe per accertarla. Ma cosa succede se la sua affidabilità viene messa in discussione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un punto cruciale: l’onere della prova etilometro. Vediamo come i giudici hanno stabilito a chi spetta il compito di dimostrare un eventuale difetto dell’apparecchio, fornendo un’indicazione chiara per tutti gli automobilisti e i loro difensori.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un automobilista, condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’articolo 186 del Codice della Strada. La sua difesa si basava su un punto specifico: il mancato accertamento della corretta omologazione, taratura e funzionamento dell’etilometro utilizzato durante il controllo. Secondo il ricorrente, questa incertezza avrebbe dovuto portare all’annullamento della condanna per violazione di norme processuali e per vizi di motivazione della sentenza d’appello.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Onere della Prova Etilometro

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno chiarito che l’approccio della difesa era errato. Non è sufficiente sollevare un dubbio generico sull’affidabilità dello strumento. Il principio cardine, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è che l’esito positivo dell’alcoltest costituisce di per sé prova dello stato di ebbrezza. Di conseguenza, l’onere della prova etilometro si inverte: non è l’accusa a dover dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, il perfetto funzionamento dell’apparecchio in ogni singola occasione, ma è l’imputato a dover provare il contrario.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando come la Corte d’Appello avesse correttamente valutato le prove. In particolare, è stata considerata decisiva la testimonianza dell’agente di Polizia che aveva effettuato il controllo. L’agente aveva dichiarato in dibattimento che l’etilometro era sottoposto a regolare verifica annuale, come attestato dal registro interno dell’ufficio. Questa testimonianza è stata ritenuta sufficiente a superare le generiche contestazioni della difesa. I giudici hanno ribadito che, per invalidare l’accertamento, la difesa deve fornire ‘idonee allegazioni’. Ciò significa dimostrare concretamente la sussistenza di vizi o errori dello strumento, oppure la mancanza di omologazione o l’assenza delle verifiche periodiche prescritte dalla legge. Mere supposizioni o contestazioni generiche non hanno alcun valore probatorio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Chi viene fermato e risulta positivo all’alcoltest non può sperare di ottenere un’assoluzione semplicemente mettendo in dubbio l’affidabilità dell’etilometro. Per avere successo, una strategia difensiva deve basarsi su elementi concreti e documentati. Sarà necessario, ad esempio, richiedere l’accesso agli atti per verificare i certificati di omologazione e le registrazioni delle manutenzioni periodiche dell’apparecchio. Solo dimostrando una specifica anomalia o una violazione delle procedure di controllo si potrà efficacemente contestare il risultato del test e, di conseguenza, la propria responsabilità penale.

A chi spetta l’onere di provare il malfunzionamento dell’etilometro?
Spetta all’imputato. Secondo la Corte di Cassazione, l’esito positivo dell’alcoltest è considerato prova dello stato di ebbrezza. È quindi compito della difesa dimostrare, con prove concrete, l’esistenza di vizi dello strumento, errori procedurali o la mancanza delle verifiche periodiche obbligatorie.

La testimonianza di un agente di polizia sulle verifiche dell’etilometro è sufficiente in un processo?
Sì. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto sufficiente la testimonianza di un agente che ha confermato l’avvenuta verifica annuale dell’apparecchio, come risultante da un registro interno, per rigettare le contestazioni generiche della difesa.

È possibile contestare una multa per guida in stato di ebbrezza sollevando un dubbio generico sull’affidabilità dell’etilometro?
No. La Corte ha stabilito che le contestazioni devono essere specifiche e supportate da elementi concreti. Sollevare dubbi generici senza fornire prove di vizi specifici dello strumento o della sua omologazione è una strategia difensiva destinata al fallimento, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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