Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12328 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12328 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LATINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito l’avvocato COGNOME NOME, del foro di Viterbo, nell’interesse dalla parte civile COGNOME NOME, che si associa alle conclusioni della Procura generale deposita conclusioni scritte e nota spese; udito l’avvocato COGNOME NOME, del foro di Roma, nell’interesse dalla parte civile COGNOME NOME oltre che, in sostituzione dell’avvocato COGNOME RICCARDO, nell’interesse delle parti civili: COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, il quale, depositata nomina a sostituto processuale, conclude nel senso dell’inammissibilità del ricorso e deposita conclusioni scritte e nota spese; udito l’avvocato COGNOME NOME AVV_NOTAIO, del foro di Viterbo, difensore di COGNOME
NOME, che insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Roma, con il provvedimento di cui in epigrafe, ha confermato la condanna di NOME COGNOME per la fattispecie di cui all’art. 589-bis, commi primo, secondo, sesto, settimo e ottavo, cod. pen., per aver cagionato, alla guida di una vettura e per colpa generica oltre che con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, la morte di NOME COGNOME e lesioni personali in offesa di NOME COGNOME, entrambe da lui trasportate, con conseguente conferma anche delle statuizioni civili.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse dell’imputato fondato su 2 motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Si deducono violazioni di legge, segnatamente degli artt. 589-bis, commi settimo e ottavo, 61, n. 3, e 62-bis, cod. peri., nonché la manifesta illogicità della motivazione in merito alla ritenuta mera equivalenza tra la circostanza attenuante di cui al settimo comma del citato art. 589-bis e l’aggravante della colpa con previsione, non essendosi fondato il giudizio di bilanciamento sulla considerazione del grado della colpa tanto del reo quanto della trasportata NOME COGNOME che, come accertato dai giudizi di merito, non facendo uso della cintura di sicurezza, avrebbe concorso a causare l’evento. Erroneamente sarebbero state sottratte al bilanciamento tanto le circostanze attenuanti generiche, in quanto ritenute insussistenti laddove, invece, a detta del ricorrente, a loro fondamento si sarebbero dovute porre le condotte anteatta del reo, non recidivo, e susseguente, caratterizzata dall’ammissione degli addebiti, quanto la circostanza aggravante di cui all’art. 589-bis, comma ottavo, cod. pen. Il detto comma, in particolare, sarebbe stato erroneamente interpretato come contemplante un’ipotesi di concorso formale di reati in luogo di una circostanza aggravante.
Le parti hanno discusso e concluso nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La censura deducente la violazione dell’art. 589-bis, comma ottavo, cod. pen., è manifestamente infondata, avendo i giudici merito correttamente escluso che la detta norma contempli una circostanza aggravante, con conseguente irrilevanza ai fini del bilanciamento di cui all’art. 69 dello stesso codice. Deve sul punto ribadirsi il principio, già sancito dalla Suprema Corte tanto in ordine alla fattispecie di cui in rubrica quanto in merito all’analoga previsione, dell’ultimo comma dell’art. 589 cod. pen., in materia di omicidio colposo. In tema di omicidio stradale, difatti, la fattispecie disciplinata dall’art. 589, comma ottavo (morte di più persone, ovvero morte di una o più persone e lesioni di una o più
persone) non costituisce un’autonoma figura di reato complesso né dà luogo alla previsione di circostanza aggravante rispetto al reato previsto dall’art. 589-bis, comma primo, cod. pen., ma prevede un’ipotesi di concorso formale di reati, unificati solo quoad poenam, con la conseguenza che ogni fattispecie di reato conserva la propria autonomia e distinzione (ex plurimis, Sez. 4, n. 6422 del 06/11/2018, dep. 2019, COGNOME, non massimata, e Sez. 4, n. 51582 del 07/11/2023, COGNOME, non massinnata; in merito all’analoga previsione di cui all’art. 589, ult. co ., cod. pen., si vedano, ex plurimis, Sez, 4, n. 20340 del 07/03/2017, COGNOME, Rv. 270167; Sez. 4, n. 35805 del 15/06/2011, COGNOME, Rv. 25106; Sez. 4, n. 10048 del 16/07/1993, Rv. 195698; Sez. 4, n. 1509 del 15/12/1989, dep. 1990, Mangili, Rv. 183208). Il ricorrente, oltre a non confrontarsi sostanzialmente con il pacifico principio di cui innanzi, muove, nel sostenere che la norma in oggetto preveda una circostanza aggravante perché non contemplata nel criterio di computo delle circostanze di cui all’art. 590quater cod. pen., da un’inversione logico-giuridica. Si argomenta difatti la natura circostanziale dagli effetti che il legislatore avrebbe ricollegato alla natura stessa, sottraendo la circostanza allo speciale criterio di computo di cui al citato art. 590-quater.
Le altre censure sono inammissibile sotto plurimi profili.
3.1. In primo luogo, l’inammissibilità deriva dall’assorbente considerazione per cui, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati nella prima pagina dei «Motivi della decisione»), le censure in esame sono fondate esclusivamente su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (nel restante apparato motivazionale), dovendosi quindi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710).
3.2. Laddove le censure lambiscono l’apparato argomentativo della sentenza impugnata esse, al netto del tentativo di sostituire a quelle del giudicante valutazioni in termini di sussistenza delle circostanze attenuanti generiche e di giudizio di bilanciamento, sono inammissibili in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi della sentenza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584).
La Corte territoriale, difatti, ha confermato la commisurazione giudiziale della pena di cui alla sentenza di primo grado escludendo la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo, in considerazione delle deduzioni difensive, assenti elementi positivi al riguardo, nonostante la formale incensuratezza. In particolare, non è stata ritenuta rilevante la condotta susseguente al reato perché caratterizzata da confessione intervenuta solo all’esito del cristallizzarsi degli elementi probatori a suo carico, emergenti dalla tipologia di danni al veicolo e dalle lesioni subite dalle trasportate, e di precedenti sue dichiarazioni tali da addebitare alla trasportata (poi deceduta) la guida del veicolo. Il giudizio di bilanciamento, tra la circostanza attenuante prevista dall’art. 589-bis, comma settimo, cod. pen., e l’aggravante della colpa con previsione, contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, è stato operato anche in considerazione del grado della colpa accertato in capo all’imputato, ritenuto elevato in ragione della guida, da parte di soggetto con patente revocata, in stato di ebbrezza acolica, con tasso pari a 3,1 g/I, a velocità elevata, giudicata incompatibile con le condizioni della strada, e della condotta colposa della trasportata, poi deceduta, caratterizzata dal mancato utilizzo delle cinture di sicurezza che, comunque, l’imputato avrebbe dovuto pretendere fino ad astenersi dal condurre il veicolo in caso di rifiuto.
Concludendo, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000). Nulla è dovuto alle parti civile per le spese relative al presente giudizio di legittimità, essendo la relativa liquidazione condizionata alla sussistenza di un interesse civile tutelabile e, pertanto, non può essere disposta nel giudizio di impugnazione che, come nella specie, abbia a oggetto esclusivamente questioni attinenti al trattamento sanzionatorio (ex plurimis: Sez. 1, n. 36686 del 14/02/2023, Vena, Rv. 285236).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese alle parti civili.
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