Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4554 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4554  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CANTON NOME NOME NOME VICENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di COGNOME ha confermato la sentenza del Tribunale di Vicenza del 22 aprile 2022, con cui Canton NOME era stato condanNOME alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi quattro di arresto ed euro millequattrocento di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) e 2-sexies, C.d.S..
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione in ordine al ritenuto regolare funzionamento dell’etilometro.
2.2. Violazione di legge con riferimento all’art. 131 bis cod. pen..
Preliminarmente, va ricordato che l’omologazione e le verifiche periodiche dell’etilometro sono espressamente previste dall’art. 379, commi 6, 7 e 8, Reg. esec. C.d.S., approvato con d.P.R. 16 novembre 1992, n. 495.
Come affermato dal consolidato orientamento di questa Corte, anche nel caso del giudizio penale per guida in stato d’ebbrezza ex art. 186, co. 2, CDS, nell’ambito del quale assuma rilievo la misurazione del livello di alcool nel sangue mediante etilometro, all’attribuzione dell’onere della prova in capo all’accusa circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, deve fare riscontro un onere di allegazione da parte del soggetto accusato, il quale deve dimostrare la sussistenza di vizi o errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione ovvero vizi correlati all’omologazione dell’apparecchio o l’assenza o l’inattualità dei controlli prescritti dalla legge, non essendo sufficiente dedurre la difettosità dell’apparecchio (Sez. 4, n. 46146 del 13/10/2021, COGNOME, Rv. 282550; Sez. 4, n. 7285 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280937; Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278032).
Si è altresì precisato che l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza – stante l’affidabilità di tale strumento in ragione dei controlli periodic rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all’omologazione e alla taratura – con la conseguenza che è onere della difesa dell’imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l’assenza o l’inattualità dei prescritti controlli, tramite l’escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o produzione di copia del libretto metrologico dell’etilometro (Sez. 4, n. 46841 del 17/12/2021, COGNOME, Rv. 282659; Sez. 4, n. 25742 del 04/03/2021, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 11679 del 15/12/2020, dep. 2021, Ibnezzayer, Rv. 280958).
L’onere a carico del pubblico ministero di fornire la prova dell’omologazione dell’etilometro e della sua sottoposizione alle verifiche periodiche previste dalla legge è configurabile nel solo caso in cui l’imputato abbia assolto all’onere di allegazione avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell’apparecchio, e che non può risolversi nella richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all’omologazione e alle revisioni, non avendo tali dati di per sé rilievo probatorio ai fini dell’accertamento dello stato di ebbrezza (Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, COGNOME, Rv. 281828).
Il fatto che siano prescritte, dall’art. 379 Reg. esec. C.d.S., l’omologazione e la periodica verifica dell’etilometro non significa, dunque, che, a sostegno dell’imputazione, l’accusa debba immediatamente corredare i risultati della rilevazione etilometrica coi dati relativi all’esecuzione di tali operazioni: tali dati (in quanto rifer attività necessariamente prodromiche al momento della misurazione del tasso alcolemico sull’imputato) non hanno di per sé rilievo probatorio ai fini dell’accertamento dello stato di ebbrezza dell’imputato.
Perciò è del tutto fisiologico che la verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell’art. 379 cit. sia sollecitata dall’imputato, che ha all’uopo un onere di allega zione volto a contestare la validità dell’accertamento eseguito nei suoi confronti, che non può risolversi – come nel caso che ci occupa – nella mera richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all’omologazione ed alla revisione periodica dello strumento, ma deve concretizzarsi nell’allegazione di un qualche dato che possa far ritenere che tale omologazione e/o revisione possa essere avvenuta (Sez. 4, n. 3939 del 12/01/2021, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 35951 del 25/11/2020, COGNOME, non massimata).
Nella fattispecie in esame, la Corte di appello ha adeguatamente chiarito che non sussistevano elementi per dubitare della regolarità dell’omologazione e della revisione dell’apparecchio oppure della mancata esecuzione dell’alcoltest nel rispetto delle istruzioni d’uso. Si è evidenziato che anche la teste COGNOME NOME non aveva apportato spunti utili al riguardo.
Il percorso argomentativo adottato dai giudici è congruo e coerente coi dati di fatto esposti. Dovendosi la prova della conoscenza desumere necessariamente da elementi di fatto, la Corte ha analizzato i precisi dati emersi net corso dell’istruttori e ne ha tratto un giudizio inferenziale che, in quanto non illogico e contraddittorio, non può essere censurato in questa sede di legittimità.
Di contro le doglianze mosse del ricorrente non colgono nel segno, in quanto egli si limita a reiterare le censure, tutte rientrati nell’orbita di doglianze di merito, ome tendo di confrontarsi con l’ampio apparato argomentativo illustrato nella sentenza impugnata e senza allegare elementi a sostegno del proprio assunto, in violazione
del principio di autosufficienza (vedi il mancato deposito della testimonianza della COGNOME).
In ordine al secondo motivo di ricorso, va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il giudizi sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 de 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incrimiNOME, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275940).
Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei principi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivi, l’elevato tasso alcolemico e il comportamento antecedente al controllo (fuga repentina ed inseguimento).
Si tratta di circostanze indiscutibilmente significative che rientrano tra i parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen..
L’imputato si limita a sminuire la rilevanza della propria condotta, senza confrontarsi con i dati fattuali illustrati dalla Corte fiorentina, ritenuti decisivi al fine di il beneficio richiesto.
Peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata risulta del tutto congrua ed adeguata anche a seguito delle modifiche all’istituto dell’art. 131 bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024.