Omissione di reddito: anche il risarcimento danni va dichiarato
L’accesso a benefici statali è spesso subordinato al rispetto di specifici limiti di reddito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la trasparenza nelle dichiarazioni è essenziale. Il caso in esame riguarda una condanna per omissione di reddito, dove l’imputato non ha dichiarato una somma significativa ricevuta a titolo di risarcimento danni. Questa decisione sottolinea come anche entrate una tantum possano essere decisive e la loro omissione può avere gravi conseguenze penali.
Il Caso in Analisi: Una Dichiarazione Incompleta
I fatti sono lineari: un cittadino, nel presentare un’istanza per l’ammissione a un beneficio, dichiarava un reddito di soli 3.000 euro per l’anno di riferimento. Tuttavia, ometteva di menzionare un’ulteriore e ben più cospicua somma di 30.000 euro, percepita a titolo di risarcimento danni. I giudici di merito, sia in primo grado che in appello, avevano ritenuto tale omissione penalmente rilevante, giungendo a una sentenza di condanna. L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, contestando la valutazione dei fatti e del materiale probatorio.
La Decisione della Corte sull’Omissione di Reddito
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno chiarito che il loro ruolo nel giudizio di legittimità non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione del diritto da parte delle corti inferiori. In questo caso, la motivazione della sentenza d’appello è stata giudicata congrua, adeguata e priva di vizi logici, basata su corretti criteri di inferenza e su massime di esperienza condivisibili.
Le Motivazioni della Corte
La decisione si fonda su due pilastri: la sussistenza dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo del reato.
Elemento Oggettivo: La Corte ha confermato che la somma di 30.000 euro, pur derivando da un risarcimento, era soggetta a tassazione e, pertanto, doveva essere inclusa nel calcolo del reddito complessivo. Questo importo concorreva a determinare il superamento del limite di reddito previsto per l’ammissione al beneficio. L’omissione di tale dichiarazione ha quindi integrato la condotta materiale del reato.
Elemento Soggettivo (Dolo): La Corte ha ritenuto plausibile e ben motivata la valutazione dei giudici di merito circa l’intenzionalità della condotta. L’intento fraudolento è stato desunto da due fattori cruciali: la notevole sproporzione tra il reddito dichiarato (3.000 euro) e quello effettivamente percepito (33.000 euro totali), e la stretta vicinanza temporale tra la presentazione della domanda e l’anno di imposta a cui si riferiva il reddito non dichiarato. Questi elementi, secondo la Corte, rendono la valutazione del giudice di merito insindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ha implicazioni pratiche molto importanti per chiunque richieda agevolazioni o benefici statali. La lezione è chiara: è obbligatorio dichiarare tutte le entrate che concorrono a formare il reddito imponibile, comprese le somme percepite a titolo di risarcimento danni, quando queste siano per legge soggette a tassazione. Un’omissione di reddito non è una semplice dimenticanza, ma può configurare un reato, con conseguente condanna penale, il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La massima trasparenza è l’unica via per evitare conseguenze legali e finanziarie severe.
Un risarcimento danni deve essere dichiarato ai fini dell’ammissione a un beneficio statale?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche le somme percepite a titolo di risarcimento danni, se soggette a tassazione, concorrono a formare il reddito e devono essere dichiarate, poiché rilevanti per determinare il limite previsto per l’accesso al beneficio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate non riguardavano la corretta applicazione della legge (compito del giudizio di legittimità), ma tentavano di rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, attività di esclusiva competenza dei giudici di merito.
Come è stato provato l’intento di commettere il reato?
L’intento (elemento soggettivo) è stato ritenuto provato sulla base di due elementi principali: la notevole sproporzione tra il reddito dichiarato (€ 3.000) e quello effettivamente percepito (ulteriori € 30.000), e la vicinanza temporale tra la presentazione della domanda per il beneficio e l’anno d’imposta in cui il reddito è stato percepito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18562 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18562 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 126)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dal difensore di NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato ascritto è inammissibi perché contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza d giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure di manifesta illogicità perché basata su corretti criteri di inferenza, espre in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza impugnata ha motivatamente riscontrato la sussistenza oggettiva e soggettiva del reato ascritto, atteso che il COGNOME, nell’istanza di ammissione al beneficio, aveva indicat solo il reddito di euro 3.000 prodotto per l’anno 2016, omettendo di dichiarare l’ulteriore somma di euro 30.000 percepita a titolo di risarcimento danni certamente soggetta a tassazione ed il cui importo doveva essere indicato, concorrendo a determinare il limite di reddito previsto per l’ammissione al benefici in questione (Sez. 4, n. 34864 del 16/03/2017, Rv. 270753 – 01). Sul piano soggettivo, è stata plausibilmente valorizzata la rilevante sproporzione tra il redd indicato e quello effettivamente percepito, oltre alla vicinan2:a temporale tra la da di presentazione dell’istanza e l’anno di imposta di riferimento, secondo una ponderata valutazione di merito insindacabile in questa sede.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di € 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria, salvo la rettifica nei termini evidenziati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 aprile 2024
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