Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35980 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35980 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a SARSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/01/2025 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Rimini pronunciata il 3.02.2021, ha ridetermiNOME la pena nei confronti di COGNOME NOME in mesi 9 di reclusione per il reato di cui all’art. 189, commi 1, 6 e 7 del D.Lvo. 30 aprile 1992, n. 285.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando vizio di motivazione e travisamento delle prove in relazione all’affermazione di responsabilità penale a suo carico.
Il motivo è volto a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie estranea al sindacato di legittimità ed è avulso da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito. Inoltre, le censure mosse dalla difesa alla sentenza impugnata riproducono doglianze già adeguatamente vagliate e disattese dai giudici di merito con corrette argomentazioni giuridiche (pag. 4,5 e 6). La Corte territoriale evidenzia gli elementi sulla base dei quali risultano provati tanto il reato di fuga quanto il reato di omissione di soccorso di cui all’art. 189, commi 6 e 7 C.D.S., confutando, attraverso una ricostruzione dei fatti coerente con il materiale istruttorio acquisito e priva di manifesta illogicità, la ricostruzione difensiva dell’imputato, secondo cui egli non si sarebbe potuto avvedere del sinistro, non avendo percepito, lungo la traiettoria percorsa, alcun veicolo coinvolto o danneggiato, e non avendo altresì avuto la materiale possibilità di avvistarlo, pur essendosi fermato qualche centinaio di metri più avanti per non intralciare il traffico. Va infatti ricordato che l’elemento soggettivo del reato previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 6 è integrato anche in presenza del dolo eventuale, ravvisabile in capo all’utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall’incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all’obbligo di fermarsi. Dunque, per le modalità di verificazione del sinistro e per le complessive circostanze della vicenda, l’agente deve rappresentarsi la semplice possibilità che dall’incidente sia derivato un danno alle persone (Sez. 4, n. 34335 del 03/06/2009 – dep. 04/09/2009, COGNOME, Rv. 245354; Sez. 4, n. 17220 del 06/03/2012 – dep. 09/05/2012, COGNOME, Rv. 252374; Sez. 6, n. 21414 del del 12/03/2013, Rv. 255429.). La Corte territoriale, facendo corretta applicazione dei predetti principi, ha sottolineato che i danni riportati dal furgone condotto dall’imputato dopo l’impatto ( danneggiamenti alla Corte di Cassazione – copia non ufficiale
carrozzeria, distacco dell’indicatore di direzione sinistro e distacco di un pezzo dello specchietto), in considerazione del volume del mezzo, avrebbero dovuto ben far rappresentare all’imputato l’eventualità di un incidente con danni per le persone coinvolte. E, in proposito, i giudici i merito valorizzano quanto dichiarato in sede dibattimentale dal teste COGNOME, che, dopo aver assistito all’impatto, decideva di seguire il veicolo condotto dal sig. COGNOME, lampeggiando ripetutamente per intimargli di fermarsi, di talchè il ricorrente aveva potuto avere piena contezza di essere stato coinvolto in un incidente con danni alle persone, decidendo invece di proseguire la sua marcia fino alla sede della sua ditta ove finalmente veniva rintracciato dalle forze di polizia allertate dal teste.
E’ conforme ai principi anche la ritenuta configurabilità del reato di cui all’art. 189, comma 7 CdS, per il quale si richiede la effettiva presenza di lesioni (riportate dalla persona offesa) posto che, secondo i consolidati principi sul punto, GLYPH chi rivendica ragioni di insussistenza del fatto illecito deve dare compiuta dimostrazione della adeguatezza dell’assistenza (Sez. 4, Sentenza n. 14610 del 30/01/2014, Rossini, Rv. 259216-01).
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 ottobre 2025.