Omissione Condanne e Reddito di Cittadinanza: La Cassazione Conferma la Condanna
L’omissione di condanne penali nella richiesta di accesso a benefici statali, come il reddito di cittadinanza, costituisce un reato grave e non ammette scorciatoie. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino condannato proprio per aver taciuto un suo precedente penale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Caso: La Dichiarazione Incompleta
Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. n. 4/2019. L’imputato, nel presentare due distinte domande per ottenere il reddito di cittadinanza (nel 2019 e nel 2020), aveva deliberatamente omesso di dichiarare di aver riportato una precedente condanna, divenuta irrevocabile nel 2015, per reati gravi come l’estorsione.
I giudici di merito avevano stabilito che tale informazione era essenziale e rilevante per l’erogazione del beneficio economico. Di fronte alla conferma della condanna in Appello, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.
L’Analisi della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso sull’Omissione Condanne
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, ritenendoli tutti manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. Vediamo perché.
Primo Motivo: La Colpevolezza
L’imputato contestava la sua colpevolezza, tentando di offrire una ricostruzione alternativa dei fatti. La Corte ha respinto questa argomentazione, sottolineando che i giudici di merito avevano adeguatamente dimostrato che l’omissione era stata consapevole e volontaria, finalizzata proprio a ottenere un beneficio altrimenti non spettante.
Secondo Motivo: La Particolare Tenuità del Fatto
La difesa aveva richiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.). Anche questo motivo è stato rigettato. I giudici hanno evidenziato che la condotta non poteva essere considerata di lieve entità, poiché si era manifestata attraverso due distinte dichiarazioni fraudolente, rese in un ampio arco temporale. Questa reiterazione del comportamento illecito è stata considerata ostativa all’applicazione del beneficio.
Terzo Motivo: Le Sanzioni Sostitutive
Infine, è stata respinta la richiesta di applicare una sanzione sostitutiva alla pena detentiva. La Corte ha motivato la sua decisione sulla base della gravità del precedente penale a carico dell’imputato e della sua assenza di ‘resipiscenza’, ovvero di pentimento. La commissione di questi nuovi reati dimostrava, secondo i giudici, una persistente inclinazione a delinquere, incompatibile con la concessione di sanzioni alternative al carcere.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha concluso che il ricorso non presentava argomentazioni giuridiche valide, ma si limitava a contrapporre una diversa valutazione dei fatti, operazione non consentita nel giudizio di legittimità. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata logica, coerente e fondata su considerazioni razionali.
La decisione si basa sul principio che l’omissione di condanne rilevanti è un atto doloso che mina la fiducia nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e altera le condizioni per l’accesso a importanti misure di sostegno economico. La condotta, aggravata dalla sua ripetizione nel tempo e dal curriculum criminale del soggetto, non può beneficiare di istituti premiali come la non punibilità per tenuità del fatto o le sanzioni sostitutive.
Le Conclusioni
L’ordinanza riafferma con forza un principio fondamentale: l’onestà e la completezza delle dichiarazioni rese alla Pubblica Amministrazione sono un requisito imprescindibile per accedere ai benefici statali. L’omissione di condanne penali non è una semplice dimenticanza, ma un reato che viene perseguito e punito severamente. La decisione della Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso, non solo conferma la condanna dell’imputato ma lo obbliga anche al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a sottolineare la serietà della violazione commessa.
È reato omettere precedenti condanne penali nella domanda per il reddito di cittadinanza?
Sì, la sentenza conferma che omettere consapevolmente di dichiarare una precedente condanna penale, rilevante ai fini dei requisiti, integra il reato previsto dall’art. 7 del decreto legge n. 4 del 2019.
La particolare tenuità del fatto è applicabile se l’omissione è ripetuta nel tempo?
No, la Corte ha stabilito che la condotta, essendosi manifestata in più dichiarazioni fraudolente (di tipo omissivo) rese in un esteso arco temporale, non può essere considerata di particolare tenuità e quindi non può beneficiare della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis del codice penale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35723 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35723 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BERGAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 3 luglio 2024, che ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Cosenza il 24 maggio 2023, con la quale NOME COGNOME, all’esito di rito abbreviato, era stato condannato, riconosciute le attenu generiche, alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole di due episod del reato ex art. 7 del decreto legge n. 4 del 2019; fatti commessi in Cosenza il 29 marzo 2019 e il 6 ottobre 2020.
Rilevato che il primo motivo di ricorso, con il quale si censura la conferma del giudizio colpevolezza dell’imputato, è manifestamente infondato, in quanto volto a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, a fronte dell’adeguata ricostruzione operata giudici di merito, i quali hanno evidenziato che COGNOME, nelle domande del 29 marzo 2019 e del 6 ottobre 2020 finalizzate al conseguimento del reddito di cittadinanza, ha consapevolmente omesso di dichiaracii aver riportato una precedente condanna, divenuta irrevocabile nel 2015, avente ad oggetto il reato di cui agli art. 629 cod. pen. e 7 del decreto legge n. 152 del 19 venendo in rilievo un’informazione rilevante ai fini del conseguimento del beneficio economico.
Osservato che il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa censura la mancata applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, è manifestamente infondato quanto ripropositivo di un tema già adeguatamente trattato nella sentenza impugnata (pag. 3), nella quale, in modo pertinente, è stata sottolineata, in senso ostativo all’applicazione dell 131 bis cod. pen., la circostanza che la condotta dell’imputato si è estrinsecata in plurim dichiarazioni fraudolente (di tipo omissivo), rese in un esteso arco temporale.
Evidenziato che la manifesta infondatezza connota anche il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura l’erronea applicazione degli art. 53 ss. della legge n. 689 del 1981, avendo al riguard la Corte di appello rimarcato, in maniera non irragionevole, che l’esistenza del grave precedente a carico dell’imputato e la sua assenza di resipiscenza, comprovata dalla commissione dei reati per cui si è proceduto, escludevano l’applicabilità dell’invocata sanzione sostitutiva.
Ritenuto che, rispetto a ciascun tema dedotto, la motivazione della sentenza impugnata risulta sorretta da considerazioni razionali, cui la difesa contrappone differenti apprezzamenti di merito che tuttavia esulano dal perimetro del giudizio di legittimità (cfr. in termini Sez. 6, n. 546 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 maggio 2025.