Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25945 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25945 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN BONIFACIO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/10/2023 del TRIBUNALE di ROVIGO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rovigo, quale giudice dell’esecuzione, ha revocato i decreti penali di condanna indicati nell’istanza difensiva presentata da NOME COGNOME ai n. 1), 2)- solo parzialmente, limitatamente alle condotte poste in essere nell’anno 2007-, 3) e 4, perché il fatto (omesso versamento delle ritenute previdenziali COGNOME ed assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti, di cui all’art. 2 c. 1 bis d. I. 483 del 1983, per importi annui inferiori ai 10.000 C) non è più previsto dalla legge come reato; ha rideterminato la pena relativa al decreto penale sub 2); ha dichiarato inammissibile l’istanza avanzata con riferimento al decreto penale sub 10); COGNOME ha infine rigettato la richiesta di revoca dei decreti penali di condanna e delle sentenze indicati nell’istanza difensiva dal n. 5) al n. 15).
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore – NOME COGNOME, deducendo i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 673 cod. proc. pen.. Il Giudice dell’esecuzione è pervenuto al rigetto RAGIONE_SOCIALE richiesta di revoca delle pronunce di cui in premessa sulla base di informazioni fornite dall’RAGIONE_SOCIALE, assunte d’ufficio al di fuori del doveroso contraddittorio delle parti. Nel procedimento d’esecuzione non era consentito svolgere accertamenti di merito ulteriori rispetto a quanto giudicato con il provvedimento di cui si chiedeva la revoca, non essendo il rimedio RAGIONE_SOCIALE revoca per abolitio criminis un mezzo di impugnazione e dovendo il G.E., privo di poteri rescissori del giudicato, limitarsi a dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato sulla base di quanto emergente dall’atto, senza poter attivare poteri istruttori.
2.2. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riferimento all’esclusione dell’abolitio criminis nel caso di condanna intervenuta per il reato di cui all’art. 3 comma 6 d. I.vo 8 del 2016. Dal momento che il reato di cui all’art. 2 c. 1 bis d. I. 483 del 1983 si perfeziona nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere dal gennaio dell’anno considerato, superata la soglia di punibilità, le eventuali ulteriori omissioni non danno luogo ad ulteriori reati: cade quindi in errore di diritto il G.E. laddove non ha revocato «i decreti penali per la sola riferibilità delle condotte alle annualità 2008 e 2009».
2.3. Con il terzo motivo, deduce inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità ex art. 606 lett. c), cod. proc. pen., in ragione RAGIONE_SOCIALE violazione del contraddittorio in relazione al comma 5 dell’art. 666 cod. proc. pen..
Il G.E. ha fondato il proprio convincimento su prove che non sono state ritualmente, e preventivamente, ammesse nel contraddittorio delle parti, in violazione dell’art. 666 comma 5 cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, ritenendo fondati il primo e terzo motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo che assorbe il terzo.
2. È infondato i primo motivo di ricorso.
Il D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, attuativo RAGIONE_SOCIALE legge 28 aprile 2014, n. 67, in vigore dal 6 febbraio 2016, all’art. 3, comma 6, (introdotto in attuazione dell’art. 2, comma 2, lett. c), RAGIONE_SOCIALE legge n. 67 del 2014) ha sostituito il testo dell’art. 2, comma 1-bis, del d.l. n. 463 del 1983, convertito nella legge n. 638 del 1983, con riferimento alla rilevanza sanzionatoria degli omessi versamenti dei contributi previdenziali, per la quota corrispondente alle ritenute operate nei riguardi dei lavoratori.
La norma incriminatrice, infatti, in origine puniva con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a 1.032,00 euro qualsiasi condotta illecita del datore di lavoro che operasse le ritenute previdenziali previste dalla legge sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che lavorano alle sue dipendenze, senza provvedere al dovuto versamento all’RAGIONE_SOCIALE.
L’attuale testo normativo, al contrario, differenzia il regime giuridico in ragione dell’omissione compiuta dal datore di lavoro, confermando la sanzione penale RAGIONE_SOCIALE reclusione fino a 3 anni congiunta alla multa fino a 1.032,00 euro per i soli omessi versamenti di importo superiore a 10.000,00 euro annui.
Nei casi in cui, invece, l’importo omesso rimanga al di sotto RAGIONE_SOCIALE predetta soglia (vale a dire non superi i 10.000,00 euro per anno), è prevista l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000,00 euro a 50.000,00 euro.
Ciò premesso, nel caso di specie si è verificato un’ipotesi di abolitio criminis solo parziale dell’art. 2, comma 1-bis, D.L. n.463 del 1983 (conv. in I. n.638 del 1983), sussistendo piena continuità normativa con la precedente incriminazione, allorquando sia superata la soglia di punibilità (Sez. 3, n. 14475 del 07/12/2016 dep. 2017, COGNOME, Rv. 269329 – 01).
In tale ipotesi deve quindi ritenersi che del tutto correttamente il nell’esercizio dei suoi poteri istruttori sanciti espressamente dall’art. 666 comma 5 cod. proc. pen., abbia acquisito documentazione utile al fine di verificare, nelle varie annualità, il superamento o meno RAGIONE_SOCIALE soglia di punibilità.
È fondato il secondo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento RAGIONE_SOCIALE terza doglianza.
Le Sezioni Unite RAGIONE_SOCIALE Suprema Corte, con sentenza n. 10424 del 18 gennaio 2018, dep. 7 marzo 2018, COGNOME, Rv. 272163, hanno affermato il seguente principio di diritto: «In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti, l’importo complessivo superiore ad euro 10.000 annui, rilevante ai fini del raggiungimento RAGIONE_SOCIALE soglia di punibilità, deve essere individuato con riferimento alle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi, che sono quelle incluse nel periodo 16 gennaio – 16 dicembre, relativo alle retribuzioni corrisposte, rispettivamente, nel dicembre dell’anno precedente e nel novembre dell’anno in corso».
Le Sezioni Unite hanno precisato che, alla luce delle avvenute modifiche, durante l’arco temporale annuale potrebbero verificarsi plurime omissioni che, singolarmente considerate, potrebbero anche non costituire reato, ovvero che intervenga un unico omesso versamento che già da solo superi la soglia; hanno aggiunto che il reato si configura, quindi, come una fattispecie connotata da una progressione criminosa nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell’ultima mensilità, e quindi con la data del 16 gennaio dell’anno successivo (in questo senso Sez. III, 11 maggio 2016, n. 37232, COGNOME, Rv. 268308; tra le tante che hanno ribadito il principio consolidato Sez. III, 20 ottobre 2016 dep. 2017, n. 649, Messina, Rv. 268813; Sez. III, 07 dicembre 2016, dep. 2017, n. 14475, COGNOME, Rv. 269329; Sez. III, 11 maggio 2017, n. 34362, Sbrolla, Rv. 270961).
Si è anche precisato che le eventuali omissioni successive al superamento del valore di soglia contribuiscono ad accentuare la lesione inferta al bene giuridico per effetto del già verificatosi superamento dell’importo di legge sicché, da un lato, non possono semplicemente atteggiarsi quale post factum penalmente irrilevante e, dall’altro, approfondendo il disvalore già emerso, non possono segnare, in corrispondenza di ogni ulteriore mensilità non versata, un ulteriore autonomo momento di disvalore (che sarebbe infatti assorbito da quello già in essere).
E’ poi principio consolidato quello per cui, al fine di verificare il superamento del limite di legge occorre verificare tutte le omissioni verificatesi nell’anno, comprese quelle estinte per prescrizione (Sez. 3, n. 37232 del 11/05/2016, COGNOME, Rv. 268308- 01; sez. 3, n. 649 del 20/10/2016 dep. 2017, Messina, Rv. 268813 – 01).
Ebbene, ciò premesso, osserva il Collegio come, dalla motivazione dell’impugnata ordinanza, non emerga se il G.E. si sia attenuto ai principi vigenti in materia e sopra delineati, non essendo chiaro quali decreti penali di condanna attenessero alle annualità per le quali s è ritenuto superato t la soglia di punibilità, nè come il calcolo sia
stato effettuato, ed ancora non è dato comprendere quali decreti penali, e per quali importi, avessero determinato il superamento RAGIONE_SOCIALE soglia di punibilità.
L’ordinanza dev’essere pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio innanzi al G.E. che dovrà, previa fissazione di nuova udienza da svolgersi nel contraddittorio delle parti, effettuare un nuovo giudizio alla luce delle coordinate ermeneutiche fissate dalla giurisprudenza di legittimità, provvedendo a colmare le lacune motivazionali evidenziate
P.Q.M.
Rovigo. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di
Così deciso, il 21 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente