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Omissione ritenute: la Cassazione definisce il dolo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un liquidatore condannato per omissione ritenute. L’ordinanza stabilisce che la consapevolezza della crisi aziendale è sufficiente a configurare il dolo generico. Inoltre, esclude l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto quando la soglia di punibilità è superata in modo significativo, in questo caso di oltre ventimila euro.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omissione Ritenute: Quando la Crisi Aziendale non Giustifica il Reato

L’omissione ritenute è un reato tributario che si configura quando il sostituto d’imposta non versa all’Erario le ritenute fiscali operate sulle retribuzioni dei dipendenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla responsabilità del liquidatore di una società in crisi, definendo i contorni del dolo e i limiti dell’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda il liquidatore di una società che, a fronte di una grave situazione debitoria, ometteva di versare le ritenute dovute per un importo superiore di oltre ventimila euro rispetto alla soglia di punibilità prevista dalla legge. Condannato nei primi due gradi di giudizio, il liquidatore presentava ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: un presunto vizio procedurale, l’assenza dell’elemento soggettivo del reato (il dolo) e la richiesta di applicazione dell’esimente per particolare tenuità del fatto.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

L’imputato contestava la decisione della Corte d’Appello di rinnovare l’istruttoria per esaminare un testimone, lamentava una motivazione carente sulla sua volontà di commettere il reato e, infine, sosteneva che l’illecito fosse di lieve entità. La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.

Il Dolo nell’Omissione Ritenute in caso di Crisi

Uno dei punti più significativi della decisione riguarda l’elemento soggettivo del reato. L’imputato sosteneva di non aver agito con dolo. La Cassazione, al contrario, ha confermato l’orientamento secondo cui, per l’omissione ritenute, è sufficiente il dolo generico. Questo si configura quando il soggetto, accettando l’incarico di liquidatore pur essendo pienamente a conoscenza della grave crisi finanziaria della società, era consapevole che tale situazione avrebbe inevitabilmente portato all’omesso versamento delle ritenute. L’accettazione consapevole di questa conseguenza integra la volontà richiesta per il reato.

L’Inapplicabilità della Causa di Non Punibilità (Art. 131-bis c.p.)

Altro aspetto fondamentale è il rigetto della richiesta di applicare l’esimente per particolare tenuità del fatto. La Corte ha ribadito un principio consolidato: nei reati tributari che prevedono una soglia di punibilità, questa esimente è applicabile solo se l’importo evaso supera la soglia di una cifra minima, quasi irrisoria (‘vicinissima’). Nel caso di specie, avendo superato la soglia di oltre 20.000 euro, l’offesa al bene giuridico tutelato (l’interesse dello Stato alla riscossione dei tributi) non poteva in alcun modo essere considerata ‘tenue’.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità punto per punto. In primo luogo, ha ricordato che la rinnovazione dell’istruttoria in appello è un potere eccezionale e discrezionale del giudice, non un diritto dell’imputato, esercitabile solo quando ritenuto ‘assolutamente necessario’ ai fini della decisione.

Sul piano del dolo, la motivazione è chiara: la conoscenza della situazione debitoria e l’accettazione dell’incarico implicano l’accettazione del rischio, e quindi della conseguenza, di non poter adempiere agli obblighi fiscali. Questa consapevolezza è sufficiente a configurare il dolo generico.

Infine, riguardo all’art. 131-bis c.p., le Sezioni Unite hanno stabilito un’interpretazione restrittiva per i reati con soglia, proprio per non vanificare la scelta del legislatore di definire un limite preciso tra illecito amministrativo e penale. Superare tale soglia in modo significativo, come avvenuto, esclude automaticamente la ‘particolare tenuità’.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rappresenta un monito importante per gli amministratori e i liquidatori di società in difficoltà. La crisi di liquidità non è, di per sé, una scusante che esclude il dolo nel reato di omissione ritenute. La consapevolezza delle difficoltà finanziarie, anzi, diventa l’elemento che fonda la responsabilità penale. Inoltre, la pronuncia conferma che la speranza di ottenere l’assoluzione per ‘particolare tenuità del fatto’ è vana quando l’importo non versato supera la soglia di punibilità in maniera non trascurabile. La decisione finale, con la condanna dell’imputato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, sottolinea la rigidità con cui l’ordinamento persegue questi illeciti a tutela delle entrate erariali.

Quando si configura il dolo nel reato di omissione ritenute per un liquidatore?
Si configura quando il liquidatore, accettando l’incarico, è consapevole della grave situazione debitoria della società e quindi prevede come conseguenza inevitabile l’impossibilità di versare le ritenute dovute. Questa consapevole accettazione del rischio integra il dolo generico richiesto dalla norma.

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto si applica ai reati tributari con soglia?
Sì, ma solo a condizioni molto restrittive. La giurisprudenza costante stabilisce che è applicabile solo se l’importo omesso supera la soglia di punibilità di una cifra minima, definita ‘vicinissima’. Un superamento significativo, come quello di oltre 20.000 euro nel caso di specie, esclude l’applicazione di tale beneficio.

Un imputato può esigere che in appello venga riesaminato un testimone?
No. La rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello è un potere eccezionale e discrezionale del giudice. Può essere disposta solo se la Corte la ritiene assolutamente necessaria per poter decidere e non costituisce un diritto della parte processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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