Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 47322 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 47322 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASTELFIORENTINO il 11/08/1977
avverso la sentenza del 14/12/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di FIRENZE in difesa di NOMECOGNOME che riportandosi ai motivi del ricorso ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 dicembre 2023 la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa in data 12 novembre 2021 dal Tribunale di Pisa, in composizione monocratica, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di cui ai capi B e C (art. 189 co strada), in quanto estinti per intervenuta prescrizione, rideterminando la pena, per il reato di cui al capo A (art. 589, comma 2, cod. pen.), in anni quattro di reclusione.
Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, il pomeriggio del 20 settembre 2015 NOME COGNOME mentre era alla guida di una Fiat Punto Evo, imboccava una rotatoria in senso contrario a quello di marcia; nello stesso frangente NOME COGNOME alla guida di uno scooter, percorreva la stessa rotatoria nel senso corretto.
Avvedutosi del veicolo che circolava in senso contrario, NOME COGNOME cercava di evitare l’impatto ponendo in essere una manovra di emergenza, per effetto della quale perdeva il controllo dello scooter e finiva per impattare comunque contro la vettura condotta da NOME COGNOME
Le lesioni riportate a causa dell’impatto determinavano il decesso di NOME COGNOME
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione della legge processuale penale, con riguardo agli artt. 191 e 195, comma 4, cod. proc. pen.
Osserva il ricorrente che i giudici di merito (ed in particolare quelli d’appello rinviando al percorso motivazionale del primo giudice) hanno utilizzato le dichiarazioni rese da NOME COGNOME padre dell’imputato, nel corso delle attività di perquisizione, per come riferite in udienza dal teste di polizia giudiziaria.
Da ciò è derivata la violazione del divieto di cui all’art. 195, comma 4, cod. proc. pen., fermo restando che NOME COGNOME nel corso del dibattimento, si era avvalso della facoltà di non rispondere.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta vizio della motivazione, poiché mancante (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), con specifico riferimento alla identificazione dell’autore della condotta illecita.
Si deduce che il riconoscimento nell’I’imputato di colui il quale provocò il sinistro mortale era avvenuto sulla scorta di alcune fotografie e del ritrovamento,
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presso la sua abitazione, di una t-shirt; in tal modo erano state violate le garanzie previste dal codice di rito per procedere alla identificazione (artt. 213 e 361 cod. proc. pen.), tra cui quella relativa alla formazione di un album fotografico da sottoporre al soggetto a cui è chiesto di effettuare il riconoscimento.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta vizio della motivazione, poiché mancante (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), con specifico riferimento alla omessa applicazione della regola di cui all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., con riguardo ai reati di cui ai capi B e C della imputazione.
In relazione al reato di cui al capo B il ricorrente sottolinea come sia emerso in dibattimento che la sosta non fu “per pochi istanti” e che pertanto non poteva parlarsi di fuga.
Quanto, invece, al reato di cui al capo C, si evidenzia che il decesso fu constatato 35 minuti dopo l’evento, e che pertanto non era possibile escludere che la persona da assistere fosse già deceduta al momento dell’impatto.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione orale, e le parti hanno formulato le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è inammissibile, poiché aspecifico.
La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di una prova a carico il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta «prova di resistenza», in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identi convincimento (Sez. 2, n. 22652 del 29/05/2024, Felice, non mass.; Sez. 2, Sentenza n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269218-01; Sez. 3, Sentenza n. 3207 del 02/10/2014, dep. 2015, Calabrese, Rv. 262011- 01).
Il ricorrente, invece, nulla ha argomentato circa l’incidenza dell’eventuale eliminazione della prova ritenuta inutilizzabile, al fine di dimostrare che le altr prove raccolte non consentono di confermare il giudizio di responsabilità.
Ciò era tanto più necessario ove si consideri da un lato, che il Tribunale ha solo menzionato tali dichiarazioni, nel riassumere la deposizione del teste di polizia giudiziaria (p. 6), senza poi concretamente utilizzarle per fondarvi l’identificazione
dell’investitore, e quindi l’addebito (p. 11); dall’altro, che l’identificazione ricorrente è avvenuta sulla scorta di ulteriori indicatori fattuali, di cui si dirà.
1.2. Anche il secondo motivo deve ritenersi inammissibile.
Nella misura in cui prospetta il vizio di omessa motivazione (pp. 4 e 11 ricorso) il motivo è manifestamente infondato: l’identificazione nell’imputato di colui il quale iniziò a percorrere contromano la rotatoria, causando l’incidente mortale, è avvenuta sulla scorta di una serie di elementi, tra loro convergenti, puntualmente valutati nelle conformi decisioni di merito, le cui motivazioni si presentano prive di profili di illogicità o di contraddittorietà (pp. 10 e ss. senten del Tribunale; pp. 6 – 8 sentenza ricorsa).
I giudici territoriali hanno innanzitutto osservato che il veicolo guidato dall’investitore risultava formalmente intestato al padre del ricorrente, e che su quel veicolo furono rinvenute delle tracce di sangue, da cui è stato possibile risalire al profilo genetico della vittima, NOME COGNOME
Parti del veicolo furono poi rinvenute sul luogo del sinistro.
Coloro i quali erano presenti sui luoghi fornirono una descrizione dell’uomo che si trovava alla guida della vettura compatibile con il profilo del ricorrente, specificando inoltre che indossava una maglietta con delle caratteristiche particolari (il logo “duff” con il disegno di due birre).
In effetti, nel corso della perquisizione fu rinvenuta una t-shirt identica a quella oggetto della descrizione e visibile nelle fotografie scattate da uno dei testi oculari; t-shirt che fu consegnata alla polizia giudiziaria proprio dal ricorrente (p 7 sentenza ricorsa; pp. 6 e 11 sentenza del Tribunale, in cui si afferma che la tshirt era nella disponibilità dell’imputato, e fu rinvenuta nel corso dell perquisizione della camera a lui in uso).
Infine, dall’analisi del telefono in uso al Tafi fu possibile verificare che g poche ore dopo del sinistro egli fece delle ricerche online su quanto accaduto.
Nella valutazione complessiva delle evidenze disponibili, tra loro convergenti, i giudici di merito hanno inoltre motivatamente scartato l’ipotesi – per vero formulata in maniera generica – che alla guida del mezzo vi fosse il fratello del ricorrente (p. 10 sentenza del Tribunale; p. 7 sentenza ricorsa).
A fronte di un simile percorso argomentativo, il Tafi ha lamentato il mancato rispetto delle prescrizioni di cui agli artt. 55 e 361 cod. proc. pen., in presenza d una individuazione fotografica compiuta senza il rispetto delle garanzie di rito: così facendo, ha proposto censure che mancano della necessaria correlazione con gli argomenti posti a fondamento del provvedimento impugnato, le cui ragioni non possono essere ignorate da chi propone il ricorso.
L’impugnazione deve, infatti, esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente puntuale della decisione impugnata e da essa deve trarre gli spazi argomentativi della domanda di una decisione corretta in diritto ed in fatto.
Né può sostenersi, come sembra fare il Tafi, almeno implicitamente, che l’identificazione del conducente del veicolo investitore avrebbe dovuto per forza sostenuta dall’atto ricognitivo.
1.3. Anche il terzo ed ultimo motivo è inammissibile, poiché manifestamente infondato.
Quanto al reato di cui al capo B, il ricorrente, nell’invocare il proscioglimento nel merito, evidenzia di essersi fermato e di avere effettuato una sosta sul luogo dell’incidente.
Osserva innanzitutto il collegio che l’obbligo di fermarsi e prestare assistenza alle persone ferite non è legato alla consumazione e all’accertamento di un reato, ma al semplice verificarsi di un incidente stradale, comunque ricollegabile al comportamento dell’utente della strada al quale l’obbligo è riferito (Sez. 4, n. 34356 del 25/11/2020, Righetti, Rv. 280153- 01; Sez. 4, n. 33761 del 17/5/2017, Tafa, Rv. 270905-01).
Ciò che si pone in linea di perfetta coerenza con la natura del reato del quale si discute, un reato, cioè, omissivo di pericolo che si perfeziona istantaneamente nel momento in cui il conducente viola l’obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge (Sez. 4, n. 9212 del 11/2/2020, COGNOME, Rv. 278606-01; Sez. 4, n. 11195 del 12/2/2015, COGNOME, Rv. 2627009 – 01).
Ma, venendo al caso di specie, l’ampiezza di un simile obbligo non può che essere parametrata alla ratio della disposizione, e dunque alla necessità di collaborare nello svolgimento dei primi accertamenti.
E’ stato efficacemente osservato, proprio nel precedente ricordato con il ricorso, che il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente permane per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente e del veicolo, perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire né l’identificazione del conducente, né quella del veicolo, né lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica (cfr., Sez. 4, n. 20235 del 25/01/2006, COGNOME, Rv. 234581 – 01).
Da quanto detto finora emerge, invece, che il Tafi si allontanò dal luogo ben prima che iniziasse qualsivoglia accertamento, al punto che furono necessarie specifiche indagini per risalire all’identificazione del conducente e del veicolo coinvolti nell’incidente.
Infine, il ricorrente invoca il proscioglimento anche dal reato di omissione d soccorso, non potendosi escludere che la persona da assistere fosse deceduta al momento dell’impatto.
Osserva il collegio che anche in questo caso il precedente richiamato n ricorso non giova affatto alle ragioni del Tafi, poiché esclude la responsabili caso in cui l’omissione di soccorso sia contestata a colui il quale si imbatte persona già deceduta (Sez. 5, n. 29891 del 20/02/2008, COGNOME, Rv. 240437 01)
Diversamente, nel caso in esame non solo la morte fu causata proprio dall condotta del ricorrente, ma fu accertata solo 35 minuti dopo il verificars sinistro stradale, in quanto il personale del servizio 118, intervenuto sul tentava più volte di rianimare NOME COGNOME fino a quando non se ne accertav appunto, il decesso (p. 12 sentenza del Tribunale).
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colp nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2024
Il onsiere estensore
Il Presidente