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Onere allegazione reato continuato: la prova spetta a te

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21505/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento del reato continuato tra due evasioni. La Corte ha ribadito che spetta al condannato l’onere di allegazione, ovvero fornire prove concrete di un unico disegno criminoso, non essendo sufficiente la sola vicinanza temporale e spaziale dei fatti.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Onere di allegazione nel reato continuato: la Cassazione chiede prove concrete

L’istituto del reato continuato rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento, ma la sua applicazione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21505 del 2025, ribadisce un principio cruciale: spetta al condannato che ne fa richiesta soddisfare l’onere di allegazione nel reato continuato, fornendo elementi concreti che dimostrino un’unica programmazione criminosa. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato per due distinti episodi di evasione (reato previsto dall’art. 385 del codice penale), commessi nella stessa località a poche settimane di distanza (28 aprile e 21 maggio 2019), presentava istanza al Giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i due reati. L’obiettivo era unificare le pene sotto un’unica sanzione, come previsto dall’art. 81 c.p.

Il Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta. Secondo il giudice, le due violazioni apparivano come determinazioni criminose del tutto occasionali ed estemporanee. L’istante, inoltre, non aveva fornito alcun indice concreto a sostegno dell’esistenza di un’unitaria programmazione criminale.

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e sostenendo che il diniego non fosse basato su elementi concreti, contestando l’interpretazione data al concetto di onere di allegazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno confermato la decisione del Tribunale, sottolineando come il ricorrente non avesse adempiuto al proprio onere di allegare elementi specifici a sostegno della sua tesi.

La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle ammende, riaffermando con forza i principi consolidati in materia di onere di allegazione nel reato continuato.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione risiede nel richiamo alla giurisprudenza delle Sezioni Unite (in particolare la sentenza n. 28659/2017). La Cassazione spiega che, sia nel processo di cognizione sia in fase esecutiva, il riconoscimento della continuazione richiede una verifica approfondita di indicatori concreti. Non è sufficiente la mera contiguità spaziale e temporale dei reati.

Gli indicatori da valutare includono:

* L’omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto.
* La contiguità spazio-temporale.
* Le modalità della condotta.
* La sistematicità e le abitudini di vita del reo.

Il punto fondamentale, tuttavia, è dimostrare che al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. Se i reati successivi risultano frutto di una determinazione estemporanea, occasionale e non pianificata, il vincolo della continuazione non può essere riconosciuto.

La Corte ha specificato che grava proprio sul condannato l’onere di allegazione, ovvero il dovere di indicare elementi specifici e concreti che possano convincere il giudice dell’esistenza di un’unica matrice ideativa. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a contestare la decisione del Tribunale senza offrire alcun elemento di prova a sostegno della propria richiesta, non soddisfacendo così l’onere che la legge pone a suo carico.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: chi invoca il beneficio del reato continuato in fase esecutiva non può limitarsi a evidenziare la vicinanza dei fatti. È necessario un ruolo attivo della difesa, che deve fornire al giudice elementi fattuali concreti (come testimonianze, documenti, o specifiche circostanze di vita) capaci di dimostrare che le diverse condotte criminali non sono state episodi isolati, ma l’attuazione di un piano premeditato. In assenza di tale allegazione, la richiesta è destinata ad essere respinta, come avvenuto nel caso in esame.

Cosa significa ‘onere di allegazione’ nel contesto del reato continuato?
Significa che è dovere del condannato che richiede il riconoscimento della continuazione fornire al giudice elementi di prova specifici e concreti che dimostrino l’esistenza di un unico disegno criminoso alla base dei diversi reati commessi.

È sufficiente che due reati siano commessi a breve distanza di tempo per ottenere il riconoscimento della continuazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola contiguità cronologica (e spaziale) non è sufficiente. È necessario provare che i reati successivi erano già stati programmati, almeno nelle linee essenziali, al momento della commissione del primo.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente non ha soddisfatto l’onere di allegazione. Non ha offerto alcun elemento concreto per dimostrare l’esistenza di un’unica ideazione criminosa, limitandosi a criticare la decisione del giudice senza fornire prove a sostegno della propria richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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