Omissione di Lavori: Quando la Trascuratezza Diventa un Reato Non Lieve
La proprietà di un immobile comporta oneri e responsabilità, prima tra tutte quella di garantirne la sicurezza per evitare pericoli a terzi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto di riflessione sul reato di omissione di lavori e sui limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Approfondiamo questa decisione per capire quando la negligenza di un proprietario supera la soglia della tollerabilità penale.
I Fatti del Caso: Il Pericolo Concreto
Il caso ha origine dalla condanna di una proprietaria per il reato previsto dall’art. 677 del codice penale. Il suo immobile, a causa della vetustà e della totale assenza di manutenzione, era arrivato a uno stato di fatiscenza tale da costituire un pericolo concreto per la pubblica incolumità. La situazione era così grave da richiedere un intervento urgente dei Vigili del Fuoco e della Polizia Municipale, i quali hanno dovuto interdire il traffico sulla strada adiacente e mettere in sicurezza delle lamiere pericolanti. La proprietaria, condannata in primo grado, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo l’insussistenza del pericolo concreto e chiedendo, in subordine, il riconoscimento della particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’Omissione di Lavori
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione del giudice di merito. Gli Ermellini hanno ritenuto che le censure mosse dalla ricorrente fossero mere reiterazioni di argomenti già esaminati e correttamente respinti, e che si concentrassero su una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
La Valutazione del Pericolo e dell’Elemento Soggettivo
I giudici hanno sottolineato come la sentenza impugnata avesse adeguatamente motivato la sussistenza sia del pericolo concreto sia dell’elemento psicologico del reato. Il pericolo era palesemente dimostrato dalle risultanze investigative e, soprattutto, dalla necessità dell’intervento d’urgenza delle autorità. L’elemento soggettivo (la colpa) è stato logicamente desunto dall’evidente stato di degrado dell’immobile e dalla prolungata assenza di qualsiasi intervento manutentivo, elementi che un proprietario diligente non avrebbe potuto ignorare.
Perché l’Omissione di Lavori Non È Stata Ritenuta di Particolare Tenuità?
Il punto cruciale della decisione riguarda il mancato riconoscimento della causa di non punibilità. La difesa sosteneva che si dovesse considerare solo il breve lasso di tempo tra la denuncia e l’intervento di messa in sicurezza. La Cassazione ha rigettato questa visione, affermando che la condotta penalmente rilevante non è istantanea, ma comprende tutto l’ampio arco temporale in cui l’immobile è stato lasciato in stato di abbandono. È proprio questa lunga inerzia che ha permesso al degrado di raggiungere un livello tale da generare un ‘elevato pericolo per l’incolumità pubblica’. Di conseguenza, l’offesa è stata giudicata tutt’altro che tenue.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché tendeva a una rilettura del merito della vicenda, attività preclusa al giudice di legittimità, che deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. In secondo luogo, nel merito, la Corte ha stabilito un principio importante per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. al reato di omissione di lavori: la valutazione della tenuità del fatto deve tenere conto dell’intera durata della condotta omissiva. Una negligenza prolungata nel tempo, che aggrava progressivamente il pericolo, non può essere considerata un’offesa lieve, specialmente quando mette a rischio un bene primario come la sicurezza pubblica.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce che la responsabilità penale per l’omissione di lavori necessari a prevenire pericoli non va sottovalutata. I proprietari di immobili hanno il dovere giuridico di mantenerli in condizioni di sicurezza. La decisione chiarisce che la ‘particolare tenuità del fatto’ non può essere invocata come un facile salvacondotto quando il pericolo deriva da una trascuratezza che si protrae per un lungo periodo. La durata dell’omissione è un fattore determinante per valutare la gravità della condotta e, di conseguenza, la meritevolezza della sanzione penale. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende serve anche da monito sull’uso appropriato dello strumento del ricorso per cassazione.
Quando la mancata manutenzione di un immobile diventa reato di omissione di lavori?
Diventa reato quando lo stato di degrado dell’edificio crea un pericolo concreto e provato di rovina per le persone, come dimostrato nel caso di specie dall’intervento urgente delle autorità per mettere in sicurezza l’area.
Perché la Cassazione ha ritenuto che il reato non fosse di ‘particolare tenuità’?
La Corte ha negato la particolare tenuità del fatto perché la condotta omissiva della proprietaria si è protratta per un lungo arco temporale, permettendo all’immobile di degradarsi fino a creare un elevato pericolo per la pubblica incolumità. La durata della negligenza ha reso l’offesa tutt’altro che tenue.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna precedente. Inoltre, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a causa dell’irritualità dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3508 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3508 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2023 del TRIBUNALE di PALMI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in preambolo e, con un unico motivo, deduce la violazione dell’art. 677, comma 3, cod. proc. pen. e vizio di motivazione in punto di sussistenza del pericolo concreto per le persone, dell’elemento soggettivo della contravvenzione, infine del diniego della causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis cod. pen.;
ritenuti i motivi non consentiti in quanto interamente versati in fatto e reiterativi, siccome aventi ad oggetto censure già adeguatamente vagliate dal giudice di merito;
rilevato, infatti, che la sentenza impugnata, quanto al concreto pericolo di rovina, ha svolto congruo riferimento alle risultanze investigative e, segnatamente, all’attività urgente di messa in sicurezza all’uopo predisposta da parte dei RAGIONE_SOCIALE e della Polizia municipale (interdizione traffico sulla strada pubblica e rimozione e/o assicurazione delle lamiere penzolanti) e, quanto all’elemento psicologico, ha valorizzato – con motivazione scevra da fratture logiche – l’evidenza della vetustà dell’immobile, il descritto stato di fatiscenza e l’assenza di qualsivoglia intervento di manutenzione;
considerato, quanto alla doglianza in punto di mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., che il Giudice di merito ha ancorato tale diniego all’ampio arco temporale della condotta che ha determinato il descritto degrado del bene (che non va limitata – come suggerisce la difesa nel ricorso – al segmento temporale tra la denuncia e la messa in sicurezza (postuma) da parte dell’imputata, ma che deve necessariamente comprendere il lungo tempo in cui l’immobile è rimasto privo di interventi di manutenzione al punto da ridursi nello stato fatiscente in cui si trovava al momento dell’intervento), cui si accompagna un elevato pericolo per l’incolumità pubblica e, dunque, per tale via ha affermando la natura tutt’alto che tenue dell’offesa;
ritenuto dunque che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 novembre 2023
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Presidente