Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46779 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46779 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TIVOLI il 11/02/1973
avverso la sentenza del 14/11/2023 del TRIBUNALE di TIVOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con esclusivo riferimento alla disposta confisca, e dichiararsi, nel resto, l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore della ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 novembre 2023 il Tribunale di Tivoli ha, tra l’altro,, dichiarato la penale responsabilità di NOME COGNOME in relazione al reato di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina, sanzionato dall’art. 677, primo e terzo comma, cod. pen., e la ha condannata alla pena di seicento euro di ammenda, oltre che al pagamento delle spese processuali; ha, al contempo, ordinato la confisca del manufatto già sottoposto a sequestro il 25 maggio 2012.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME, ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, con i quali deduce, a vario titolo, violazione di legge e vizio di motivazione e che saranno enunciati, in ossequio alla previsione dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo, ascrive al giudice di merito di non avere preso atto dell’integrale maturazione del termine massimo di prescrizione del reato, decorrente a far data dalla cessazione della sua permanenza, da individuarsi nel momento di esecuzione del sequestro, risalente al 25 maggio 2012, a partire dal quale il manufatto indicato nell’imputazione è stato sottratto alla sua disponibilità, di fatto e di diritto, ed è quindi venuta meno la condotta antigiuridica oggetto di addebito.
2.2. Con il secondo motivo, lamenta che il Tribunale abbia valorizzato, ai fini della decisione, i contributi dei soli testimoni addotti dalla pubblica accusa senza tener conto delle ulteriori emergenze e, in particolare, della relazione di consulenza redatta dall’ing. COGNOME versata in atti ed utilizzata nel corso dell’esame dell’arch. COGNOME e dell’ing. COGNOME che attesta come ella abbia promosso e realizzato,, in costanza di sequestro, opere che hanno consentito di mettere in sicurezza la struttura.
2.3. Con il terzo motivo, la COGNOME si duole della qualificazione in chiave penale della condotta omissiva che ella è accusata di avere serbato, da ritenersi preclusa, per espressa previsione normativa, in assenza di un concreto pericolo per le persone del quale, nel caso di specie, non vi è traccia, a dispetto dell’allegata protrazione del comportamento antigiuridico per l’arco complessivo di oltre diciassette anni, ciò che attesta l’assoluta stabilità del manufatto e la fallacia del giudizio prognostico addotto a supporto della decisione impugnata.
2.4. Con il quarto motivo, evidenzia che la confisca del manufatto, benché facoltativa, sia stata disposta senza il conforto di adeguata motivazione con
riferimento sia alla diretta correlazione tra la cosa ed il reato che alla sussistenza del pericolo derivante dal mantenimento del bene nella sua titolarità.
2.5. Con il quinto motivo, segnala che il rigetto delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena è sorretto da motivazione incongrua, che non tiene conto degli sforzi compiuti per adeguare la costruzione in coerenza con le prescrizioni impartite dall’autorità e perviene ad una soluzione eccessivamente arcigna.
Disposta la trattazione scritta, il Procuratore generale ha chiesto, il 10 settembre 2024, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con esclusivo riferimento alla disposta confisca, e dichiararsi, nel resto’ l’inammissibilità del ricorso, mentre la ricorrente, con atto del 14 ottobre 2024, ha insistito per il suo accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato con esclusivo riferimento alla disposta confisca mentre è, per il resto, passibile di rigetto.
La struttura indicata in imputazione è un manufatto in legno, esteso quasi 250 mq., dotato di aperture su tre lati, arredato e provvisto di impianto elettrico e di condizionamento, che la COGNOME ha realizzato, nel 2004, in collegamento con il corpo di fabbrica principale dell’agriturismo che ella gestisce in Tivoli, e che, denunciato come funzionale al carico ed allo scarico delle merci, è stato, in realtà, adibito ad uso ricettivo della clientela.
Il Tribunale ha, in proposito, ritenuto che la costruzione, realizzata in zona sismica di secondo grado ed a rischio di dissesto idrogeologico, non sia sicura né stabile e che il suo eventuale cedimento, totale o parziale, determinerebbe, stante la collocazione in pendenza, un pregiudizio alle persone presenti anche nel maneggio e nei manufatti ubicati a valle.
Tanto, in ragione del fatto che essa non è ancorata ad una fondazione a platea a cemento armato e che la sua stabilità è garantita dalla sola gravità esercitata contro la gettata di cemento, mista ad inerti, posta alla base, ma priva di una funzione strutturale.
L’eccezione di prescrizione sollevata con il primo motivo di ricorso è priva di pregio.
La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito, in proposito, che «La contravvenzione di omissione di lavori in edifici o altre costruzioni che minacciano
rovina ha natura di reato permanente a condotta omissiva, in quanto lo stato di consumazione perdura finché il pericolo per la pubblica incolumità non sia cessato; ne consegue che la permanenza si interrompe solo nel momento in cui la situazione antigiuridica viene meno per fatto volontario dell’obbligato o per altra causa, oppure con la pronuncia della sentenza di primo grado, qualora la condotta si protragga nel corso del procedimento penale, in relazione a situazioni in cui il capo d’imputazione faccia riferimento solo alla data di accertamento del reato» (Sez. 1, n. 47034 del 23/04/2018, COGNOME, Rv. 274368 – 01; Sez. 1, n. 6596 del 27/01/2008, COGNOME, Rv. 239130 – 01).
Sostiene, al riguardo, la ricorrente che la sottoposizione a sequestro del bene, risalente al 25 maggio 2012, l’apposizione, nella circostanza, di cartelli e sigilli a chiusura degli accessi e l’ininterrotta protrazione del vincolo cautelare hanno concorso a cagionare l’interruzione della permanenza – avendo inibito l’utilizzo e, prima ancora, l’accesso al manufatto – ed il conseguente venir meno del pericolo per la pubblica incolumità.
L’obiezione non coglie nel segno, perché trascura che la COGNOME, pur legalmente interdetta dall’uso del bene, ne ha mantenuto, di fatto, la piena ed esclusiva disponibilità, quale struttura posta in immediata adiacenza con quelle destinate a fini gastronomici e ricreativo-sportivi, il cui cedimento, reso possibile dalla riscontrata precarietà, ben avrebbe potuto, anche in costanza di sequestro, recare a pregiudizio alle persone ivi presenti.
L’apposizione del vincolo cautelare non ha, dunque, eliso l’offensività della condotta, rispetto alla quale, peraltro, l’imputata ben avrebbe promuovere gli opportuni interventi.
Sotto quest’ultimo, non è senza significato che la COGNOME, nel 2015, chiese ed ottenne l’autorizzazione ad eseguire le opere finalizzate a mettere in sicurezza l’intera area, interventi che, tuttavia, si rivelarono, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, incompleti ed inefficaci, oltre che tardivi; iniziativa, questa, che conferma sia la persistente offensività del contegno omissivo dell’imputata (la quale non inteso conformarsi alle prescrizioni dell’autorità) che la concreta possibilità, per la stessa, di porre rimedio, anche in costanza di sequestro, alla situazione di rischio provocata dalla realizzazione di una struttura instabile ed insicura, il cui crollo avrebbe messo a repentaglio l’incolumità di chi si fosse trovato nell’area dell’agriturismo posta a valle.
Il secondo motivo vede sulla solo parziale esposizione, nella sentenza impugnata, del compendio istruttorio e, precipuamente, sull’omessa considerazione degli elementi introdotti attraverso l’acquisizione della relazione di consulenza redatta dall’ing. COGNOME che, sostiene la ricorrente, contiene la
compiuta descrizione degli interventi effettuati a scopo di adeguamento sismico della costruzione in predicato di rovina.
Deduce, quindi, carenza di motivazione con riferimento al vaglio dell’idoneità delle attività svolte a garantire la stabilità e la sicurezza del manufatto, che il Tribunale ha escluso sulla scorta dell’incompleta illustrazione del compendio istruttorio e, in specie, dei contributi dichiarativi resi da soggetti che hanno riferito dello stato dei luoghi antecedente all’esecuzione delle opere di messa in sicurezza descritte dall’ing. COGNOME
La ricorrente, tuttavia, non allega al ricorso copia degli atti indicati né trascrive in forma integrale il relativo contenuto, sicché l’impugnazione risulta, per questa parte, inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053; Sez. 1, n. 25834 del 04/05/2012, COGNOME, Rv. 253017), non potendosi apprezzare la sussistenza del denunziato travisamento della prova né scrutinarsi, sotto l’indicato angolo prospettico, se ed in quale misura il dato istruttorio da lei evocato avrebbe inciso sulle valutazioni espresse dal Tribunale che, va qui ribadito, ha dato atto dell’intervento eseguito in corso di sequestro, che ha, nondimeno, stimato insufficiente ad escludere l’esposizione a pericolo del bene tutelato dalla norma incriminatrice.
3. Con il terzo motivo, NOME COGNOME si duole dell’omessa qualificazione del fatto in chiave di illecito amministrativo anziché penale, a suo modo di vedere conseguente al fatto che la contestata condotta omissiva non ha provocato concreto pericolo per l’incolumità delle persone, secondo quanto dimostrato dalla totale assenza di prova in ordine a cedimenti o crolli, anche parziali, verificatisi nell’amplissimo torno di tempo, superiore a tre lustri, decorso tra la realizzazione del manufatto e la conclusione del giudizio di primo grado, sopravvenienza che vale a smentire, nei fatti, lo sfavorevole giudizio prognostico sotteso all’attribuzione al contegno omissivo di portata penale.
La censura non persuade, perché sovrappone la valutazione probabilistica, imprescindibilmente connessa alla finalità anticipatoria della fattispecie, a quanto materialmente accaduto, sia pure in un arco cronologico di notevole ampiezza.
Se è vero, infatti, che il reato sanzionato dall’art. 677, primo e terzo comma, cod. pen. postula che dall’omissione dei lavori, in edifici o costruzioni che minacciano rovina, derivi il pericolo concreto per l’incolumità delle persone (in questo senso, cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 48093 del 06/10/2023, COGNOME, Rv. 285456 – 01; Sez. 1, n. 16285 del 03/05/2006, COGNOME, Rv. 234435 – 01), non può trascurarsi, per converso, che detto rischio «sussiste anche in relazione all’occasionale passaggio di persone nel luogo in cui insiste l’edificio» (Sez. 1, n.
6596 del 17/01/2008, Corona, Rv. 239127 – 01), profilo che il Tribunale hal adeguatamente apprezzato, spiegando come, a dispetto dell’intervenuto sequestro, la persistente ed irrisolta precarietà della struttura induce a ritenere che, in caso di suo cedimento, l’integrità fisica di chi si trovasse nei paraggi sarebbe senz’altro messa a repentaglio.
Nel contesto così delineato, irrilevante si palesa la circostanza che,, fortunatamente, il manufatto edificato da NOME COGNOME non sia, nel corso degli anni, crollato: il giudizio prognostico, a base probabilistica, che sorregge la valutazione della concretezza del pericolo di effettiva lesione del bene tutelato dalla fattispecie incriminatrice si impernia, invero, su una valutazione ex ante’ parametrata alla situazione che si presentava all’agente al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni prevedibili del singolo caso (così, da ultimo e con riferimento ad altro reato di pericolo concreto, Sez. 3, n. 14953 del 13/02/2024, U., Rv. 286136 – 01) che, in quanto compiuta, come nel caso di specie, alla luce delle evidenze disponibili ed in termini esenti da crismi di illogicità manifesta o contraddittorietà, sfugge al sindacato del giudice di legittimità.
5. Il quarto motivo è fondato.
Il Tribunale ha ordinato la confisca della struttura minacciante rovina senza in alcun modo illustrare il percorso motivazionale che lo ha indotto a ritenere l’intrinseca ed irrimediabile pericolosità del bene e la necessità della sua definitiva sottrazione all’imputata, adempimento imprescindibile in ragione della natura facoltativa dell’ablazione, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, ferma nel ritenere, in materia, che «In tema di confisca facoltativa ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. pen., la motivazione del provvedimento non può essere basata sul solo rapporto di asservimento del bene rispetto al reato, ma deve anche riguardare la circostanza che il reo, secondo l’id quod plerumque accidit, reitererebbe l’attività punibile se restasse nel possesso di detto bene, in quanto la misura, per la sua natura cautelare, tende a prevenire la commissione di nuovi reati» (Sez. 3, n. 10091 del 16/01/2020, Marigliano, Rv. 278406 – 01).
La sentenza impugnata va, dunque, annullata, limitatamente alla disposta confisca, con rinvio, per un nuovo giudizio sul punto – libero nell’esito ma emendato dal vizio riscontrato – al Tribunale di Tivoli, in diversa persona fisica,
Prive di pregio si palesano, infine, le doglianze sottese all’ultimo motivo di ricorso, concernente il trattamento sanzionatorio e, specificamente, il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena, che il giudice di merito ha motivato in ragione dell’assenza di sintomi di ravvedimento in capo all’imputata, peraltro gravata da precedenti condanne per reati analoghi
che ostano, al contempo, alla formulazione di una prognosi positiva in ordine al suo futuro contegno.
Per tale via, il Tribunale si è mosso lungo un sentiero argomentativo coerente con la cornice normativa di riferimento ed i correnti approdi ermeneutici, che la ricorrente contesta, oltre che in chiave sterilmente confutativa, esaltando gli sforzi che ella afferma di avere compiuto, anche dal punto di vista finanziario, promuovendo l’esecuzione dei lavori di adeguamento che, però, si è detto essersi rivelati tutt’altro che risolutivi, a riprova della carenza di prova tangibile in merit all’effettiva volontà di porre rimedio alla descritta situazione di pericolo per la pubblica incolumità derivata dalla realizzazione, non autorizzata, di opere destinate al conseguimento di obiettivi di natura economica.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Tivoli.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 22/10/2024.