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Omissione lavori edifici: quando è reato penale?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per due comproprietari di una quota minima di un immobile in rovina per il reato di omissione di lavori su edifici. La sentenza chiarisce che la difficoltà economica non esonera dalla responsabilità se non vengono adottate nemmeno le misure minime di sicurezza, come transennare l’area. La Corte ha inoltre respinto la questione di legittimità costituzionale, distinguendo nettamente la fattispecie di pericolo concreto per le persone da illeciti minori.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omissione di Lavori su Edifici: Responsabilità Penale Anche per il Comproprietario

La proprietà di un immobile comporta oneri e responsabilità, soprattutto quando la sua condizione minaccia la sicurezza pubblica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia di omissione di lavori su edifici pericolanti, confermando la condanna penale di due comproprietari nonostante detenessero solo una quota infinitesimale dell’immobile e avessero addotto difficoltà economiche. La decisione sottolinea che l’impossibilità di eseguire lavori completi non esonera dall’obbligo di adottare misure minime per prevenire il pericolo.

I Fatti del Caso: La Condanna dei Comproprietari

Il caso ha origine dalla condanna emessa dal Tribunale di Locri nei confronti di due fratelli, comproprietari di un rudere in pietra di oltre cento anni. L’immobile, in stato di abbandono e suddiviso tra numerosi eredi, alcuni dei quali deceduti o difficilmente rintracciabili, presentava un evidente pericolo di crollo. I due imputati, proprietari di una quota del 2,5% (1/40 dell’intero), sono stati condannati per il reato di cui all’art. 677, terzo comma, del codice penale, per non aver provveduto ai lavori necessari a rimuovere il pericolo per la pubblica incolumità.

Le Questioni Giuridiche Portate in Cassazione

I due fratelli, tramite il loro difensore, hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Incostituzionalità della norma: Sostenevano che l’art. 677, terzo comma c.p., fosse incostituzionale. A seguito della depenalizzazione dei primi due commi (che punivano la semplice omissione di lavori), la previsione del terzo comma (che scatta in caso di pericolo per le persone) si è trasformata da circostanza aggravante a reato autonomo, impedendo il bilanciamento con eventuali attenuanti.
2. Mancanza dell’elemento psicologico: Affermavano di non poter essere ritenuti colpevoli a causa dell’impossibilità oggettiva di agire. La loro quota minima di proprietà, le difficoltà economiche e la complessità nel coinvolgere tutti gli altri eredi rendevano, a loro dire, l’obbligo di messa in sicurezza inesigibile.
3. Vizio di motivazione: Contestavano la logicità della sentenza del Tribunale, basandosi sugli stessi argomenti del secondo punto.

Analisi sull’Omissione di Lavori su Edifici: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, fornendo importanti chiarimenti sulla portata degli obblighi dei proprietari di immobili pericolanti.

La Legittimità Costituzionale del Reato

La Corte ha dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità. Ha spiegato che la scelta del legislatore di mantenere rilevanza penale solo per le omissioni che generano un pericolo concreto per le persone è una scelta di politica criminale del tutto ragionevole. A differenza del caso citato dai ricorrenti (relativo alla ubriachezza manifesta), qui non si punisce una qualità personale, ma un fatto diverso e più grave: non la semplice rovina dell’edificio (ora illecito amministrativo), ma il pericolo che da essa deriva per l’incolumità pubblica. Questa gravità giustifica la sua configurazione come reato autonomo.

Responsabilità Penale e Inesigibilità dell’Obbligo

Sul punto centrale della responsabilità, la Cassazione ha confermato l’orientamento consolidato. La Corte ha stabilito che le difficoltà economiche o la complessità della comproprietà non sono sufficienti a escludere il reato, a meno che non si provi una assoluta impossibilità di adempiere. In questo contesto, l’obbligo del proprietario non si esaurisce necessariamente nell’esecuzione di costosi lavori di ristrutturazione. La giurisprudenza ha da tempo chiarito che, per andare esenti da responsabilità, è sufficiente intervenire sugli effetti del pericolo, anziché sulla causa. In pratica, è dovere del proprietario adottare opere provvisorie, come interdire l’accesso o il transito nelle zone pericolanti. Si tratta di misure a basso costo che chiunque, anche il proprietario di una piccola quota, può e deve mettere in atto per neutralizzare il pericolo immediato per le persone.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano sulla distinzione cruciale tra la causa del pericolo (la rovina dell’edificio) e il pericolo stesso. Mentre risolvere la causa può essere complesso e oneroso, eliminare o mitigare il pericolo immediato è un obbligo inderogabile. La condotta omissiva penalmente rilevante non consiste tanto nel non aver ristrutturato l’immobile, quanto nel non aver fatto nulla per impedire che qualcuno potesse essere ferito dal crollo. I giudici hanno sottolineato che gli imputati non avevano fornito alcuna prova di aver tentato di adempiere, neppure attraverso le misure più semplici come l’apposizione di transenne o cartelli di pericolo. La loro consapevolezza dello stato di abbandono e pericolosità dell’edificio ha quindi integrato pienamente l’elemento psicologico del reato contravvenzionale, che è punito a titolo di colpa.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di grande importanza pratica: la proprietà, anche se parziale, è fonte di responsabilità che non può essere elusa invocando genericamente difficoltà economiche o complessità burocratiche. Di fronte a un edificio pericolante, il proprietario ha il dovere primario di attivarsi per proteggere la sicurezza pubblica. Se la ristrutturazione completa è fuori portata, devono essere adottate tutte le misure provvisorie idonee a prevenire danni a terzi. Questa decisione serve da monito per tutti i proprietari e comproprietari di immobili in stato di degrado, ricordando loro che l’inerzia di fronte a un pericolo concreto può avere conseguenze penali significative.

Essere comproprietario di una piccola quota di un immobile in rovina esonera dalla responsabilità penale per l’omissione di lavori su edifici?
No. La Cassazione ha stabilito che anche il comproprietario di una quota minima ha l’obbligo di intervenire. Se non può sostenere i costi dei lavori, deve comunque adottare misure provvisorie per prevenire il pericolo, come interdire l’accesso all’area pericolante.

La difficoltà economica è una scusa valida per non mettere in sicurezza un edificio pericolante?
No, non automaticamente. Secondo la sentenza, la difficoltà economica non esclude la responsabilità se non si dimostra l’assoluta impossibilità di adempiere. Il proprietario deve comunque attivarsi per le misure minime, come segnalare il pericolo o impedire il transito, che non richiedono ingenti spese.

Perché il reato di omissione di lavori su edifici con pericolo per le persone (art. 677, comma 3 c.p.) è considerato costituzionalmente legittimo?
Perché sanziona un fatto diverso e più grave rispetto alla semplice omissione di manutenzione (che è un illecito amministrativo). Il reato penale scatta solo quando dall’omissione deriva un pericolo concreto per l’incolumità delle persone, giustificando la scelta del legislatore di mantenerlo come reato autonomo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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