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Onere della prova etilometro: la Cassazione chiarisce

Un automobilista, condannato per guida in stato di ebbrezza, ha impugnato la sentenza contestando il funzionamento dell’apparecchio di misurazione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, specificando che l’onere della prova etilometro grava sull’imputato, il quale deve allegare elementi concreti e specifici di malfunzionamento, non potendosi limitare a una contestazione generica. La Corte ha inoltre confermato la non applicabilità della causa di non punibilità per tenuità del fatto a causa dell’elevato tasso alcolemico e della condotta dell’imputato.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Onere della prova etilometro: la Cassazione stabilisce i doveri dell’imputato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 4554 del 2024, offre un importante chiarimento sul tema dell’onere della prova etilometro nei procedimenti per guida in stato di ebbrezza. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: spetta all’imputato non solo contestare, ma anche fornire elementi specifici per dubitare del corretto funzionamento dell’apparecchio, non essendo sufficiente una generica opposizione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un automobilista, emessa dal Tribunale di Vicenza e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Venezia, per il reato di guida in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186 del Codice della Strada. La condanna si basava sui risultati dell’alcoltest, che avevano evidenziato un tasso alcolemico superiore ai limiti di legge.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. Un presunto vizio di motivazione riguardo al regolare funzionamento dell’etilometro utilizzato per l’accertamento.
2. La violazione di legge per la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto infondate entrambe le doglianze, confermando la solidità del percorso argomentativo seguito nei precedenti gradi di giudizio e fornendo preziose indicazioni sui principi che regolano la materia.

Le Motivazioni: l’onere della prova etilometro a carico dell’imputato

Il punto centrale della decisione riguarda la ripartizione dell’onere della prova etilometro. La Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento, secondo cui l’esito positivo dell’alcoltest costituisce piena prova dello stato di ebbrezza, data l’affidabilità presunta dello strumento, garantita dalle procedure di omologazione e verifica periodica previste dalla legge (art. 379 Reg. esec. C.d.S.).

Di conseguenza, non è l’accusa a dover dimostrare preventivamente il perfetto funzionamento dell’apparecchio in ogni singolo processo. Al contrario, sorge in capo all’imputato un onere di allegazione specifica. Ciò significa che la difesa deve:
Contestare la validità dell’accertamento non in modo generico, ma dimostrando la sussistenza di vizi o errori concreti.
Addurre elementi specifici, come malfunzionamenti evidenti durante la prova, vizi relativi all’omologazione, o la mancanza delle verifiche periodiche prescritte.

La semplice richiesta di essere messo a conoscenza dei dati di omologazione e revisione, come avvenuto nel caso di specie, non è sufficiente a invertire l’onere della prova e a far sorgere dubbi sulla validità del test. Nel caso esaminato, la difesa non ha fornito alcun elemento concreto a sostegno della tesi del malfunzionamento, rendendo la sua doglianza una mera censura di merito, non ammissibile in sede di legittimità.

Le Motivazioni: l’inapplicabilità della particolare tenuità del fatto

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131 bis c.p. fosse corretta e adeguatamente motivata.
La valutazione sulla tenuità del fatto, infatti, è una valutazione complessa che tiene conto di tutti gli indici previsti dall’art. 133 c.p.. Nel caso specifico, due elementi sono stati considerati decisivi per escludere il beneficio:
1. L’elevato tasso alcolemico riscontrato.
2. Il comportamento antecedente al controllo, caratterizzato da una “fuga repentina ed inseguimento”.

Queste circostanze, secondo la Corte, delineano una condotta di una certa gravità, incompatibile con il requisito della particolare tenuità dell’offesa.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica. Per la difesa, significa che una strategia processuale basata sulla contestazione dell’etilometro deve essere supportata da prove concrete e allegazioni specifiche. Non è più sufficiente una generica messa in discussione dello strumento per sperare di invalidare la prova. È necessario un lavoro di indagine difensiva volto a reperire elementi oggettivi che possano minare l’affidabilità dell’accertamento. Per i cittadini, la sentenza ribadisce la piena validità probatoria dell’alcoltest, a meno che non emergano circostanze fattuali precise che ne mettano in dubbio l’accuratezza.

A chi spetta l’onere di provare il malfunzionamento dell’etilometro?
Risposta: L’onere iniziale spetta all’imputato. Non basta contestare genericamente il risultato; l’imputato deve allegare fatti specifici che suggeriscano un vizio dello strumento o del metodo di misurazione. Solo a quel punto scatta l’onere del pubblico ministero di fornire la prova contraria.

È sufficiente chiedere di vedere il certificato di omologazione e revisione per invalidare il test?
Risposta: No. Secondo la Corte, la mera richiesta di visionare i dati di omologazione e revisione non è sufficiente a contestare la validità dell’accertamento, ma deve essere accompagnata dall’allegazione di un dato specifico che faccia dubitare della regolarità di tali procedure.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
Risposta: La Corte ha ritenuto che non fosse applicabile a causa di due elementi decisivi: l’elevato tasso alcolemico riscontrato e il comportamento dell’imputato prima del controllo, caratterizzato da una fuga e un inseguimento, che indicano una gravità della condotta non compatibile con la “particolare tenuità”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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