Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31185 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31185 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MANGIANTE NOME NOME NOME GAETA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la successiva memoria depositata dalla difesa della ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa il 19/11/2021 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con la quale NOME COGNOME era stata condannata alla pena di mesi sei di reclusione per il reato previsto dall’art.589, commi 1 e 2 cod.pen., con il beneficio della sospensione condizionale e con applicazione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per anni uno.
Era stato contestato all’imputata, nell’atto di esercizio dell’azione penale di avere, nel percorrere a bordo della propria vettura la INDIRIZZO per colpa consistita nella violazione delle norme sulla circolazione stradale e segnatamente degli artt. 140, comma 1, 141, 142, 143, 146 e 148 C.d.s. – cagioNOME l’impatto con la vettura condotta da NOME COGNOME, regolarmente marciante sulla propria corsia di pertinenza, cagionandone il decesso,
La Corte territoriale ha premesso l’integrale richiamo per relationem alla ricostruzione dell’evento operata dal Tribunale; puntualizzando che, sulla base della stessa, risultava che il 27/03/2011 (sulla strada stata Domitiana) l’imputata percorreva la propria corsia in direzione Formia a bordo di una vettura modello Audi A3 mentre la vittima percorreva quella opposta in direzione Roma-Napoli a bordo di una Fiat Punto; che l’impatto si era verificato mentre l’Audi A3 era in fase di sorpasso di un caravan, contro il quale pure era andata a impattare; che il decesso della vittima era stat dovuto a un politrauma, i cui effetti erano compatibili anche con il mancato uso delle cinture di sicurezza; che la segnaletica stradale era visibile indicava un limite di velocità pari a 50 km/h nonché un divieto assoluto di sorpasso, denotato dalla doppia striscia orizzontale continua; che, d’altra parte, era stata constatata la presenza di un cantiere edile che aveva reso necessario creare una variazione della carreggiata, con spostamento asimmetrico e con apposizione di una striscia gialla accanto alla bianca di mezzeria.
In ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro, la Corte – sempre nel fare riferimento a quanto esposto dal Giudice di primo grado – ha rilevato che la velocità della Audi era pari a circa 100 km/h mentre quella della Fiat Punto era stimabile in 55 km/h e che l’urto era avvenuto nella corsia di pertinenza di tale ultimo mezzo.
La Corte – passando all’esame delle censure spiegate nell’atto di appello, nella parte relativa alla ricostruzione della dinamica del sinistro – ha ritenu
che le argomentazioni del consulente della difesa fossero superabili alla luce di quanto dichiarato dal consulente del pubblico ministero, che aveva riscontrato l’invasione di corsia da parte della Audi, sulla base dei da costituiti dalla larghezza della carreggiata e della ricostruzione operata dall Polizia Stradale, che aveva collocato l’invasione stessa in uno spazio di 30 cm rispetto alla linea di mezzeria; rilevando, altresì, come la presenza della linea gialla non avrebbe comunque giustificato una manovra di sorpasso, univocamente vietata; rilevando come non emergesse in alcun modo la presenza di una condotta colposa da parte della vittima tale da porsi in rapporto causale esclusivo con l’evento.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, nel quale ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. – la nullità della sentenza per mancanza di motivazione in relazione agli artt. 125, comma 3 e 544, comma 1, lett.e) cod.proc.pen., nonché in relazione all’art.589, commi 2 e 3, cod.pen..
Ha dedotto che la tecnica redazionale adottata dalla Corte territoriale si sarebbe risolta in un complessivo vuoto motivazionale, in specifico riferimento al richiamo ai passaggi logici ritenuti come essenziali – senza ulteriori specificazioni – del percorso argomentativo seguito dal Tribunale, con una modalità in forza della quale non sarebbe stata fornita alcuna effettiva risposta alle censure contenute nei motivi di appello.
Ha quindi richiamato gli elementi ritenuti decisivi ai fini del giudizio di non colpevolezza dell’imputata, ovvero quelli attinenti, in primo luogo, al punto di impatto dei veicoli, individuato come frontale dal consulente del pubblico ministero, secondo conclusione da intendersi smentita dalla documentazione fotografica in atti che avrebbe attestato il mancato danneggiamento del gruppo ottico anteriore sinistro della Audi e del cofano; ritenendo che la documentazione medesima deponesse invece per un urto avvenuto tra la parte frontale della Punto con la parte laterale anteriore della Audi; richiamando quanto esposto dal consulente della difesa, secondo il quale sarebbe stata la Punto a urtare l’Audi sulla fiancata anteriore sinistra
Ha dedotto l’insufficienza della motivazione in ordine al dato della presunta invasione di corsia da parte dell’imputata e esponendo che comunque – l’Audi era rimasta all’interno della striscia gialla tracciata per l presenza di un cantiere; mentre altra questione ritenuta trascurata era stata quella delle condizioni fisiche della persona offesa, non oggetto di adeguato approfondimento anche alla luce della dedotta anomalia della sua condotta
di guida; infine , ha dedotto che – in ordine al dato rappresentato dall velocità dei veicoli – attese le suddette considerazioni in ordine al punt d’urto, quella tenuta dalla Audi sarebbe stata da ritenere irrilevante oltre essere incompatibile con la tipologia di danni riportati dalle due vetture.
Il Procuratore generale ha fatto pervenire conclusioni scritte, nelle quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
La difesa della ricorrente ha fatto pervenire successiva memoria, nella quale ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale e ha insistito per l’accoglimento dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo punto dell’unitario motivo di impugnazione, attinente a una dedotta carenza argomentativa della sentenza impugnata, che – nel rinviare al contenuto della sentenza di primo grado – avrebbe omesso di confrontarsi con le censure spiegate nell’atto di appello, è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Va premesso che, vertendosi in una fattispecie di c.d. doppia conforme, le due decisioni di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi le stesse a vicenda, secondo il tradizionale insegnamento della Suprema Corte; tanto in base al principio per cui «Il giudice di legittimità, ai fini della valutazi della congruità della motivazione del provvedimento impugNOME, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile» (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, COGNOME, Rv. 225671; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617).
Specificamente, in ordine al profilo di diritto sollevato dalla difesa costituisce giurisprudenza costante di questa Corte quella in base alla quale la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione
del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto d riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione (Sez. 6, n. 48428 del 08/10/2014, COGNOME, Rv. 261248); mentre, con specifico riferimento alla sentenza di appello, è da ritenersi legittima la sentenza motivata per relationem rispetto alla sentenza di primo grado solo nel caso in cui il complessivo quadro argomentativo fornisca una giustificazione propria del provvedimento e si confronti con le deduzioni e allegazioni difensive provviste del necessario grado di specificità (Sez. 2, n. 18404 del 05/04/2024, COGNOME).
Nel caso di specie, la sentenza di appello ha fatto un integrale rinvio alla sentenza di primo grado in punto di ricostruzione dell’evento, ma ha altresì preso puntuale posizione in ordine alle censure spiegate dalla difesa nell’atto di impugnazione e specificamente relative alla localizzazione del punto di impatto delle vetture, alla velocità dei mezzi, alla condizione della strada in riferimento alla tematica della segnaletica orizzontale e anche al profilo attinente alle condizioni fisiche della persona offesa; ne consegue che alcuna omissione motivazionale, in riferimento ai suddetti principi, può essere ascritta nei confronti del giudice d’appello.
Ciò premesso, le rimanenti censure proposte nel motivo di impugnazione vanno considerate inammissibili, in quanto aspecifiche o comunque tendenti a ottenere una non consentita rivisitazione degli elementi di fatto posti alla base delle sentenze di merito e, in queste valutate in assenza di evidenti elementi di illogicità.
Sotto tale profilo, deve infatti essere premesso – in via logicamente pregiudiziale – che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi d accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., a sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal tes
impugNOME o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284556, tra le altre).
Ricordando, altresì, che non è consentita in sede legittimità una rivalutazione nello stretto merito delle risultanze processuali, essendo preclusa in questa sede la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 27429 del 4/7/2006, COGNOME, RV. 234559; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, B., Rv. 280601); essendo, infatti, stato più volte ribadito che la Corte di cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio (Sez. 5, n. 39048 del 25/9/2007, COGNOME, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv. 253099), restando esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilit delle fonti di prova (Sez. 2, n. 7380 del 11/1/2007, Messina, Rv. 235716).
Specificamente, nel primo punto di ulteriore censura, la parte ricorrente ha contestato la valutazione compiuta dai giudici di merito in ordine all’individuazione del punto di impatto tra le due vetture, a tal proposito richiamando le conclusioni formulate dal consulente della difesa nel corso del primo grado di giudizio.
Deve quindi ricordarsi che, in tema di prova e in virtù del principio del libero convincimento, il giudice di merito, pur in assenza di una perizia d’ufficio, può scegliere tra le diverse tesi prospettate dai consulenti del parti, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni della scelta nonché del contenuto della tesi disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti e, ove t valutazione sia effettuata in modo congruo, è inibito al giudice di legittimità procedere ad una differente valutazione, trattandosi di accertamento di fatto, come tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 4, n. 8527 del 13/02/2015, COGNOME, Rv. 263435; Sez. 3, n. 13997 del 25/10/2017, dep. 2018, P., Rv. 273159).
Nel caso di specie, il giudice di primo grado ha aderito alla ricostruzione operata dal consulente del pubblico ministero rilevando come la tesi dello sbandamento e dell’invasione di corsia da parte della vettura della persona offesa non risultasse in alcun modo suffragata dagli atti ma puntualmente smentita dal fascicolo fotografico collazioNOME dalla Polizia stradale e dalla quale risultava che il punto d’urto era collocabile nella corsia di pertinenz della Fiat Punto; deduzioni alle quali il giudice d’appello ha altresì aggiunt quelle in base alle quali un impatto laterale tra le due vetture – tenend conto anche del caravan rispetto al quale il mezzo della persona offesa si trovava in fase di sorpasso – era da ritenersi del tutto incompatibile con la larghezza complessiva della carreggiata.
Il motivo, quindi, si risolve in un mero richiamo alle conclusioni del proprio consulente di parte e omette, di fatto, di qualsiasi effettivo confronto con le argomentazioni delle sentenze impugnate, con specifico riferimento proprio ai dati ricavabili dalle misurazioni operate dal personale della Polizia stradale intervenuto dopo il sinistro.
D’altra parte, il motivo di ricorso finisce per essere anche intrinsecamente aspecifico, non chiarendo in quale modo l’asserito diverso punto di impatto tra le due vetture sia tale da incidere sulla concatenazione causale dei fatti e sui profili di colpa specifica contestati all’imputata ravvisati da parte dei giudici di merito.
Mentre analoga valutazione va compiuta in ordine al punto di censura attinente alla stima della velocità dei veicoli coinvolti; in relazione alla qua il motivo di ricorso si traduce in una tautologica contestazione delle conclusioni raggiunte dal consulente del pubblico ministero – recepite nelle sentenze di merito – in base alla quale la vettura dell’imputata viaggiava a un’andatura di 100 km/h, dando quindi luogo alla violazione della disposizioni contenute nell’art.142 C.d.s. in punto di trasgressione rispetto ai limiti previsti dall’ente proprietario della strada.
Il punto di censura attinente alle condizioni della strada su cui è avvenuto l’incidente deve considerarsi inammissibile in quanto del tutto aspecifico e omissivo del confronto con le argomentazioni spiegate nelle sentenze di merito.
Ciò in quanto le argomentazioni della difesa contengono la deduzione in base alla quale l’Audi condotta dall’imputata sarebbe rimasta all’interno della linea continua gialla tracciata per la contemporanea presenza di un cantiere; e quindi non contestando, di fatto, l’argomentazione fatta propria lv
dai giudici di merito – ricavata anche dai citati rilievi della Polizia stradal in forza della quale l’imputata avrebbe oltrepassato la doppia striscia bianca continua posta al centro della carreggiata, in tal modo violando la segnaletica orizzontale e ponendo in atto una violazione dell’art.146 C.d.s.; nonché, in riferimento alle modalità di attuazione della manovra di sorpasso, dell’art.148 C.d.s., il quale – al comma 2, lett.d) – impone al conducente che intraprenda la manovra stessa di accertarsi «che la strada sia libera per uno spazio tale da consentire la completa esecuzione del sorpasso, tenuto anche conto della differenza tra la propria velocità e quella dell’utente da sorpassare, nonché della presenza di utenti che sopraggiungono dalla direzione contraria o che precedono l’utente da sorpassare».
Anche il punto di ricorso attinente alla dedotta omessa motivazione in ordine alle condizioni fisiche della persona offesa è inammissibile in quanto del tutto aspecifico e omissivo del confronto con quanto statuito nelle sentenze di merito.
Sul punto, difatti, la sentenza di primo grado – premesso che non era stato effettuato un esame tossicologico – ha compiutamente escluso che il liquido trovato all’interno del corpo della vittima potesse essere ricondotto all’assunzione di sostanze alcoliche; esponendo, peraltro, come l’esame condotto dal consulente medico-legale non si fosse spinto sino al compimento di tale tipo di accertamento per la mancanza di qualsiasi traccia di alcol o di odori sospetti a livello dello stomaco.
Considerazioni alle quali il giudice di appello ha comunque aggiunto quella in forza della quale l’eventuale alterazione psicofisica della vittima non avrebbe interrotto il nesso causale tra la condotta colposa dell’imputata e l’evento, atteso l’accertato superamento dei limiti di velocità e la violazione delle disposizioni in tema di sorpasso e di rispetto della segnaletica orizzontale.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condanNOME al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 27 giugno 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente