Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10883 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10883 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TITO il 15/04/1973
avverso la sentenza del 07/06/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso riportandosi alla memoria scritta depositata e conclude per il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di SALERNO in difesa di COGNOME
COGNOME, il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento. L’avvocato COGNOME tiene a precisare la circostanza che, a suo dire, il suo assistito non avrebbe ricevuto un giusto processo, riservandosi di adire la Corte di Giustizia UE. E’ presente ai fini della pratica forense il Dott. COGNOME praticante del fo
SALERNO.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Salerno ha integralmente confermato la sentenza con cui il Tribunale di Salerno aveva riconosciuto COGNOME NOME responsabile del reato di omicidio stradale, per avere investito sulla strada statale 175 – Foce del Sele-Capaccio un pedone che si trovava sul bordo della strada, nei pressi della banchina laterale, provocandone la morte per le lesioni che ne erano derivate.
All’imputato era contestata la ipotesi di cui all’art.589 bis, comma 4, cod.pen. per essersi posto alla guida con tasso alcolimetrico inferiore a 1,5 gil nonché la inosservanza specifica degli artt.141 e 142 del codice della strada, in conseguenza condannandolo alle pene, principale ed accessoria, di giustizia.
I fatti, in estrema sintesi, come ricostruiti dai Giudici di merito attraverso accertamenti della polizia giudiziaria e prove testimoniali e consulenziali.
Si è accertato che il COGNOME, dopo avere trascorso la giornata al mare con la propria famiglia e dopo avere consumato alcuni bicchieri di birra, nel percorrere la S.S. 175 lungo un percorso rettilineo in ora crepuscolare-notturna, lungo tragitto caratterizzato da scarsa se non nulla illuminazione stradale, intersezioni stradali verso monte e, a sinistra, verso il mare, non si avvedeva della presenza di un pedone che, verosimilmente intenzionato ad attraversare la sede stradale da destra e sinistra rispetto alla direzione di marcia del veicolo, si trovava sul margine destro della semicarreggiata, attingendolo con il cofano e il parabrezza nella parte destra e proiettandolo sul ciglio erboso di destra, provocandogli lesioni gravissime che ne hanno causato, nonostante gli immediati soccorsi, la morte due giorni dopo il decesso.
I profili di colpa specifica riconosciuti sussistenti in capo all’imputato sono i seguenti: non avere moderato la velocità attraversando una strada pericolosa, caratterizzata da intersezioni e scarsa velocità e mantenendo una velocità di poco superiore al limite previsto, pari a 50 km orari (art. 141 del codice della strada); e non avere tenuto una condotta di guida tale da poter avvistare tempestivamente il pedone ed evitare la interferenza con il pedone e, occorrendo, arrestarsi (artt. 141 e 148 del codice della strada).
E’ stato riconosciuto un concorso della vittima, rilevante ai sensi del comma 7 dell’art. 589-bis cod. pen., comportamento giudicato non interruttivo del nesso di causa, per avere il ricorrente posto in essere condotte in grado di evitare la collisione.
Ciò posto, ricorre per la cassazione della sentenza COGNOME NOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a quattro motivi con cui lamenta promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione.
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3.1. In particolare, con il primo motivo denuncia omissione di motivazione in ordine alla prova sulla causalità della colpa e della causalità generale, prospettando l’interruzione del rapporto di causalità in ragione del comportamento eccezionale del pedone il quale si trovava sul limite della carreggiata di percorrenza dell’imputato e si voltava per eseguire l’attraversamento rappresentando la causa esclusiva del tragico evento.
3.2. Con una seconda articolazione lamenta totale carenza di motivazione in relazione ai motivi aggiunti in appello con i quali, previa allegazione di consulenza tecnica di parte, con la quale si contrastava i dati tecnici della consulenza tecnica del Pubblico Ministero, si invocava la assunzione di perizia, laddove il giudice distrettuale aveva del tutto omesso di confrontarsi con le considerazioni tecniche di cui all’allegato.
3.3. Con una terza articolazione lamenta violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, atteso che il giudice di appello aveva omesso di considerare la correttezza del comportamento dell’imputato che si era immediatamente prodigato per prestare soccorso alla persona offesa.
3.4. Con la quarta articolazione si duole di violazione dell’art.82 cod.proc.pen., per non avere i giudici di merito dato atto della intervenuta revoca della costituzione di parte civile, laddove la stessa era stata espressamente revocata dalle parti civili, le quali non avevano più concluso alla udienza.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il sostituto procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene il collegio che il ricorso sia manifestamente infondato, in quanto argomentato in fatto, meramente reiterativo delle censure articolate nei motivi di appello, teso ad ottenere una rilettura degli elementi di prova che non è consentita in questa sede, laddove le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell’episodio e dell’attribuzione dello stesso alla persona dell’imputato non sono, infatti, proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilett del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
Il ricorso, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità in quanto il giudice territoriale h rappresentato, in termini del tutto coerenti con le risultanze processuali che, la condotta di guida del COGNOME è risultata improntata a imprudenza e distrazione, velocità non adeguata alle condizioni ambientali e alle caratteristiche della strada.
In particolare, il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili (Sez. 4, n. 25552 del 27/04/2017, Luciano, Rv. 270176). Affinché in caso di investimento sia affermata la colpa esclusiva del pedone, deve realizzarsi una duplice condizione (Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013, Corigliano, Rv. 255995; Sez. 4, n. 20027 del 16/04/2008, COGNOME, Rv. 240221; Sez. 4, n. 16842 del 09/11/1990, COGNOME, Rv. 186076): – che il conducente del veicolo investitore si sia venuto a trovare, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza e prudenza, nell’oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati invece in modo rapido e inatteso; – che, nel comportamento del conducente, non sia riscontrabile alcuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza. Peraltro, per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento del pedone, è necessario che la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile, dell’evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo (Sez. 4, n. 37622 del 30/09/2021, COGNOME, Rv. 281929; Sez. 4, n. 10635 del 2013 cit.; Sez. 4, n. 26131 del 03/06/2008, COGNOME, Rv. 241004), circostanza questa da escludere nel caso di specie e configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile (Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013, Corigliano, Rv. 255995; Sez. 4, n. 10635 del 20/02/2013, Calarco, Rv. 255288). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il limite massimo di velocità, peraltro, non va confuso con l’obbligo di adeguare la velocità del veicolo alle particolari circostanze di tempo e dei luoghi; ne consegue che, mentre detto limite non può in alcun caso essere superato, anche una velocità inferiore può ben risultare inadeguata alle circostanze e costituisce ragione di responsabilità penale per colpa, se si ponga come causa di infortunio alle persone (Sez. 4, n. 2539 del 15/02/1996, Cuogo, Rv. 204178).
Sotto questo profilo, pertanto, il giudice di appello ha svolto un buon governo delle risultanze processuali escludendo la ricorrenza di elementi eccezionali e perturbatori che potessero avere precluso all’imputato la possibilità di percepire la presenza della persona offesa intenta a camminare sul ciglio della strada con il proprio cane. In ipotesi assolutamente sovrapponibile alla presente è stato
affermato dalla Suprema Corte che per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento del pedone è necessario che la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell’evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo (sez.4, n.10635 del 20/02/2013, COGNOME, Rv.255288). Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, la quale è sorretta da motivazione lineare e coerente e, pertanto, è sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità. Dalla logica ricostruzione della vicenda criminosa emerge che la Corte di appello, condividendo le risultanze della consulenza dell’ing. COGNOME designato dal P.M., ha affermato la responsabilità del COGNOME, per violazione delle disposizioni di cui agli artt. 141 e 142 C.d.S., sulla base di una valutazione complessiva e coordinata dei seguenti plurimi elementi probatori: a) la necessità di guida prudente ed adeguata alla zona a visibilità limitata (“situazione di buio pesto”) e alle numerose insidie presenti sul posto (intersezioni, accessi laterali ad abitazioni e possibili abbagliamenti dei fari dei veicoli provenienti dal senso opposto); b) l’elevato tasso alcolemico del COGNOME, pari a 1,452 g/l, di entità tale da ridurre la coordinazione dei movimenti, da aumentare i tempi di reazione, da provocare riduzione della vista laterale e minore capacità di adattamento alla visione notturna; c) l’assenza di tracce di frenata; la velocità eccessiva, superiore di 10 km. al limite di 50 km. vigente nel tratto di strada costituente luogo del sinistro; e) la guida a velocità eccessiva, tale da non consentirgli l’espletamento di manovre di emergenza per evitare l’investimento della vittima, situata sul margine destro della strada. La responsabilità del COGNOME è stata ritenuta concorrente con quella del pedone, che, a sua volta, aveva violato le disposizioni di cui all’art. 191 C.d.S.
Il ricorrente, d’altronde, non ha chiarito perché non si fosse accorto della presenza del pedone e, anzi, riconosceva di non aver frenato, in quanto non lo aveva visto. La difesa formula censure relativamente al presunto andirivieni del pedone sulla strada, ma, in conformità al contenuto della consulenza dell’ing. COGNOME, la Corte territoriale ha correttamente osservato che il pedone procedeva sul bordo della carreggiata e che il suo comportamento non poteva essere considerato del tutto atipico ed imprevedibile, trattandosi di tratto di strada costeggiato da molte abitazioni, locali ed esercizi commerciali, frequentato da extracomunitari addetti al lavoro dei campi e percorso da loro mediante biciclette e motorini spesso sprovvisti dei più elementari dispositivi di sicurezza nonché da affittuari di case vacanziere per recarsi verso il mare. Né possono essere accolte le generiche doglianze difensive inerenti a rilievi di natura tecnica non adeguatamente collegati ad una valutazione di carattere tecnico del consulente della difesa (le contestazioni relative alla posizione del corpo della vittima e al punto di impatto, ecc.).
4. Manifestamente infondato è altresì il secondo motivo di ricorso con il quale si assume che il giudice di appello non abbia esaminato e fornito adeguata risposta ai rilievi contenuti nella allegazione difensiva di carattere tecnico in punto di velocità tenuta dal veicolo investitore. La censura non si confronta con la puntuale enunciazione dei motivi aggiunti nella parte introduttiva della motivazione e, soprattutto, nella parte finale della motivazione in cui la corte distrettuale fornisce puntuale risposta alla censura difensiva evidenziando che la responsabilità del COGNOME, oltre che sul mancato rispetto del limite massimo di velocità, trovava fondamento in una velocità di guida riconosciuta inadeguata rispetto alle condizioni ambientali caratterizzate da scarsa illuminazione della strada in orario crepuscolare, dalla presenza di abitazioni prospicienti e nella presenza di intersezioni con strade laterali che conducevano a mare o verso l’interno, da un tratto a intenso traffico privo di marciapiedi laterali caratterizzato dalla marcia di numerosi motoveicoli e biciclette e anche di pedoni lungo le banchine, di talchè la stessa riduttiva velocità riconosciuta dal COGNOME in 50 km/h, che costituiva il massimo consentito nella tratta, doveva ritenersi del tutto inadeguata a prevenire il sinistro, tenuto conto poi delle rallentate capacità di reazione e di avvistamento del COGNOME, determinate dalla condizione di ebbrezza alcolica.
4.1. Quanto al tema dell’omesso vaglio della consulenza di difesa depositata dinanzi alla Corte distrettuale, in linea generale va premesso che non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, COGNOME, Rv. 256340). In applicazione di tale principio, in ordine allo specifico rilievo oggetto di trattazione, la SRAGIONE_SOCIALE. ha affermato che il giudice, se ha indicato esaurientemente le ragioni del proprio convincimento, non è tenuto a rispondere in motivazione a tutti rilievi del consulente tecnico della difesa, in quanto la consulenza tecnica costituisce solo un contributo tecnico a sostegno della parte e non un mezzo di prova che il giudice deve necessariamente prendere in esame in modo autonomo (Sez. 2, n. 15248 del 24/01/2020, COGNOME, Rv. 279062; Sez. 5, n. 42821 del 19/06/2014, COGNOME, Rv. 262111). Ebbene, la Corte salernitana ha sostanzialmente superato tutte le censure difensive attraverso un pertinente richiamo all’istruttoria. Così facendo, la Corte di appello ha pienamente soddisfatto il proprio obbligo di motivazione. Tanto più ove si consideri che il giudizio sulle risultanze peritali è una valutazione di fatto, sottratto al sindacato di legittimità quante volte, anche con il solo richiamo alle condivise argomentazioni e conclusioni della consulenza del P.M., risulti essere esaurientemente motivato, immune da vizi logici di ragionamento. Peraltro, tale motivo di ricorso è generico, in quanto la difesa si limita a contestare l’omesso
esame della consulenza di difesa, ma non chiarisce in dettaglio l’oggetto di tale studio, le parti della consulenza del P.M. criticate e le questioni, che a suo avviso il proprio tecnico avrebbe affrontato in termini maggiormente corretti, tanto da addivenire ad una soluzione più convincente.
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso che attiene alla durata della sanzione amministrativa accessoria la quale, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, non risulta affatto modulata in termini superiori alla media edittale ma è stata determinata in anni due e pertanto in termini inferiori alla media edittale. La misura della sanzione amministrativa accessoria rispecchia a pieno i criteri direttivi indicati dalla legge avendo fatto riferimento alla gravità dell violazione commessa, all’entità del danno apportato e al pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare, secondo i criteri fissati in via generale dal secondo comma dell’art. 218 del codice della strada, avvalendosi del criterio predeterminato in generale per l’autorità amministrativa che disponga la sospensione della patente (sez.4, n.4740 del 18/11/2020, COGNOME Rv.280393; n.55130 del 9/11/2017, COGNOME, Rv.271661).
Con riferimento al quarto motivo di ricorso va premesso che nella sentenza di primo grado (pag. 3) si dà atto dell’avvenuto risarcimento delle parti civili. Il dispositivo non contiene nessuna statuizione di condanna e con l’atto di appello (del solo imputato) non si formulava nessuna richiesta in tema di interessi civili, né le parti civili hanno concluso nel giudizio di appello; ne consegue l’assoluta carenza di interesse da parte del ricorrente al conseguimento di una formale statuizione, che si assume omessa, in merito alla intervenuta revoca della costituzione di parte civile nel giudizio di appello.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e, alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali segue, non ricorrendo ipotesi di esenzione da responsabilità al riguardo, la condanna al versamento della somma in favore della Cassa delle Ammende, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024