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Omissione redditi e sussidi: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per una persona che aveva omesso di dichiarare redditi da lavoro nella domanda per il reddito di cittadinanza. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la sequenza dei fatti, inclusa una prima dichiarazione errata e una seconda solo parzialmente corretta, dimostrava una chiara intenzione fraudolenta. La Corte ha ribadito che l’obbligo di dichiarazione veritiera spetta al cittadino, anche se l’ente erogatore è a conoscenza dei dati omessi.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omissione redditi per il sussidio: non basta che l’INPS li conosca

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per chi richiede sussidi statali: l’omissione redditi nella domanda è un reato, anche se l’ente erogatore, come l’INPS, potrebbe già essere a conoscenza di tali informazioni. Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di una cittadina condannata per aver fraudolentemente ottenuto il reddito di cittadinanza, sottolineando come la condotta dell’imputata dimostrasse una chiara volontà di occultare informazioni cruciali.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una donna condannata in primo e secondo grado per aver violato la legge sul reddito di cittadinanza. Nello specifico, nella domanda presentata il 29 ottobre 2020, aveva omesso di dichiarare redditi da lavoro dipendente come lavoratrice domestica per un importo di oltre 5.000 euro, percepiti nell’annualità di riferimento.

La vicenda è resa più complessa da una precedente dichiarazione, presentata il 9 marzo 2020. In quella prima istanza, la richiedente aveva dichiarato di non aver percepito alcun reddito. L’INPS, tuttavia, aveva rilevato la percezione di un’indennità di disoccupazione (Naspi) e l’aveva invitata a correggere la domanda. La donna aveva quindi presentato una nuova dichiarazione il 24 aprile 2020, inserendo l’indennità Naspi ma omettendo, per la seconda volta, i redditi da lavoro dipendente. Sulla base di questa dichiarazione incompleta, aveva ottenuto il beneficio, che l’INPS ha poi richiesto in restituzione.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi sull’Omissione Redditi

La difesa della ricorrente sosteneva la mancanza di dolo, argomentando che il rapporto di lavoro era stato regolarmente denunciato all’INPS e interrotto con una lettera di licenziamento. Secondo la tesi difensiva, non poteva esserci un’intenzione fraudolenta se i dati erano già in possesso dell’ente. Inoltre, si contestava il concetto di “duplice omissione”, poiché la prima domanda era stata di fatto respinta dal sistema informatico dell’INPS.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato che i motivi del ricorso non erano altro che una ripetizione delle argomentazioni già respinte dai giudici di merito. La Suprema Corte ha chiarito di non poter effettuare una nuova valutazione dei fatti, compito che non le spetta, ma solo di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La Consapevolezza dell’Occultamento

La Corte ha sottolineato come la sequenza degli eventi dimostrasse in modo inequivocabile la consapevolezza e la volontà dell’imputata di occultare i redditi. La progressione è stata chiara:

1. Prima dichiarazione: Omissione di tutti i redditi.
2. Segnalazione dell’INPS: L’ente rileva l’esistenza dell’indennità Naspi.
3. Seconda dichiarazione: Inserimento della Naspi, ma persistente omissione redditi da lavoro.

Questo comportamento, secondo la Corte, non può essere interpretato come una semplice dimenticanza, ma come una precisa strategia finalizzata a ottenere un beneficio non spettante, o spettante in misura inferiore.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine: la responsabilità della veridicità delle dichiarazioni sostitutive ricade interamente sul dichiarante. L’obbligo di fornire dati completi e veritieri non viene meno per il solo fatto che l’amministrazione pubblica possa, in teoria, essere già in possesso di tali dati. La normativa sul reddito di cittadinanza, come per altri benefici, si basa sull’autocertificazione proprio per snellire le procedure, ma questo comporta un onere di diligenza e correttezza da parte del cittadino.

L’azione dell’imputata è stata interpretata come un occultamento attivo di informazioni rilevanti, finalizzato a indurre in errore l’ente erogatore. La Corte ha quindi confermato che l’integrazione del reato non richiede un’artificiosa messa in scena, ma è sufficiente la presentazione di una dichiarazione mendace o incompleta per ottenere un vantaggio economico indebito. La richiesta di restituzione della somma da parte dell’INPS ha ulteriormente confermato che il beneficio era stato percepito indebitamente.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione rafforza il principio di auto-responsabilità nelle richieste di agevolazioni pubbliche. L’omissione redditi è un comportamento grave che integra una fattispecie di reato, e tentare di giustificarla sostenendo che l’ente ne fosse a conoscenza non costituisce una valida difesa. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro. La decisione serve da monito: la trasparenza e la completezza nelle dichiarazioni sono requisiti non negoziabili per accedere ai benefici dello stato sociale.

È reato omettere un reddito nella domanda per un sussidio se l’ente erogatore, come l’INPS, è già a conoscenza di quel reddito?
Sì, la sentenza conferma che è un reato. L’obbligo legale di fornire una dichiarazione completa e veritiera spetta al richiedente, indipendentemente dalle informazioni che l’ente potrebbe già possedere nei suoi archivi.

Come è stata provata l’intenzione di frodare nel caso di omissione redditi?
L’intenzione fraudolenta è stata desunta dalla sequenza dei fatti: l’imputata ha prima presentato una dichiarazione senza alcun reddito, poi, dopo essere stata invitata a correggere un’omissione, ha presentato una nuova dichiarazione omettendo ancora una volta una parte rilevante dei suoi redditi. Questo comportamento è stato ritenuto prova della consapevole volontà di ingannare.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è dichiarato “inammissibile”?
Significa che la Corte di Cassazione non esamina il caso nel merito. Questo avviene quando il ricorso non rispetta i requisiti di legge o, come in questa situazione, si limita a riproporre le stesse argomentazioni già valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, chiedendo di fatto una nuova valutazione delle prove, cosa che non rientra nei poteri della Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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