Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32361 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32361 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a RIVOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Procuratore generale, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza emessa il 20/02/2023, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione per il reato previsto dall’art.589bis cod.pen., così determinata previa concessione dell’attenuante prevista dal comma settimo dello stesso articolo e delle circostanze attenuanti generiche nonché di quella prevista daWart.62, n.6, cod.pen., con il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna; con applicazione, altresì, della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni uno.
Era stato ascritto all’imputato di avere cagionato il decesso di NOME COGNOME per colpa consistita nella violazione dell’art.141 del d.lgs. 30 aprile 1992, n.285; in quanto, percorrendo a bordo della propria vettura modello BMW X3 targata TARGA_VEICOLO la INDIRIZZO in direzione del Comune di Trana, il ricorrente aveva omesso di adeguare la velocità alle condizioni della strada non avvedendosi in tempo della presenza del pedone che stava attraversando la carreggiata, in tal modo impattando contro lo stesso con la zona anteriore del parafango e determinandone lo sbalzo verso la semicarreggiata opposta, nella quale stava sopraggiungendo la vettura condotta da NOME COGNOME, imputata del medesimo reato e assolta dal giudice di primo grado.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di appello inerenti alla dedotta nullit dell’avviso di conclusione indagini derivante dal mancato deposito, unitamente all’avviso notificato ai sensi dell’art.415-bis cod.proc.pen., di un DVD estratto dalle videocamere di sorveglianza e contenente le immagini dell’incidente ovvero alla inutilizzabilità di tale prova; ha dedotto che il DVD era stato acquisito in sede di indagini ed esaminato dal consulente nominato dal p.m., nella cui relazione erano stati riportati i fotogrammi rilevanti, non ravvisandosi quindi alcuna violazione del diritto di difesa, anche in considerazione del fatto che il supporto era stato comunque acquisito prima dell’udienza preliminare.
Ha ritenuto quindi infondati i motivi spiegati dalla difesa nel merito, ritenendo che la difesa avesse sollevato questioni già esaurientemente trattate dal giudice di primo grado; ha rilevato che il consulente del p.m. aveva stimato la velocità tenuta dall’imputato in km 54/h, quindi superiore a quella consentita in un centro abitato e che comunque la velocità stessa non aveva consentito al conducente di avvedersi con tempestività dell’attraversamento della strada da parte del pedone, condotta da ritenersi esigibile sulla base delle condizioni di visibilità e della prevedibilità astratta dell’attraversamento medesimo, pure se imprudente; con
conseguente sussistenza dell’illecito amministrativo sanzionato dall’art.141 C.d.s.; ha altresì ritenuto infondato il motivo inerente al mancato accertamento dell’effettiva causa del decesso della persona offesa, non essendo contestabile che lo stesso fosse dovuto al meccanismo causale innescato dalla condotta tenuta dall’imputato.
Ha, infine, rigettato i motivi inerenti alla determinazione del trattamento sanzionatorio anche in riferimento alla quantificazione delle sanzioni amministrative.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, articolando sei motivi di impugnazione, il cui contenuto viene qui riassunto nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art.173, disp.att., cod.proc.pen..
Con il primo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod.proc.pen. – la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e degli atti successiv e derivati nonché la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla violazione del diritto di difesa, derivante dal tardivo deposito di un DVD sequestrato all’epoca dei fatti e non depositato unitamente all’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Ha dedotto che il tardivo deposito dell’atto – avvenuto successivamente a quella della richiesta di rinvio a giudizio – aveva determinato una lesione delle prerogative difensive concretizzando una nullità generale a regime intermedio, tempestivamente eccepita.
Con il secondo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.c) ed e), cod.proc.pen. – l’inutilizzabilità del predetto filmato e la manifesta illogici della motivazione resa sul punto, attesa la tardività del deposito dell’atto.
Ha dedotto che la Corte avrebbe impropriamente evocato il regime proprio dell’attività integrativa di indagine, non richiamabile nel caso di specie trattandosi di fonte di prova già nella disponibilità del p.m. in momento antecedente alla notifica dell’avviso di cui all’art.415-bis cod.proc.pen.; esponendo come il mancato deposito avesse impedito alla difesa di richiedere tempestivamente l’esercizio di un’attività di indagine ulteriore, anteriormente rispetto alla successiva ed eventuale richiesta di rinvio a giudizio.
Con il terzo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. – l’omessa valutazione di atti processuali ai sensi dell’art.192 cod proc.pen. e la mancanza di motivazione sul punto.
Ho dedotto che il testo COGNOME (vicecomandante della Polizia Municipale) e il teste COGNOME (operatore del 118), avevano riferito – contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, che aveva parlato di buona visibilità e di idonea illuminazione
pubblica – che l’incidente si era verificato in condizioni di scarsa visibilità e su sede stradale priva della tracciatura delle linee di mezzeria e delle strisce pedonali; esponendo, quindi, che la Corte territoriale avrebbe fatto proprie le conclusioni del consulente del primo ministero in assenza di adeguato vaglio critico della prova testimoniale.
Con il quarto motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – l’erronea applicazione e mancanza di motivazione in relazione all’art.141 C.d.s..
Ha dedotto che la Corte avrebbe identificato la velocità da ritenersi adeguata nel caso concreto sulla base di una mera valutazione a posteriori e senza indicare quale sarebbe ipoteticamente stata la velocità effettivamente necessaria al fine di evitare l’evento sulla base di una valutazione concreto dello stato dei luoghi e in relazione all’eventuale attraversamento da parte di pedoni, non identificando quindi il contenuto effettivo della regola cautelare violata.
Con il quinto motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. – la mancanza ed illogicità della motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.
Ha argomentato che i giudici di merito si sarebbero discostati dal minimo edittale facendo generico riferimento alle modalità del fatto e a una valutazione dello stato dei luoghi da ritenersi smentita dalle risultanze processuali; censurando anche la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art.589-bis, comma settimo, cod.pen., nella sua massima estensione.
Con il sesto motivo ha dedotto l’omessa motivazione in ordine al settimo motivo di appello e attinente alla sanzione amministrativa accessoria di cui all’art.141 C.d.s., esponendo come i giudici di merito non avessero motivato sul punto inerente all’applicazione della sanzione prevista dal comma otto anziché di quella prevista dal comma undici.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che, vertendosi – in punto di valutazione di responsabilità dell’imputato – in una fattispecie di c.d. doppia conforme, le due decisioni di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi le stesse a vicenda, secondo il tradizionale insegnamento della Suprema Corte; tanto in base al principio per cui
«Il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile» (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, COGNOME, Rv. 225671; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente ha dedotto la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, derivante dal mancato deposito tempestivo, in allegato all’avviso previsto dall’art.415-bis cod.proc.pen., di tutti gli atti di in utilizzati dal p.m., con specifico riferimento a un DVD contenente le immagini del fatto oggetto del giudizio.
Il motivo è infondato.
In relazione a tale specifica tematica, deve difatti ritenersi consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento in base al quale l’omesso deposito di un atto di indagine in allegato all’avviso di chiusura previsto dall’art.415-bis cod.proc.pen., non dà luogo a una nullità della successiva richiesta di rinvio a giudizio e del conseguente decreto che dispone il giudizio, ma determina l’inutilizzabilità degli atti stessi e tanto in ossequio al principio di tassatività de ipotesi di nullità e non essendo la stessa prevista né dall’art. 416, né dall’art. 429 del codice di rito (in termini, Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273527; mentre espressive di principi analoghi, con la precisazione in base alla quale alcuna patologia processuale può ravvisarsi in relazione ad atti non depositati e frutto dell’attività integrativa prevista dall’art.430 cod.proc.pen., sono anche Sez. 2, n. 5408 del 20/10/2020, dep. 2021, Possente, Rv. 280646; Sez. 4, n. 7597 del 08/11/2013, dep. 2014, Stuppia, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Con il secondo motivo di impugnazione, il ricorrente ha quindi dedotto che – per effetto del suddetto deposito tardivo – si sarebbe comunque determinata una fattispecie di inutilizzabilità della prova, non riscontrata da parte dei giudici di merito, per violazione delle prerogative proprie dell’esercizio del diritto di difesa.
Va quindi premesso, sul punto, che, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la Corte di legittimità è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, invece, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e), del citato articolo, quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro,
Rv. 220092, in senso conforme Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273525).
Ciò premesso, il motivo è manifestamente infondato.
Sulla base degli elementi desumibili dagli atti – e in corrispondenza, peraltro, con quanto dedotto nell’illustrazione del primo motivo di ricorso – risulta che: in data 16/09/2020 era stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari; in data 29/09/2020, i difensori avevano depositato istanza di acquisizione del suddetto DVD al fascicolo delle indagini preliminari; il 20/10/2010 era stata depositata la richiesta di rinvio a giudizio e, il successivo 26/10/2020, il DVD era stato depositato all’interno del fascicolo del GIP.
In particolare, nel caso in esame, risulta che – proprio per effetto della richiesta di acquisizione del supporto operato dalla difesa – lo stesso è stato comunque acquisito agli atti anteriormente alla celebrazione dell’udienza preliminare, ponendo quindi la difesa stessa nelle condizioni di controdedurre in ordine al suo contenuto anteriormente rispetto al momento del contraddittorio.
Ciò posto, va fatto richiamo al principio espresso da Sez. 2, n. 43927 del 17/10/2019, Bonanno, Rv. 277998; la quale ha rilevato che l’omesso deposito di atti di indagine, ritualmente e tempestivamente effettuati, non essendo configurabile quale modalità di acquisizione della fonte di prova contra legem, determina una inutilizzabilità solo c.d. fisiologica dell’atto (e non patologica), nel caso di specie comunque sanata dalla successiva e corretta acquisizione dell’atto stesso anteriormente all’espletamento dell’istruttoria dibattimentale (sulla distinzione tra inutilizzabilità c.d. fisiologica e patologica cfr. Sez. U, n. 16 d 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216246 e la successiva e pacifica giurisprudenza sul punto quale, da ultimo, tra le tante Sez. 2, n. 11582 del 14/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272792; Sez. 3, n. 1914 del 20/12/2018, dep. 2019, T, Rv. 274343. In senso nella sostanza analogo a quanto indicato cfr. Sez. 2, n. 40409 del 08/10/2008, COGNOME, Rv. 241870, per la quale la sanzione della inutilizzabilità prevista per gli atti compiuti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari stabilito dall’art. 405 cod. proc. pen., non riguarda gli atti compiuti prima, ma depositati successivamente alla sua scadenza). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
D’altra parte, come sottolineato dal giudice di appello, il contenuto del predetto filmato era stato visionato dal consulente del p.m. ai fini della ricostruzione della dinamica dell’evento e nella sua relazione, ritualmente depositata al momento dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, erano stati raffigurati i fotogrammi rilevanti, di modo che – come espressamente argomentato dalla Corte territoriale – il contenuto del supporto era stato, di fatto, sottoposto alla rituale discovery al momento della notifica dell’atto previsto dall’art.415-bis cod.proc.pen..
Ne consegue che, sulla scorta dei principi predetti, non si è concretizzata alcuna ipotesi di inutilizzabilità c.d. patologica in riferimento alla dedotta lesione delle prerogative difensive.
A ciò, va altresì aggiunta un’ulteriore notazione, derivante dalla complessiva aspecificità dell’eccezione di inutilizzabilità formulata dalla difesa; atteso che la stessa non ha indicato quali siano gli elementi, eventualmente desumibili dal suddetto supporto, idonei a consentire una ricostruzione alternativa dell’evento oggetto di giudizio; tanto sulla base del principio per cui è inammissibile per aspecificità il ricorso per cassazione con cui si eccepisce l’inutilizzabilità di un elemento probatorio senza dedurne la decisività in forza della cd. “prova di resistenza”, ai fini dell’adozione del provvedimento impugnato (Sez. 3, n. 39603 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287024 – 02; Sez. 5, n. 31823 del 06/10/2020, COGNOME, Rv. 279829; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269218).
Con il terzo motivo, la difesa ha contestato la ricostruzione in punto di fatto operata dai giudici di merito in ordine alla ricostruzione della scena dell’evento, ritenendo che gli stessi non avrebbero tenuto conto delle testimonianze rese dai testi COGNOME (vicecomandante della Polizia municipale) e COGNOME (medico soccorritore del 118); i quali avrebbero riferito che la strada era in cattive condizioni di illuminazione e priva di segnaletica orizzontale.
Il motivo – con il quale è stata dedotta un’ipotesi di travisamento della prova per omissione – è inammissibile, in quanto estrinsecamente aspecifico.
Sul punto va difatti richiamato il principio in base al quale, ai fini dell deducibilità in cassazione del vizio di “travisamento della prova” – che si risolve nella utilizzazione di un’informazione inesistente o nella omessa valutazione della prova esistente agli atti – è necessario che il ricorrente prospetti la decisività del travisamento o dell’omissione nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica (Sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, Villari, Rv. 280117; Sez. 2, n. 19848 del 24/05/2006, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Nel caso di specie, non si evince – dall’illustrazione del motivo – in quale modo il dato sulle complessive condizioni della strada abbia avuto incidenza decisiva sul complessivo ragionamento probatorio operato da parte dei giudici di merito. I quali, di contro, hanno comunque concordemente rilevato che, al di là del dato rappresentato dall’illuminazione della strada (dedotto dalla consulenza del pubblico ministero) le condizioni di visibilità si presentavano comunque come non ideali, alla luce della cattive condizioni atmosferiche e che la strada medesim – trovava all’interno del centro abitato, con intorno diverse attività commerciali, elementi che rendevano astrattamente prevedibile un attraversamento pedonale
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e che avrebbero quindi dovuto indurre il guidatore a una particolare prudenza nell’adeguamento della velocità alle condizioni della strada.
Per cui, di fatto, gli elementi tratti dalle suddette testimonianze non prospettano – neanche in via astratta – alcun elemento fattuale idoneo a smentire il ragionamento dei giudici di merito in punto di giudizio sulla sussistenza del profilo di colpa dagli stessi ritenuto; avendo, anzi, il motivo di ricorso sottolineato elementi di fatto tali da rafforzare il carattere stringente della regola cautelare contestata nel capo di imputazione.
Con il quarto motivo, la difesa ha ritenuto che i giudici di merito avrebbero individuato solo a posteriori la regola cautelare violata e non a priori, secondo un iter logico reso necessitato dal carattere elastico della disposizione contenuta nell’art.141 C.d.s..
Il motivo è infondato.
Parte ricorrente ha fatto riferimento al principio espresso da questa Corte in base al quale, nei reati colposi, qualora si assuma violata una regola cautelare cosiddetta “elastica”, che cioè necessiti, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l’agente deve operare – al contrario di quelle cosiddette “rigide”, che fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento – è necessario, ai fini dell’accertamento dell’efficienza causale della condotta antidoverosa, procedere ad una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto, con la specifica necessità – indicata in parte motiva e in riferimento proprio alla regola contenuta nell’art.141 C.d.s. – di individuare con precisione la velocità idonea a evitare ragionevolmente l’evento (Sez. 4, n. 40050 del 29/03/2018, COGNOME, Rv. 273870); ragionamento da intendersi specificazione del principio per cui alla colpa del soggetto agente deve essere ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare (Sez. 4, n. 30985 del 04/04/2019, Pravadelli, Rv. 277476).
Tali principi non appaiono peraltro utilmente richiamabili nel caso di specie, in quanto i giudici di merito – pure in presenza del richiamo operato, in sede di capo di imputazione, all’art.141 C.d.s. – hanno, di fatto, ravvisato la violazione di una regola cautelare di tipo rigido derivante dall’apposizione dei limiti previsti dall’art142 C.d.s..
Difatti, in entrambe le sentenze è stata assunta la violazione della regola cautelare consistente nella tenuta di una velocità (54 km/h) superiore rispetto a z quella, imposta da una regola cautelare da classificarsi come rigida, consentita sulla strada in questione e che, essendo urbana, permetteva una velocità contenuta entro il limite dei 50 km/h; a ciò aggiungendo che la velocità tenuta si
era dimostrata comunque del tutto inadeguata alle condizioni di viabilità, in tale modo facendo riferimento anche ai parametri elastici specificamente evocati nel capo di imputazione.
Deve quindi ritenersi infondata la censura spiegata nel motivo di impugnazione, atteso che i giudici di merito hanno – nel loro percorso argomentativo – in primo luogo ravvisato la violazione dei limiti di velocità imposti sulla strada (e la conseguente violazione di una regola cautelare rigida) e, in secondo luogo, tenuto conto delle circostanze del caso concreto tali da far ritenere comunque inadeguata l’andatura tenuta dall’imputato e tale da impedirgli una tempestiva ed efficace manovra di emergenza al momento dell’attraversamento della sede stradale da parte del pedone.
Con il quinto motivo di impugnazione, il ricorrente ha contestato il trattamento sanzionatorio deducendo la carenza di motivazione in riferimento al discostamento rispetto ai minimi edittali oltre che alla mancata applicazione della diminuente prevista dall’art.589-bis, comma settimo, cod.pen..
Il motivo è infondato.
Sul punto, questa Corte ha avuto più volte modo di precisare che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione – non sindacabile in sede di legittimità – è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (ex multis, Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017. Mastro, Rv. 271243); essendosi altresì stato precisato che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME Papa, Rv. 276288).
Nel caso di specie, la pena base (pari ad anni due e mesi tre di reclusione) è stata quantificata nel limite prossimo al minimo edittale, per cui deve ritenersi che lcuno specifico e approfondito onere motivazionale incombesse sui giudici di merito.
Quanto alla determinazione della diminuzione della pena derivante dal riconoscimento dell’attenuante speciale prevista dall’art.589-bis, comma settimo, cod.pen. va richiamato il principio – dettato da questa Corte a proposito delle circostanze attenuanti generiche – per cui la mancata applicazione nell’estensione massima non impone al giudice di considerare necessariamente gli elementi favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimento a quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi alla concessione delle predette attenuanti nella massima estensione, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo rispetto alle esigenze di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, Angelini, Rv. 281217; Sez. 7, Ordinanza n. 39396 del 27/05/2016, COGNOME, Rv. 268475).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha dato congruamente atto delle circostanze di fatto poste alla base della concreta quantificazione della diminuzione e rapportate alla effettiva incidenza della condotta imprudente tenuta dal pedone nella dinamica dell’incidente e in considerazione della preponderante responsabilità dell’imputato; considerazioni, in riferimento ad ulteriore punto del motivo, poste anche alla base della determinazione dell’entità della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.
8. Con l’ultimo motivo di impugnazione, il ricorrente ha dedotto che la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi sul settimo motivo di appello, in punto di determinazione della sanzione amministrativa per non essere chiaro il comma di riferimento tra quelli previsti dall’art.141 C.d.s., ovvero se il comma ottavo (facente riferimento al comma terzo) ovvero il comma undicesimo; ciò atteso che il comma oggetto della ritenuta violazione sarebbe stato il primo e non il terzo.
Il motivo è infondato.
Atteso che, dal tenore complessivo delle sentenze e sulla base dei canoni propri della motivazione implicita (in relazione ai quali non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza, Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096), si evince che la sanzione è stata commisurata in relazione ai parametri previsti dal comma ottavo in relazione al comma terzo, che specifica gli obblighi dell’utente della strada in punto di regolazione della velocità, riferendosi il comma undici alle altre particolari violazioni individuate nello stesso articolo.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23 settembre 2025
Il Consigliere estensore
La Presidente