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Onere della prova etilometro: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21474/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza. L’imputato contestava l’affidabilità dell’etilometro per mancata prova della taratura. La Corte ha ribadito che l’esito positivo del test è prova sufficiente, e spetta alla difesa l’onere della prova etilometro, ossia dimostrare concretamente il suo malfunzionamento o l’assenza dei controlli periodici.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Onere della Prova Etilometro: La Cassazione Spiega Chi Deve Dimostrare il Malfunzionamento

Nel contesto dei reati di guida in stato di ebbrezza, una delle difese più comuni riguarda la presunta inaffidabilità dell’etilometro. Tuttavia, a chi spetta dimostrare che il test non è attendibile? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa chiarezza, definendo in modo netto l’onere della prova etilometro e stabilendo principi cruciali per la difesa dell’imputato.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un automobilista condannato sia in primo grado che in appello per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato ai sensi dell’art. 186 del Codice della Strada. La condanna si basava sull’esito positivo dell’alcoltest.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico motivo: un vizio di motivazione riguardo all’attendibilità del test. Nello specifico, si lamentava che non vi fosse prova della corretta e recente taratura dello strumento utilizzato per l’accertamento, mettendo in dubbio la validità del risultato.

L’Onere della Prova Etilometro secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Nel farlo, ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza. L’esito positivo dell’alcoltest costituisce di per sé prova della condizione di ebbrezza del conducente.

Questo perché l’affidabilità dell’etilometro è presunta. Tale presunzione deriva dal fatto che lo strumento, prima di essere utilizzato, deve superare un processo di omologazione e, successivamente, essere sottoposto a controlli periodici di taratura che ne verificano il perdurante e corretto funzionamento.

La conseguenza diretta di questo principio è un’inversione dell’onere della prova etilometro: non è l’accusa a dover dimostrare, caso per caso, che lo strumento era perfettamente funzionante, ma è la difesa a dover fornire la prova contraria. L’imputato che intende contestare il risultato del test deve quindi assumere un ruolo attivo, dimostrando che i controlli prescritti erano assenti o non aggiornati.

Come Fornire la Prova Contraria?

La Corte indica anche le modalità concrete attraverso cui la difesa può adempiere a tale onere. Non basta una semplice e generica contestazione. È necessario fornire elementi specifici, ad esempio:

1. Chiedendo l’escussione del dirigente del reparto delle forze dell’ordine addetto ai controlli sulla strumentazione.
2. Producendo una copia del libretto metrologico dell’etilometro, dal quale si potrebbe evincere la mancanza delle verifiche periodiche.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sulla necessità di non gravare l’accusa di una prova che risulterebbe eccessivamente onerosa e superflua, data l’esistenza di un sistema di controlli preventivi e periodici sugli strumenti. L’affidabilità dell’etilometro è una presunzione legale relativa, che può essere superata, ma solo attraverso prove concrete fornite dalla parte interessata, ovvero l’imputato. Il ricorso è stato quindi giudicato inammissibile perché la difesa si era limitata a una contestazione generica, senza allegare alcuna prova specifica a sostegno della tesi del malfunzionamento o della mancata taratura.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. Per chi si trova ad affrontare un’accusa di guida in stato di ebbrezza, non è sufficiente dubitare genericamente dell’accuratezza dell’alcoltest. È indispensabile che la strategia difensiva si basi su una richiesta attiva di accesso agli atti, come il libretto di manutenzione dello strumento, per verificare la regolarità dei controlli. Solo dimostrando una specifica anomalia procedurale o tecnica sarà possibile incrinare il valore probatorio del test e sperare in un esito favorevole del processo. La semplice affermazione che la taratura non è stata provata è, secondo la Cassazione, una difesa destinata a fallire.

È sufficiente l’esito positivo dell’etilometro per una condanna per guida in stato di ebbrezza?
Sì, secondo l’ordinanza, l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza, in virtù della presunta affidabilità dello strumento garantita da omologazione e controlli periodici.

A chi spetta dimostrare che l’etilometro funziona correttamente?
Spetta alla difesa dell’imputato l’onere di fornire la prova contraria. La corretta funzionalità è presunta; pertanto, è l’imputato che deve dimostrare attivamente l’assenza o l’irregolarità dei controlli periodici di taratura.

Come può un imputato contestare efficacemente il risultato dell’etilometro?
L’imputato deve fornire prove concrete, come la richiesta di testimonianza del responsabile dei controlli o la produzione in giudizio del libretto metrologico dello strumento, per dimostrare che le verifiche obbligatorie non sono state eseguite o sono scadute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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