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Omissione atti d’ufficio: doveri del sindaco

Una società edile ricorre contro l’assoluzione di un sindaco e di un dirigente tecnico per il reato di omissione atti d’ufficio, a seguito della mancata risposta a un’istanza di variante urbanistica. La Corte di Cassazione annulla con rinvio la sentenza per il sindaco, affermando la sua responsabilità in quanto presidente del consiglio comunale in un piccolo comune, obbligato a dare seguito alla richiesta. Rigetta invece il ricorso per il dirigente, ritenendolo non competente all’adozione dell’atto finale.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omissione atti d’ufficio: La Cassazione delinea i doveri del Sindaco

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7668/2024) offre un importante chiarimento sulla configurabilità del reato di omissione atti d’ufficio a carico degli amministratori locali, in particolare del sindaco. Il caso analizza la mancata risposta a un’istanza presentata da un’impresa, delineando con precisione i confini della responsabilità penale anche quando la competenza finale non è direttamente del primo cittadino.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di una società edile per una variante al piano di fabbricazione di un piccolo comune. L’istanza, presentata originariamente nel 2001 e reiterata nel 2011, rimaneva senza risposta. Nel 2015, la società inviava una formale diffida al sindaco per ottenere un riscontro. Di fronte al persistente silenzio, la società denunciava il sindaco e il responsabile dell’ufficio tecnico comunale.

Il Tribunale di primo grado condannava entrambi per omissione d’atti d’ufficio. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, assolvendo gli imputati con la motivazione che l’atto richiesto (la variante urbanistica) non rientrava nella competenza diretta né del sindaco né del dirigente tecnico, bensì del consiglio comunale.

Il Ricorso in Cassazione

La società, costituitasi parte civile, ha impugnato la sentenza di assoluzione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un’errata interpretazione delle norme e un vizio di motivazione. La Procura Generale si è associata al ricorso, sostenendo che la sentenza di secondo grado fosse carente e contraddittoria.

Omissione atti d’ufficio: La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, operando una distinzione fondamentale tra la posizione del sindaco e quella del dirigente tecnico.

La Responsabilità del Sindaco

Per quanto riguarda il sindaco, la Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione ai soli fini civili, rinviando il caso a un giudice civile per la quantificazione del danno. Secondo i giudici, la Corte d’Appello ha errato nel non considerare una norma chiave del Testo Unico degli Enti Locali (art. 39 TUEL). In base a tale norma, nei comuni con meno di 15.000 abitanti, il sindaco riveste anche il ruolo di presidente del consiglio comunale. Di conseguenza, la diffida inviata al sindaco era correttamente indirizzata, in quanto egli rappresentava legalmente l’organo competente a deliberare.

Il sindaco, pertanto, aveva il dovere di agire. Anche se la decisione finale non spettava a lui personalmente, avrebbe dovuto quantomeno convocare il consiglio comunale per discutere la richiesta. Il suo totale silenzio e la sua inerzia hanno integrato il reato di omissione.

L’Irrilevanza della Posizione del Dirigente Tecnico

Diversa è stata la valutazione per il responsabile dell’ufficio tecnico. La Corte ha rigettato il ricorso nei suoi confronti. La motivazione principale risiede nel fatto che la diffida del 2015 non gli era stata notificata. Inoltre, il suo ruolo è considerato interno all’iter procedimentale. Il reato di omissione atti d’ufficio si configura in capo al soggetto competente ad adottare l’atto finale, e non a carico di chi partecipa alle fasi istruttorie o preparatorie, la cui eventuale inerzia deve essere risolta con meccanismi interni all’amministrazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha sottolineato che la competenza del soggetto a cui è richiesto l’atto è un presupposto essenziale del reato. Nel caso del sindaco, tale competenza derivava dal suo ruolo di presidente del consiglio comunale, che gli imponeva di dare impulso al procedimento. L’invio di una diffida formale, inoltre, rende palese il dolo, ovvero la consapevolezza e la volontà di non compiere l’atto dovuto.

Un punto cruciale della sentenza è l’affermazione che l’esistenza di rimedi amministrativi alternativi (come il ricorso contro il silenzio-inadempimento) o di meccanismi surrogatori non esclude la rilevanza penale dell’omissione. La tutela penale e quella amministrativa operano su piani diversi: l’inerzia della Pubblica Amministrazione, se ingiustificata e protratta, integra il reato previsto dall’art. 328 c.p. a prescindere da altre vie percorribili per il cittadino.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: i pubblici ufficiali e gli amministratori locali hanno un preciso dovere di rispondere alle istanze dei cittadini. Il silenzio non è una opzione ammissibile. In particolare, la figura del sindaco, specialmente nei piccoli comuni, assume un ruolo di garanzia e di impulso procedurale che non può essere disatteso. L’inerzia di fronte a una richiesta formale e motivata non è solo una violazione delle norme sul procedimento amministrativo, ma può configurare una precisa responsabilità penale, con conseguente obbligo di risarcire il danno causato al privato.

Un sindaco può essere ritenuto responsabile per omissione atti d’ufficio se l’atto finale spetta al consiglio comunale?
Sì. La sentenza chiarisce che, soprattutto nei comuni con meno di 15.000 abitanti dove il sindaco è anche presidente del consiglio comunale, egli ha il dovere di dare impulso al procedimento. La diffida indirizzata a lui lo costituisce come destinatario dell’obbligo di attivarsi per portare la questione all’attenzione dell’organo competente.

L’esistenza di rimedi amministrativi contro il silenzio della Pubblica Amministrazione esclude la responsabilità penale del funzionario?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la possibilità per il cittadino di esperire rimedi giurisdizionali amministrativi contro il silenzio non elimina la rilevanza penale dell’omissione. La tutela penale e quella amministrativa sono distinte e l’inerzia del pubblico ufficiale integra comunque il reato.

Un dirigente tecnico è responsabile penalmente se un procedimento nel suo ufficio non viene concluso?
Non necessariamente. Secondo la sentenza, la responsabilità penale per omissione d’atti d’ufficio ricade sul soggetto competente ad adottare l’atto finale. I funzionari che intervengono in fasi interne e preparatorie dell’iter procedimentale non sono, di norma, penalmente responsabili per l’omissione dell’atto conclusivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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