Onere della Prova nella Frode Informatica: l’Imputato Deve Giustificare i Fondi
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale in materia di frode informatica e gestione dell’onere della prova. Quando una somma di provenienza illecita viene accreditata su una carta prepagata, a chi spetta dimostrare la natura di quella transazione? La Suprema Corte chiarisce che, una volta che l’accusa ha provato il collegamento tra l’imputato e lo strumento di pagamento, spetta a quest’ultimo fornire elementi a sua discolpa.
I Fatti del Caso: un Accredito Sospetto
Il caso trae origine da una condanna per frode informatica (art. 640-ter c.p.) emessa dalla Corte d’Appello. Un soggetto era stato ritenuto responsabile per aver ricevuto su una propria carta prepagata una somma di 3.000 euro, frutto di un’attività delittuosa.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata applicazione della legge penale. Tuttavia, la sua difesa si è concentrata sulla contestazione della ricostruzione dei fatti e della valutazione delle prove, piuttosto che su una vera e propria violazione di legge.
La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando come l’imputato stesse tentando di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Il fulcro della decisione, però, risiede nella disamina dell’onere della prova.
I giudici hanno affermato che la difesa non può limitarsi a contestare genericamente le conclusioni investigative. Una volta che l’accusa ha dimostrato un elemento oggettivo e grave come l’accredito di una somma illecita sulla carta intestata all’imputato, la palla passa a quest’ultimo.
Il Principio di “Vicinanza della Prova”
La Corte ha richiamato il consolidato principio della “vicinanza della prova”. Secondo tale principio, l’onere della prova di un determinato fatto deve gravare sulla parte che è nella posizione migliore per fornirla. Nel caso di specie, chi meglio dell’intestatario di una carta può spiegare la provenienza di un accredito?
Di fronte all’evidenza dell’accredito, l’imputato non ha fornito alcuna giustificazione o spiegazione alternativa. Questo silenzio, unito all’elemento oggettivo dell’accredito, ha rafforzato il quadro accusatorio, rendendo la condanna legittima.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il ricorso non era fondato su una violazione di legge, ma mirava a una riconsiderazione del merito della vicenda. I giudici di primo e secondo grado avevano già valutato in modo concorde le prove, ritenendo che l’intestazione della carta prepagata fosse un elemento sufficiente a integrare la condotta delittuosa, in assenza di spiegazioni alternative. L’imputato, pur avendo la possibilità di farlo, non ha mai fornito elementi concreti ed oggettivi per sostenere una tesi difensiva diversa, come ad esempio lo smarrimento della carta, il suo utilizzo da parte di terzi a sua insaputa o la natura lecita della transazione. La Corte ha quindi concluso che, di fronte a un quadro probatorio chiaro fornito dall’accusa, spetta all’imputato allegare elementi a proprio favore, in applicazione del principio di vicinanza della prova.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: nei reati informatici e finanziari, la passività difensiva non paga. L’intestazione di uno strumento finanziario (come una carta prepagata) su cui transitano fondi illeciti costituisce un indizio forte di colpevolezza. Se l’imputato non fornisce una spiegazione credibile e documentata per giustificare tale transazione, rischia che quell’indizio si trasformi in una prova piena della sua responsabilità. La decisione riafferma che il processo penale non consente di rimanere inerti di fronte a prove concrete, ma richiede una partecipazione attiva della difesa per smontare l’impianto accusatorio.
In un caso di frode informatica, a chi spetta l’onere della prova una volta dimostrato che il denaro è finito su una carta intestata all’imputato?
Una volta che l’accusa ha provato l’accredito illecito sulla carta dell’imputato, l’onere di fornire una spiegazione alternativa o una giustificazione plausibile si sposta sull’imputato stesso, in base al principio di ‘vicinanza della prova’.
È sufficiente essere l’intestatario di una carta prepagata su cui viene accreditata una somma illecita per essere ritenuti responsabili?
Secondo la Corte, la condotta di essere l’intestatario della carta su cui viene accreditata la somma è di per sé idonea a integrare il delitto, specialmente se l’imputato non fornisce alcuna giustificazione per tale accredito.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, pur lamentando formalmente una violazione di legge, in realtà mirava a contestare la valutazione dei fatti e delle prove compiuta dai giudici di merito, un tipo di esame che non è consentito in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 213 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 213 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ASCEA il 07/08/1970
avverso la sentenza del 21/06/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che deduce falsa applicazione dell’art. 640 -ter cod. pen., è formulato in termini non consentiti in sede di legittimità in quanto, pur deducendo una violazione di legge, la difesa finisce, in realtà, per contestare il giudizio di responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere al contrario gli elementi delle fattispecie delittuose contestate pienamente riscontrati all’esito della ricostruzione delle concrete vicende processuali; il motivo di ricorso fondato sulla lett. b) dell’art. 606 cod. proc. pen. deve essere invero articolato sotto il profilo della contestazione della riconducibilità del fatto – così come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; non, come accade sovente ed anche nel caso di specie, mettendo in dubbio o contestando che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale;
rilevato che, a fronte della situazione ben “fotografata” dagli elementi ritualmente acquisiti al fascicolo processuale, con particolare riguardo all’intestazione della carta postepay su cui era stata accreditata la ricaricala somma di euro 3.000 (condotta di per sé idonea ad integrare il delitto in esame, cfr., Sez. 1 , n. 34362 del 23/04/2024, Rv. 286823 -01), nessuna giustificazione era stata fornita dall’odierno ricorrente; giova rilevare che nell’ordinamento processuale penale, a fronte dell’onere probatorio assolto dalla pubblica accusa, anche sulla base di presunzioni o massime di esperienza, spetta all’imputato allegare il contrario sulla base di concreti ed oggettivi elementi fattuali, poiché è l’imputato che, in considerazione del principio della c.d. “vicinanza della prova”, può acquisire o quanto meno fornire, tramite l’allegazione, tutti gli elementi per provare il fondamento della tesi difensiva (cfr., Sez. 2 , n. 6734 del 30/01/2020, Bruzzese, Rv. 278373 – 01; Sez. 2, n. 20171 del 07/02/2013, Weng, Rv. 255916 – 01; Sez. 2, n. 7484 del 21/01/2014, Baroni, Rv. 259245 – 01; Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014, Stanciu Rv. 261657 01; Sez. 4, n. 12099 del 12/12/2018, Fiumefreddo, Rv. 275284 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 03/12/2024
Il Consigliere COGNOME