Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25151 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25151 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PADOVA il 15/07/1990
avverso la sentenza del 08/07/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 186, commi 1, 2, lett. c), 2-bis e 2-sexies, d.lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285 (con tasso alcolemico accertato, all’esito di due misurazioni, pari a 2 g/I e 1,97 g/l).
Nell’interesse dell’imputata è stato proposto ricorso fondato su tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo si deduce vizio cumulativo di motivazione per aver la Corte territoriale ritenuto che all’onere della prova in capo all’accusa, circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, faccia riscontro un onere di diligenza da parte del soggetto accusato avente a oggetto la contestazione del buon funzionamento dell’apparecchio.
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’error in procedendo che avrebbe commesso il giudice d’appello nell’aver rigettato il concordato raggiunto dalle parti ex art. 599-bis cod. proc. pen. e successivamente, alla stessa udienza (partecipata) dell’8 luglio 2024, invitato le stesse a discutere ma senza concedere loro un termine per l’eventuale deposito di un diverso concordato, nonché, all’esito, deliberato la sentenza. Dall’omessa concessione di un termine alle parti per l’eventuale deposito di un nuovo concordato sarebbe derivata una nullità d’ordine generale a regime intermedio.
2.3. Con il terzo motivo si deduce l’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., avendo la Corte territoriale escluso la particolare tenuità del fatto ritenendo a tal fine dirimente l’entità del riscontrato tasso alcolemico, discostandosi esso notevolmente dal limite inferiore previsto dalla norma incriminatrice.
La ) ) rocura generale e la difesa dell’imputata hanno concluso per iscritto chiedendo, rispettivamente, l’inammissibilità e l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso, complessivamente considerato, è infondato.
In ragione della sua astratta portata pregiudiziale, è preliminare la trattazione del secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce l’error in
procedendo che avrebbe commesso il giudice d’appello nell’aver, all’udienza (partecipata) dell’8 luglio 2024, rigettato il concordato raggiunto dalle parti ex art. 599-bis cod. proc. pen. e invitato le stesse a discutere, senza un termine per il deposito di un eventuale nuovo concordato, nonché, all’esito, deliberato la sentenza.
In tesi difensiva, il giudice d’appello, rigettato il concordato nell’udienza partecipata, avrebbe dovuto rinviare la trattazione del processo dando così alle parti un termine (nella specie non richiesto) per un’eventuale deposito di un diverso concordato dalle stesse eventualmente raggiunto. Ciò avrebbe determinato una nullità di ordine generale a regime intermedio (sul punto la difesa fa esplicito riferimento al precedente di legittimità costituito da Sez. 5, n 47574 del 2019).
2.1. La censura è infondata.
2.2. Sul punto, mutuando l’iter logico-giuridico sotteso a Sez. 4, n. 10897 del 29/01/2025, COGNOME, Rv. 287790 – 01, deve evidenziarsi quanto segue.
I commi 3 e 3-bis dell’art. 599-bis, cod. proc. pen, nella formulazione ratione temporis applicabile, commi, rispettivamente, sostituito e introdotto dall’art. 34, comma 1, lett. f, nn. 2-3, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore dal 30 dicembre 2022, prevedono quanto segue. «Quando procede nelle forme di cui all’articolo 598-bis, la corte, se ritiene di non poter accogliere la richies concordata tra le parti, dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione di queste e indica se l’appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall’articolo 127. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato alle altre parti. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte in udienza . Quando procede con udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, la corte, se ritiene di non poter accogliere la richiesta concordata tra le parti, dispone la prosecuzione del giudizio ».
La nuova disciplina prevede dunque, con due alternative modalità a seconda che il giudizio sia svolto nelle forme camerali non partecipate ovvero con udienza con la partecipazione delle parti, la possibilità di riproporre il concordato non accolto.
La novella segue il precedente orientamento giurisprudenziale sul punto ma maturato nella vigenza del comma 3 dell’art. 599-bis, nella precedente formulazione, e dei commi 1-bis e 2 dell’art. 602 cod. proc. pen., poi abrogati nell’ambito del complessivo riassetto dell’istituto. A mente del detto orientamento è nulla, ai sensi degli artt. 178, lett. b) e c), e 180 cod. proc. pen., la sentenza pronunciata immediatamente dopo il rigetto dell’accordo proposto dalle parti, senza che il giudice abbia disposto la prosecuzione del dibattimento,
come previsto dall’art. 602, comma 1-bis, cod. proc. pen., atteso che, in tal modo, risulta impedita alle parti la discussione e la formulazione delle conclusioni nel merito (Sez. 6, n. 17875 del 22/04/2022, M., Rv. 283464, in motivazione; Sez. 5, n. 47574 del 02/07/2019, P., Rv. 277546 – 01).
La Suprema Corte ha chiarito che anche nell’attuale formulazione normativa, al rigetto della proposta di concordato sulla pena, debba seguire la discussione nel merito ovvero, eventualmente, la riproposizione di una nuova e diversa richiesta ex art. 599-bis cod. proc. pen., avuto riguardo alla chiara ratio legis di incentivare la definizione anticipata del giudizio di appello, rafforzando gli spazi di negozialità. In tali termini si veda Sez. 2, n. 45287 del 17/10/2023, COGNOME, Rv. 285347 – 01. Con tale sentenza però, nella specie, è stata ritenuta evidente l’assenza di violazione dell’interesse dell’imputato ad accedere a un trattamento sanzionatorio di favore e comunque a dispiegare nella maniera più ampia il proprio diritto di difesa (con conseguente impossibilità di deduzione della relativa nullità), in quanto il difensore, durante l’udienza di discussione aveva concluso anche nel merito, riportandosi ai motivi di appello in caso di mancato accoglimento della proposta. Queste richieste, pur in via subordinata, d’altronde, sono risultate alla citata Suprema Corte altresì tali da escludere implicitamente, ma chiaramente – qualsiasi volontà di presentare un ulteriore concordato, qualora il primo non avesse sortito esito positivo.
Ne è conseguito, per la citata Sentenza «Alfano», che, mutatis mutandis, nella vigenza dell’art. 599-bis cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore dal 30 dicembre 2022, è nulla, ai sensi degli artt. 178, lett. b) e c), e 180 cod. proc. pen., la sentenza che rigetti l’accordo proposto dalle parti senza che esse abbiano discusso in sede di prosecuzione del giudizio all’esito del mancato accoglimento non esplicitato del concordato, atteso che, in tal modo, risulta impedito il diritto di difesa dell’imputato e la partecipazione del Pubblic Ministero.
2.3. Orbene, la censura, nel dedurre l’error in procedendo nel quale sarebbe incorso il giudice di merito per non aver disposto un rinvio al fine di un eventuale nuovo concordato, non si confronta con la disciplina di cui all’art. 599-bis cod. proc. pen., nella formulazione ratione temporis applicabile, alla quale si è conformata la Corte territoriale. Trattasi difatti di disciplina che non contempla, in ipotesi di rigetto del concordato, alcun rinvio prodromico a un eventuale e ipotetico nuovo concordato ovvero alcun termine alle parti a tal fine (che, peraltro, nella specie neanche si prospetta come essere stato richiesto).
Sottopostole il concordato, la Corte territoriale, ritenendolo non accoglibile, ha correttamente convertito in partecipata un’udienza camerale non partecipata e, in seno a essa, rigettato il concordato, in assenza di nuovo concordato, ha
invitato le parti a discutere in seno al giudizio d’appello. Ne è conseguito il rispetto della procedura di cui all’art. 599-bis cod. proc. pen. e l’assenza di lesione del diritto di difesa.
2.4. Diversamente da quanto prospettato dalla difesa, è peraltro inconferente nella specie il principio sancito, con riferimento a fattispecie radicalmente differente dalla presente, da Sez. 5, n. 47574 del 02/07/2019, P., Rv. 277546 – 01, che, invero, al pari del sotteso iter argomentativo, conferma l’interpretazione di cui innanzi per la quale al rigetto del concordato deve seguire, in assenza di nuovo concordato, la prosecuzione del dibattimento. Con la citata sentenza la Suprema Corte ha difatti chiarito che è nulla, ai sensi degli artt. 178, lett. b) e c) e 180 cod. proc. pen., la sentenza pronunciata immediatamente dopo il rigetto dell’accordo proposto dalle parti, senza che il giudice abbia disposto la prosecuzione del dibattimento, come previsto dall’art.602, comma 1-bis, cod. proc. pen., atteso che, in tal modo, risulta impedita alle parti la discussione e la formulazione delle conclusioni nel merito.
Parimenti dicasi quanto al diverso principio sancito da Sez. 2, n. 29636 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 276541 – 01, in fattispecie differente e caratterizzata dalla mancata integrazione del contraddittorio in merito alla richiesta di concordato. Tale sentenza, difatti, ha ritenuto illegittimo il rigetto della richies di concordato in appello che, pur tempestivamente depositata e reiterata nella fase preliminare alla discussione, sia priva del richi -esto parere del Procuratore generale, non potendo essere pregiudicato il diritto della parte istante a ottenere l’espressione del parere e il conseguente esame della richiesta da parte della Corte territoriale ed essendo, comunque, possibile disporre a tal fine il rinvio del dibattimento ovvero la concessione di un termine ad horas.
Il secondo motivo deduce vizio cumulativo di motivazione per aver la Corte territoriale ritenuto che all’onere della prova in capo all’accusa z circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, faccia riscontro un onere di diligenza da parte del soggetto accusato avente a oggetto la contestazione del buon funzionamento dell’apparecchio. In sintesi, in tesi difensiva, per fondare il detto onere probatorio in capo all’accusa sarebbe sufficiente, per l’imputato, dedurre la mancata ostensione della documentazione di cui innanzi, deduzione che, a dire del ricorrente, sarebbe stata oggetto dei motivi d’appello.
3.1. La censura è infondata, in applicazione del principio di diritto sintetizzato dalla massima per cui in tema di guida in stato di ebbrezza, il Pubblico Ministero ha l’onere di fornire la prova dell’omologazione dell’etilometro e della sua sottoposizione alle verifiche periodiche previste dall’art. 379 reg.
esec. cod. strada, nel solo caso in cui l’imputato abbia allegato elementi idonei a contestare l’effettuazione di tali adempimenti, non essendo sufficiente, a tal fine, la mera richiesta del predetto di essere portato a conoscenza dei dati relativi all’omologazione e alla revisione periodica dello strumento.
Sul punto, nei termini di seguito esplicitati, si condivide l’iter logico-giuridi con cui la più recente giurisprudenza di legittimità ha ricondotto a unità l’orientamento della Suprema Corte in ordine alla questione in esame, ribadito da Sez. 4, n. 26281 del 29/05/72024, COGNOME, Rv. 286500 – 01.
L’omologazione e le verifiche periodiche dell’apparecchio etilometro sono espressamente previste dall’art. 379, commi 6, 7 e 8, reg. esec. cod. strada. La più recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che all’attribuzione dell’onere della prova in capo all’accusa circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, fa riscontro un onere di allegazione da parte del soggetto accusato, avente a oggetto la contestazione del buon funzionamento dell’apparecchio (Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278032 – 01). La circostanza che il citato art. 379 prescriva l’omologazione e la periodica verifica dell’etilometro, dunque, non comporta che, a sostegno dell’imputazione, come invece pretende l’attuale ricorrente, l’accusa debba immediatamente corredare i risultati della rilevazione etilometrica con i dati relativi all’esecuzione di tali operazioni, perché si tratta di dati riferi attività necessariamente prodromiche al momento della misurazione del tasso alcolemico che «non hanno di per sé rilievo probatorio ai fini dell’accertamento dello stato di ebbrezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 33978 del 5 17/03/2021, COGNOME, Rv. 281828 – 01, pag. 4 della motivazione).
3.2. Muovendo da queste premesse, è del tutto fisiologico che la verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell’art. 379 reg. esec. cod. strada debba essere sollecitata dall’imputato, sul quale grava un onere di allegazione volto a contestare la validità dell’accertamento eseguito.
Tale onere, diversamente da quanto avvenuto nella specie, non può quindi risolversi nella mera richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all’omologazione e alla revisione periodica dello strumento (oltre alla già citata Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, COGNOME, si vedano anche: Sez. 4, n. 3939 del 12/01/2021, COGNOME, in motivazione, e Sez. 4, n. 35951 del 25/11/2020, COGNOME, in motivazione). Esso deve concretizzarsi nell’allegazione di un qualche dato che possa far dubitare che l’omologazione o la revisione possano essere avvenute (Sez. 4, n. 26281 del 29/05/72024, COGNOME, Rv. 286500 01) e non nella mera deduzione della mancata presenza agli atti della detta documentazione, differentemente da quanto sostenuto dal ricorrente con motivo, quindi, infondato. Nel caso di specie, difatti, come emerge rgí dalla sentenza
impugnata e notrcontroverso Al ricorrente, la difesa non ha introdotto elementi che valevano a far dubitare del corretto funzionamento dell’apparecchio, limitandosi a sostenere l’as . senza della detta documentazione e l’assunta necessità della sua presenza a sostegno dell’accusa.
È infine infondato il terzo motivo, deducente l’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. per aver la Corte territoriale escluso la particolare tenuità del fatto, ritenendo a tal fine dirimente l’entità del riscontrato tas alcolemico, discostandosi esso notevolmente dal limite inferiore 8-previsto dalla norma incriminatrice.
4.1. In termini generali, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis co pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (ex plurimis, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590-01, e successive conformi). Con la precisazione, sempre in termini generali, che non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647-01). Ne consegue che deve quindi ritenersi adeguata la motivazione che dia conto dell’assenza anche di uno soltanto dei presupposti richiesti dal citato art. 131-bis cod. pen., ritenuto, evidentemente, decisivo (ex plurimis, Sez. 3, 34151 del 18/06/2018, COGNOME, Rv. 273678-01).
Con particolare riferimento alla fattispecie di cui all’art. 186 cod. strada, poi, la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, in quanto configurabile – in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma – con riferimento ad ogni fattispecie criminosa, è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza. Non è infatti incompatibile, in astratto, con il giudizio di particolare tenuitàf la presenza di soglie di punibili all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accerta anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie integrante un illecito amministrativo (ex plurimis, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266589-01, e successive conformi).
In questa sede si deve confermare quanto già chiarito dalla Suprema Corte con iter logico-giuridico ripreso e sintetizzato da Sez. 4, n. 15492 del 22/03/2022, Ferro (oltre che da Sez. 4, n. 48229 del 15/11/2022, COGNOME, non massimata; si vedano altresì tra cui Sez. 4, n. 54018 del 09/11/2018, COGNOME,
non massimata, che, a sua volta, riprende Sez. 4, n. 12233 del 01/02/2018, Satriano, anch’essa non massimata).
L’art. 186, comma 2, cod. strada delinea l’appartenenza di tali contravvenzioni alla categoria dei reati di pericolo presunto, in cui la pericolosità della condotta è tratteggiata in guisa categoriale nel senso che il legislatore individua i comportamenti contrassegnati – alla stregua di informazioni scientifiche o di comune esperienza – dall’attitudine ad aggredire il bene giuridico che si trova sullo sfondo, da individuare nella vita e nell’integrità personale. Una volta accertata la situazione pericolosa tipica e l’offesa ad essa sottesa resta quindi sempre uno spazio per apprezzare in concreto, alla stregua della manifestazione del reato e al solo fine della ponderazione in ordine alla gravità dell’illecito, quale sia lo sfondo fattuale nel quale la condotta si inserisce e, conseguenza, il concreto possibile impatto pregiudizievole.
Ne consegue che, ai fini dell’apprezzamento circa l’applicabilità dell’art. 131bis cod. pen., occorre accertare che il fatto illecito non abbia generato un contesto concretamente e significativamente pericoloso con riguardo ai beni indicati. Il giudizio sulla tenuità del fatto richiede, dunque, una valutazione complessa in relazione alle modalità della condotta e all’esiguità del danno o del pericolo e richiede una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità del caso concreto (cfr., Sez. 4, n. 54018 del 2018, cit.).
Nel medesimo solco interpretativo si pone infine Sez. 4, n. 11655 del 11/11/2020, COGNOME, proprio con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 186 cod. strada. Quest’ultima, difatti, riprende, anch’essa, i principi di cui alla citat Sez. U, n. 13681 del 2016, evidenziando che sulla tenuità del fatto l’art. 131-bis cod. pen. richiede una valutazione complessa. Nel precisare che il fatto particolarmente tenue va individuato alla stregua di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori (le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo e il grado della colpevolezza), la statuizione da ultimo citata, comunque, non sostiene che, al contrario, per escludere l’applicabilità della detta disciplina sia necessaria l’assenza di tutti i suddetti indicatori.
4.2. Orbene, in sostanziale coerenza con i principi di cui innanzi, la Corte territoriale ha escluso la particolare tenuità del fatto non in ragione del solo elevato tasso alcolemico riscontrato, a cui la sentenza fa espresso riferimento nell’ultimo capoverso di pag. 2, ma in considerazione di esso, quale concreta modalità della condotta, e di tutte le peculiarità del caso concreto.
Il detto capoverso deve difatti leggersi in uno con quelli che lo precedono. Il riferimento è, in particolare, alla tipologia dei sintomi dell’ebbrezza alcolica riscontrati, estrinsecatisi in un’«evidente difficoltà di governare la vettura», nonché, sostanzialmente, al grado di pericolo che ne è derivato, argomentato
anche dal provocato incidente consistito nella collisione contro il cancello di un’abitazione al culmine di una uscita di strada.
5. In conclusione, al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20 maggio 2025
Il’Preside te