Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20203 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20203 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GELA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
E presente l’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO del foro di CATANIA in difesa delle parti civili COGNOME e COGNOME NOME, che deposita conclusioni scritte unitamente alla nota spese chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
AVV_NOTAIO COGNOME deposita nomina a sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO COGNOME del foro di CALTANISSETTA difensore della parte civile NOME COGNOME unitamente alle conclusioni scritte ed alla nota spese alle quali si riporta.
Sono presenti l’avvocato COGNOME NOME del foro di GELA e l’AVV_NOTAIO del foro di GELA in difesa di COGNOME NOME, che chiedono l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Caltanisetta, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Gela assunta all’sito di giudizio abbreviato, ha rideterminato la pena nei confronti di COGNOME NOME, in relazione al reato di omicidio colposo e di lesioni personali plurime, intervenuto sulla INDIRIZZO CaltanisettaINDIRIZZOGela in data 16 Novembre 2018, in anni cinque mesi quattro di reclusione. Veniva peraltro escluso il riconoscimento del beneficio delle circostanze attenuanti generiche e veniva altresì rigettato il motivo di appello con il quale l’imputato aveva richiesto la riduzione della pena in ragione del concorso nella determinazione del sinistro di cause estranee al fatto dell’imputato di cui all’art.589 bis comma 7 cod.pen.
Al COGNOME veniva contesta la inosservanza di specifiche disposizioni del codice della strada e in particolare dell’art.141 commi 1 e 2, dell’art.142 comma 1 e dell’art.163 C.d.S. per avere proceduto lungo arteria statale, ove vigeva il limite di 90 Km/h in direzione di Gela mantenendo una velocità superiore ai limiti previsti per quella tratta stradale e comunque eccessiva e inadeguata sia in relazione alle condizioni ambientali e metereologiche, sia alla presenza di una curva pericolosa, che determinavano la fuoriuscita del veicolo dalla corsia di marcia di pertinenza fino ad invadere obliquamente l’opposta corsia di marcia finendo per collidere con altro veicolo che percorreva l’opposta direttrice di marcia ed impattare con altro automezzo che lo seguiva e il cui conducente aveva tentato una manovra diversiva verso sinistra.
In ragione dei plurimi impatti conseguiva la morte di uno dei quattro passeggeri del veicolo condotto dell’imputato (che era collocato sul sedile anteriore lato passeggero) e lesioni gravissime ad altre due passeggere, nonché la morte del conducente della Lancia Y 10 proveniente dall’opposta corsia di marcia e lesioni semplici nei confronti dei due occupanti l’autoarticolato che seguiva nella marcia la autovettura TARGA_VEICOLO.
la Corte di Appello, dopo avere proceduto alla parziale rinnovazione del dibattimento mediante l’esperimento di una perizia cinematica, escludeva che ricorresse ipotesi di esclusione del rapporto di causalità materiale tra la condotta dell’imputato che, mediante l’invasione dell’opposta corsia di marcia aveva innescato la serie di urti tra veicoli che avevano determinato le conseguenze offensive suddette ed escludeva altresì che la condotta di guida del COGNOME fosse risultata condizionata da elementi perturbatori imprevedibili ed eccezionali quali le denunciate
irregolarità del manto stradale o fenomeni di acquaplaning la cui ricorrenza, ovvero, la cui incidenza sull’azione del COGNOME non risultavano dimostrati.
3.1 La Corte di appello escludeva altresì la mitigazione del trattamento sanzionatorio in ragione del concorso di cause esterne al fatto dell’imputato, a fronte della assoluta correttezza dell’operato dei conducenti degli altri mezzi coinvolti, nonché dell’assenza di ulteriori elementi concausali, non potendosi riconoscere rilievo sinergico, ai fini della disciplina di cui all’art.589 bis comma 7 cod.pen., all’eventuale inosservanza da parte del conducente del veicolo antagonista TARGA_VEICOLO all’obbligo di indossare la cintura di sicurezza, in considerazione delle caratteristiche e della violenza dell’urto.
Escludeva altresì il beneficio delle circostanze attenuanti generiche in ragione della gravità della colpa e della pluralità delle violazioni di specifiche regole cautelari, della portata offensiva della condotta e all’assenza di profili di meritevolezza da valorizzare, se non lo stato di incensuratezza dell’imputato.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato la quale ha articolato tre motivi di ricorso.
4.1 Con il primo motivo di ricorso assume violazione di legge processuale e mancanza di motivazione in ragione dell’omesso esame di specifici motivi di doglianza articolati nella dichiarazione di appello, correlati a precise risultanze probatorie acquisite anche in grado di appello mediante la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, nonché manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova sul punto. Conseguente violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli art.40 4 . 41, 43 e 589 bis cod.pen. nonché travisamento della prova in punto di sussistenza e ricostruzione di una condotta colposa e del nesso causale tra questa e l’evento.
Assume in particolare che il giudice di appello aveva omesso di valutare decisivi contributi tecnici veicolati nel processo dai consulenti tecnici della difesa e oggetto di note difensive dal contenuto tecnico, contributi che evidenziavano la ricorrenza di un difetto strutturale della pavimentazione stradale che aveva creato, in relazione alla congiunzione di impalcati, un dislivello e pertanto un avvallamento della pavimentazione stradale che pure il perito aveva riconosciuto quale un’anomalia in grado di costituire un disturbo nella guida. Illogico e viziato era pertanto il ragionamento del giudice distrettuale il quale, a fronte di scenari causali del tuti:o nuovi
emersi nel giudizio di appello, all’esito della rinnovazione istruttoria, era rimasta agganciata al ragionamento svolto dal giudice di primo grado, il quale peraltro era stato condotto, sulla base degli indici di responsabilità per colpa enunciati in imputazione, senza confrontarsi con gli elementi acquisiti nel giudizio di appello, così come il giudice distrettuale aveva mantenuto fermo il giudizio di responsabilità anche a fronte delle nuove evidenze acquisite in ordine alla velocità tenuta dal veicolo del COGNOME e alla prospettata interazione rappresentata da un fondo stradale reso pericoloso dalla presenza di pozze di acqua ovvero da un velo di acqua dovuto alle incessanti precipitazioni di quel giorno, verosimilmente idoneo a determinare il fenomeno dell’acquaplaning. Il giudice distrettuale in tale modo aveva del tutto disatteso i principi secondo cui, per procedere al l’accertamento del rapporto di causalità materiale tra un antecedente rispetto all’evento, sarebbe stato preliminarmente necessario svolgere il giudizio esplicativo per indicare i fatti che avevano attivato la serie causale, fino al tragico epilogo, laddove l’addebito mosso al ricorrente di avere invaso l’opposta corsia fino a collidere con i mezzi che ivi transitavano, non poteva, di per sé, contenere alcun giudizio di antidoverosità se solo si fosse accertato che la condotta doverosa fosse risultata inesigibile per fatti estranei alla sfera di controllo dell’imputato, quali le condizioni dell’asfalto e la presenza di allagamenti o di pozze d’acqua. Il vizio di armonizzazione tra gli elementi conoscitivi acquisiti dal primo giudice, rispetto alle maggiori informazioni acquisite al giudizio di appello e compendiate anche attraverso un perizia, a fronte del deficit motivazionale in cui era incorso il giudice di appello, che si era limitato a selezionare e a valutare soltanto alcuni degli elementi conoscitivi posti alla sua attenzione, impediva che si fosse in presenza di una doppia sentenza conforme di condanna e imponeva una nuova valutazione complessiva di tutti gli elementi istruttori presenti agli atti.
4.2 Con una seconda articolazione deduce la violazione di legge e vizio motivazionale, anche per profili di apparenza della motivazione e travisamento della prova in relazione al mancato riconoscimento della ipotesi attenuata di cui all’art.589 bis comma 7 cod.pen. anche con riferimento agli art.40 e 42 cod.pen.
Anche con riferimento a tale aspetto denuncia la totale pretermissione della verifica delle ragioni che avevano determinato lo sbandamento del veicolo e la conseguente invasione dell’opposta corsia di marcia, laddove il perito nominato dal giudice aveva escluso che tale fuoriuscita potesse essere dipesa esclusivamente dalla velocità mantenuta dal veicolo, mentre
era pacifico che la strada presentava delle anomalie nella pavimentazione e che la pioggia battente aveva determinato una condizione di scivolosità e di sbandamento del veicolo che potevano riconoscersi quale fattore in tutto o in parte imprevedibile e comunque estraneo alla sfera volitiva e di controllo del prevenuto, così da avere contribuito sinergicamente alla determinazione dello sconfinamento e alle successive collisioni, in modo tale da giustificare il riconoscimento della speciale attenuante di cui allart.589 bis comma 7 cod.pen.; rilievo sinergico che avrebbe dovuto altresì essere riconosciuto al fatto che il conducente del veicolo antagonista, deceduto a causa della collisione, non indossava, come previsto dalla legge, le cinture di sicurezza, circostanza questa che pure inidonea a interrompere il rapporto di causalità rispetto al primo antecedente, ben avrebbe dovuto essere valutata in termini concorsuali ai sensi della disposizione in esame.
4.3 Con una terza articolazione lamenta violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in ragione di una motivazione apparente, che non considerava gli elementi, pure indicativi di meritevolezza, allegati dalla difesa dell’imputato, che invece valorizzava in termini negativi il comportamento processuale, per avere l’imputato negato gli addebiti pure in presenza di un quadro probatorio affatto conducente, laddove anche il grado della colpa riconosciuto con fermezza dal giudice distrettuale, non poteva che essere misurato sulla base degli elementi di incertezza probatoria o, comunque, di inadeguata o illogica valutazione, segnalati nei primi due motivi di ricorso.
RITENUTO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato.
In relazione GLYPH ai dedotti profili di violazione di legge e vizio motivazionale in punto di non corretta esplorazione del rapporto di causalità materiale e della colpa ravvisata nei confronti del COGNOME, con particolare riferimento alla violazione degli obblighi relativi alla mano da tenere, all’adeguamento della velocità in ragione delle avverse condizioni ambientali e alle caratteristiche della sede stradale (tratto di scorrimento in discesa, in corrispondenza di curva pericolosa volgente a destra preceduta da specifica segnaletica) e ad una condizione di distrazione del conducente nelle fasi precedenti alla perdita di controllo del mezzo, determinato dall’uso di telefono in violazione delle prescrizioni di cui all’art.173 C.d.S.,
con particolare riferimento alla omessa considerazione di decisivi elementi di fatto, veicolati nelle note tecniche dei consulenti tecnici dell’imputato, va preliminarmente osservato, in ossequio a principi ripetutamente affermati da questa Corte, che compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione) la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei ratti. Neppure il giudice di legittimità è tenuto a condividerne la giustificazione, dovendo invece egli limitarsi a verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie nell’ambito di una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (ex pluribus: sez.4, n.4842 del 2/12/2003, Elia, Rv. 22936; sez.1, n.45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504). Non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più corretta valutazione delle risultanze processuali, come appare richiedere la difesa del COGNOME riportando elementi fattuali che, nell’interesse del ricorrente, giustificherebbero una diversa ricostruzione delle fasi del sinistro stradale (disomogeneità della sede stradale che avrebbe favorito fenomeni di acquaplaning con conseguente ostacolo alla guida per l’imputato). È stato affermato, in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma del citato art. 606 c.p.p., comrna 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata (Cass. SU, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). Detti principi sono stati ribaditi anche dopo le modifiche apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) dalla L. n. 46 del 2006, che ha introdotto il riferimento ad “altri atti del processo”, ed ha quindi, ampliato il perimetro d’intervento del giudizio di cassazione, in precedenza circoscritto “al testo del provvedimento impugnato”. La nuova previsione legislativa, invero, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane comunque un giudizio di legittimità, nel senso che il controllo rimesso alla Corte di cassazione sui vizi di motivazione riguarda sempre la tenuta logica e la coerenza strutturale della decisione. Precisazione, quella appena svolta, necessaria,
avendo il ricorrente denunciato anche il vizio di travisamento della prova per non essere stati considerati elementi fattuali (concernenti le condizioni di disomogeneità della pavimentazione della sede stradale) che avrebbero dovuto diversamente orientare la valutazione del giudicante in punto di causalità della colpa.
2. Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta i vizi dedotti nel primo e in parte, nel secondo motivo di ricorso, in quanto la ricostruzione della dinamica del sinistro è intervenuta sulla base di un coacervo di elementi oggettivi, dichiarativi e logici, che hanno condotto il giudicante a ravvisare profili di responsabilità per colpa in capo al COGNOME sulla base di una valutazione non manifestamente illogica, coerente con le emergenze processuali e priva di contraddizioni. In particolare il giudice territoriale, del tutto coerentemente con gli argomenti utilizzati dal primo giudice, ha motivatamente escluso la rilevanza eziologica, sia pure in termini concausali, della presenza di anomalie stradali determinate dalla presenza di pozze di acqua stagnante, ovvero da fenomeni di acquaplaning, per non essere stati evidenziati negli atti di indagine, al contempo escludendone la rilevanza perturbativa anche in termini assoluti, a fronte di una spiegazione causale fondata sulla condotta di guida del conducente del veicolo, dotata di una propria ed assorbente rilevanza finalistica, in quanto del tutto inadeguata in presenza di tratto stradale particolarmente insidioso in corrispondenza di curva pericolosa in discesa, appositamente segnalata con pannelli fissi, e di fondo stradale reso insidioso dalla pioggia battente e pertanto pienamente idonea a determinare lo sconfinamento del veicolo e ad innescare la serie di collisioni che portarono a morte due persone e determinarono lesioni personali ad altre cinque.
2.1 Da tali elementi obiettivi, peraltro coerenti con le dichiarazioni rese dai testimoni e degli accertamenti tecnici, il giudice di primo grado e quello di appello inferivano la ricorrenza di nesso eziologico tra la condotta del ricorrente e l’evento escludendo, in termini altrettanto motivati, il decorso di serie causali alternative, peraltro prospettate dal ricorrente in termini specifici soltanto nel corso del giudizio di secondo grado (anomalie della pavimentazione stradale), declinando la corretta interpretazione giurisprudenziale degli obblighi che gravano sul conducente sui limiti di velocità ai sensi degli art.141 e 142 C.d.S. ed escludendo la sussistenza di condotte ascrivibili alla persona offesa o a terzi di tale rilievo eziologico da interrompere la serie causale attivata dal primo tamponamento.
2.2 In termini assolutamente congruenti con le emergenze processuali la Corte di appello ha pertanto ritenuto irrilevante, ai fini dell’accertamento del rapporto di causalità, la presenza di fattori di disturbo quali il fenomeno di acquaplaning o eventuali disomogeneità della sede stradale che tali fenomeni avrebbero potuto esaltare, tenuto conto della assorbente rilevanza causale rappresentata dalla condotta di guida dell’imputato, inosservante di plurime regole cautelari anche specifiche. L’analisi relativa al rapporto di causalità materiale appare logicamente sviluppato atteso che la improvvida condotta di guida del NOME, con la specifica inosservanza di regole sancite dal codice della strada, costituì antecedente adeguato ed etiologicamente efficiente a determinare la tragica collisione, in quanto non consentì ai conducenti degli altri mezzi coinvolti di approntare idonee manovre diversive.
Giova sul punto evidenziare come in tema di causalità, a fronte di una giustificazione causale del tutto logica, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa, idonea ad inficiare o a caducare la prima non può essere affidata solo ad una indicazione meramente possibilista ma deve connotarsi, alla stregua delle risultanze processuali, di elementi che la rendano “hic et nunc” concretamente probabile (sez.4, n.15558 del 13/02/.2008 Maggini, Rv.239809) e il giudice distrettuale si è attenuto a tali indicazioni, esplorando i vari ambiti di eventuali causalità alternative e finendo per escluderne la operatività.
Infondata è l’ulteriore argomentazione, sollevata nella parte conclusiva del secondo motivo di ricorso, concernente una violazione di legge, ovvero una carenza motivazionale, per non essere stata offerta dalla Corte di appello adeguata giustificazione all’apporto sinergico, quantomeno in relazione al decesso del conducente del veicolo antagonista TARGA_VEICOLO, riconducibile al mancato utilizzo della cintura di sicurezza. Anche sotto questo profilo la doglianza non coglie nel segno, considerato che il giudice di primo grado aveva già fornita adeguata risposta a tale doglianza e che la stessa non era stata riproposta nei motivi di impugnazione in appello, ed è stata coltivata nel presente ricorso ai limitati riflessi della ricorrenza di una causa concorrente dell’evento estranea alla serie causale innescata dalla condotta dell’agente ai fini del conseguimento della circostanza attenuante di cui all’art.589 bis comma 7 cod.pen. Invero, anche a tali fini, risulta invero del tutto indimostrato, come evidenziato dai giudici di merito, che a fronte di collisione così devastante e dalle conseguenze parimenti distruttive delle carrozzerie e delle componenti meccaniche dei mezzi coinvolti e, in assenza di proiezione dei corpi dei passeggeri dagli abitacoli
dei mezzi, l’utilizzo delle cinture di sicurezza possa avere contribuito a provocare, ovvero ad aggravare, gli effetti mortali e lesivi per cui è imputazione, fermo restando la logicità dell’inferenza utilizzata dagli stessi giudici di merito per ricondurre a responsabilità dello stesso imputato la mancata osservanza da parte dei passeggeri del proprio veicolo di indossare i presidi di sicurezza (sez.4, n.42492 del 3/10/2012, COGNOME, Rv.253737; n.25560 del 2/05/2017, COGNOME, Rv.269975).
Infondata è infine la doglianza, articolata nel terzo motivo di ricorso, relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Invero, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, come più volte ribadito da questa Corte, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così sez. 3, n. 23055 del 23.4.201:3, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
5.1 II giudice di appello, interpretando e al contempo integrando la motivazione del giudice di primo grado, ha giustificato il mancato riconoscimento del beneficio in ragione dell’assenza di profili di meritevolezza e della obiettiva gravità del reato e delle sue conseguenze, del grado della colpa specifica in ragione delle molteplici inosservanze accertate alla disciplina della circolazione stradale da parte di soggetto che di detta normativa avrebbe dovuto essere rigoroso interprete, operando nel settore delle scuole guida. Ha anche avuto modo di rilevare che, a seguito delle intervenute modifiche normative, il beneficio in parola non costituisce più una sorta di automatico riconoscimento in ragione della incensuratezza del reo, ma una attribuzione dalla valenza premiale (sez.1, n.46568 del 18/05/2017, Lamina, Rv.271315) che necessita di specifica motivazione sugli elementi posti a fondamento del beneficio.
La motivazione del giudice di appello a sostegno della esclusione del beneficio risulta congrua e priva di difetti logici e si presenta pertanto insindacabile dinanzi al giudice di legittimità.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali nonché alla
rifusione delle spese processuali sostenute dalle parti civile costituite che hanno controdedotto nel presente giudizio di legittimità, che si determinano sulla base dei criteri tariffari di cui al DM 10 Marzo 2014 n.55.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle cosl:ituite parti ciivli che liquida, quanto a COGNOME NOME NOME COGNOME NOMENOME NOME c:omplessivi euro tremila novecento oltre accessori come per legge. Quanto a COGNOME NOME in euro tremila, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 1° febbraio 2024
Il consigliere estensore
GLYPH
Il Presidente