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Omissioni reddito di cittadinanza: il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per omissioni nella domanda per il reddito di cittadinanza. L’imputato non aveva dichiarato l’acquisto di una moto di grossa cilindrata, sostenendo la mancanza di dolo. La Corte ha stabilito che la mancata giustificazione dell’omissione è sufficiente a configurare l’elemento soggettivo del reato e che il ricorso rappresentava un tentativo di rivalutare i fatti, non consentito in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omissioni Reddito di Cittadinanza: La Cassazione Conferma la Condanna

Quando si richiede un beneficio statale come il reddito di cittadinanza, la completezza e la veridicità delle informazioni fornite sono cruciali. Le omissioni reddito di cittadinanza possono avere conseguenze penali significative, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda un cittadino condannato per non aver dichiarato l’acquisto di una moto di grossa cilindrata, un’omissione che ha portato al rigetto del suo ricorso e a ulteriori sanzioni. Analizziamo la vicenda e le importanti lezioni che se ne possono trarre.

I Fatti del Caso

Un cittadino veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. n. 4/2019, per aver fornito informazioni incomplete nella sua domanda per ottenere il reddito di cittadinanza. Nello specifico, aveva omesso di dichiarare di aver acquistato una motocicletta di cilindrata superiore a 250cc nell’anno precedente alla presentazione della domanda.

L’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la presunta carenza dell'”elemento soggettivo” del reato. In altre parole, sosteneva di non aver agito con l’intenzione di commettere un illecito, ma che l’omissione fosse avvenuta senza dolo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza, ma si basa su una valutazione prettamente procedurale. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni del ricorrente non rientrassero tra quelle che possono essere esaminate in sede di legittimità.

Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale del processo penale: il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove o di ricostruire i fatti, compiti che spettano esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (tribunale e corte d’appello). Il ricorso per cassazione può essere presentato solo per denunciare errori nell’applicazione della legge (‘violazione di legge’) o vizi logici evidenti e manifesti nella motivazione della sentenza impugnata.

Nel caso specifico, la difesa ha tentato di rimettere in discussione l’accertamento dell’elemento soggettivo, ovvero l’intenzione fraudolenta. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già affrontato questo punto, motivando in modo congruo ed esauriente la propria decisione. I giudici di merito avevano concluso che l’intenzione delittuosa sussisteva, poiché l’imputato non aveva fornito alcuna spiegazione plausibile per la mancata indicazione dell’acquisto della moto nella domanda. Questa valutazione, secondo la Cassazione, era logica, completa e non contraddittoria, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.

In sostanza, il ricorso è stato giudicato un tentativo mascherato di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa preclusa davanti alla Suprema Corte. Stante l’inammissibilità e l’assenza di prove che l’errore non fosse imputabile al ricorrente, è scattata automaticamente l’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, che prevede la condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria.

Conclusioni

L’ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce la serietà e la responsabilità richieste nella compilazione delle domande per l’accesso a benefici pubblici: le omissioni reddito di cittadinanza non sono considerate semplici sviste, ma possono integrare una fattispecie di reato se non adeguatamente giustificate. In secondo luogo, evidenzia i limiti del ricorso per cassazione e i rischi economici connessi alla presentazione di un’impugnazione infondata, che non solo non modifica l’esito del processo, ma comporta anche costi aggiuntivi significativi per il ricorrente.

È sufficiente non dichiarare un bene per essere condannati per indebita percezione del reddito di cittadinanza?
Sì. Secondo la Corte, l’omessa indicazione di un bene rilevante, come una moto di grossa cilindrata, nella domanda per il reddito di cittadinanza, integra il reato. Se l’imputato non fornisce alcuna spiegazione per tale omissione, i giudici possono ritenere provato l’elemento soggettivo, cioè l’intenzione di frodare.

Posso chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del mio processo?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti, non rivalutare i fatti o le prove. Un ricorso che tenta di farlo viene dichiarato inammissibile.

Cosa succede se il mio ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, se il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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