Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7760 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7760 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 12/02/2025 R.G.N. 41331/2024
COGNOME SESSA
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MARINA DI GIOIOSA IONICA il 07/09/1956 avverso la sentenza del 31/10/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il 17 novembre 2022 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Locri, all’esito di rito abbreviato, ha dichiarato NOME responsabile del reato di cui all’art. 589 bis cod. pen. perchØ, mentre percorreva INDIRIZZO nel territorio del Comune di Marina di Gioiosa Ionica a bordo dell’autovettura Fiat Panda, per colpa generica e per colpa specifica consistita nella violazione dell’art. 143 d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285, aveva impattato frontalmente contro il motociclo Piaggio condotto da NOME COGNOME che percorreva la via in direzione opposta di marcia, cagionandone la morte. Fatto avvenuto in Marina di Gioiosa Ionica il 22 giugno 2019.
Il sinistro Ł stato così ricostruito: alle ore 12:20 del 22 giugno 2019 NOME COGNOME percorreva la strada Sant’Anna in direzione monte – mare a bordo di una Fiat Panda; la strada era a carreggiata unica con doppio senso di marcia con un limite massimo di velocità di 30 km/h come imposto da segnaletica verticale; sul lato destro della carreggiata nel senso di marcia percorso dall’automobilista vi era un piccolo cantiere stradale delimitato da transenne con un ingombro di 2 metri trasversale per 4 metri longitudinali e in ambo le direzioni di marcia risultavano collocati segnali
stradali di pericolo per «lavori in corso»; a causa del cantiere, il NOME aveva invaso per un tratto la corsia destinata al senso opposto di marcia; in quel frangente, era sopraggiunto dalla direzione di marcia opposta il motociclo condotto da NOME COGNOME all’esito dello scontro l’automobile era danneggiata nella parte del cofano anteriore con una rientranza maggiore sul lato sinistro e la ruota anteriore destra lesionata con cerchione piegato, mentre il motociclo era danneggiato principalmente nella parte anteriore; sia il corpo del COGNOME sia le tracce di frenata lasciate dall’autovettura si trovavano nella corsia di pertinenza del ciclomotore; lo scontro si era verificato a circa 15 metri dalla fine del cantiere stradale e la leva del cambio dell’autovettura era stata trovata in posizione corrispondente alla quarta marcia. I giudici hanno ritenuto che NOME, dopo aver superato l’ostacolo rappresentato dal piccolo cantiere, avrebbe dovuto e potuto immediatamente rientrare nella propria corsia di marcia e che, invece, si era trattenuto nella corsia opposta oltre il tempo necessario, marciando a una velocità superiore a quella massima fissata per il tratto interessato, considerato che al momento dell’impatto era stata rilevata la velocità di 30 km/h e che l’autovettura aveva la quarta marcia innestata.
NOME COGNOME ricorre per cassazione censurando la sentenza per violazione ed erronea applicazione dell’art. 589 bis cod. pen. e degli artt. 125, 192, 546, 530 e 533 cod. proc. pen. per avere la decisione ritenuto responsabile l’imputato in assenza di violazione delle norme sulla circolazione stradale. La difesa deduce che i giudici di merito hanno ritenuto dimostrata la responsabilità dell’imputato sul presupposto che la velocità di marcia fosse superiore a 30 km/h, trascurando che il dispositivo satellitare rileva la velocità anche prima dell’urto. I giudici di merito hanno attribuito al NOME la colpa di non essere rientrato nella corsia di pertinenza, senza considerare che non vi fosse lo spazio necessario per eseguire tale manovra entro i 12 metri dalla fine del cantiere. La sentenza ha omesso di spiegare come il giudice abbia dedotto che i 12 metri tra la fine del cantiere e il punto d’urto sarebbero stati sufficienti a completare la manovra di rientro. Il consulente tecnico della difesa aveva dimostrato che la distanza che intercorre tra la fine del cantiere e il mozzo della ruota posteriore destra della Panda era inferiore allo spazio necessario per arrestare un veicolo in transito a una velocità di 30 km/h, essendo necessario uno spazio di almeno 13 metri. Essendo la velocità tenuta pari a 30 km/h, l’urto si Ł verificato prima della distanza tecnica minima dalla fine del cantiere necessaria per effettuare la manovra di rientro, ma il giudice ha pronunciato la sentenza di condanna in assenza di elementi probatori che consentivano di superare il ragionevole dubbio.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
Il dato tecnico della distanza di poco inferiore a 12 metri tra il mozzo ruota posteriore destro dell’autovettura e il filo lato monte della delimitazione dei lavori Ł stato letto unitamente al ritrovamento della quarta marcia innestata come indicativo del fatto che l’imputato, senza decelerare, avesse continuato a percorrere il senso di marcia opposto, pur avendo ormai superato l’ostacolo, che aveva avuto comunque il tempo di percepire, a differenza del conducente del ciclomotore, in quanto il segnale di pericolo era posizionato 6 metri prima delle transenne su un cavalletto stradale a un’altezza di 0,90 metri da terra.
Il consulente tecnico del pubblico ministero ha affermato che l’evento si sarebbe potuto evitare ove l’imputato, dopo aver superato il restringimento della carreggiata, fosse immediatamente rientrato nel proprio senso di marcia anzichØ permanere nella corsia di marcia opposta oltre il tempo necessario, marciando a una velocità superiore a quella massima fissata per il tratto interessato. Il comportamento esigibile era, in altre parole, quello di percorrere il tratto ancor piø moderatamente e pianificare un rientro repentino nella propria corsia di pertinenza.
3. La difesa aveva già prospettato al giudice di primo grado l’inesigibilità di un comportamento diverso, ma il Tribunale ha sottolineato come il NOME avesse avuto modo di verificare anzitempo il segnale di pericolo e il concreto restringimento della carreggiata e, ciò nonostante, abbia percorso il tratto stradale a velocità superiore al limite massimo consentito, senza operare immediatamente il rientro nella sua corsia. Con riguardo all’asserita inesistenza di uno spazio di rientro adeguato, il giudice di primo grado ha ritenuto che l’assunto difensivo si fondasse sul presupposto che l’autovettura viaggiasse a 30 km/h, mentre era stato accertato che tale era la velocità al momento dell’impatto, desumendosene una velocità superiore nel momento antecedente. Ove l’automobilista avesse percorso quel tratto stradale a passo d’uomo, si legge nella sentenza, gli sarebbe stato possibile un immediato rientro nella corsia di pertinenza, tanto piø necessario in considerazione del successivo andamento curvilineo della strada. Dalla prova fotografica Ł stata desunta la distanza tra le ruote posteriori dell’autovettura e la fine del cantiere, considerata tale da consentire all’imputato, se avesse tenuto una velocità estremamente ridotta, di sterzare sin da subito dopo essersi lasciato alle spalle l’ostacolo.
Le argomentazioni difensive sono state nuovamente sottoposte al giudice di appello, che ha sottolineato come la frenata azionata dal NOME fosse da considerarsi tardiva in quanto avvenuta quando il veicolo si trovava ancora sulla corsia di marcia opposta, a circa 12 metri dall’area di cantiere con la quarta marcia innestata e procedendo a una velocità superiore a quella rilevata al momento dell’impatto, pari al limite stabilito per quel tratto stradale. In fase di appello la difesa aveva sostenuto che il limite di velocità fosse quello di 50 km/h ma tale assunto, che la Corte ha ritenuto documentalmente smentito, non Ł stato riproposto.
La tesi difensiva, secondo la quale il conducente non avrebbe potuto far rientro nella corsia di competenza con maggiore anticipo, secondo la Corte, si fonda sull’applicazione di una formula a opera del consulente di parte nella quale sono stati inseriti dati noti, quali la distanza e la velocità del veicolo, unitamente a dati ipotetici, quali il tempo di reazione e il coefficiente di attrito degli pneumatici, tali da non confutare con validità scientifica la valutazione del consulente del pubblico ministero. La Corte di appello ha ritenuto non dirimente l’accertamento della velocità tenuta dalla vittima in quanto non causalmente correlata al sinistro, viceversa causato dall’invasione della corsia opposta da parte dell’imputato.
4. Il Collegio osserva che i giudici di merito hanno identificato le regole di cautela generica e specifica violate (pagg. 6-7 sentenza di appello) nella regola prudenziale di fare immediato rientro nella propria corsia e nell’art. 143 cod. strada, che impone di circolare sulla destra e vicino al margine destro della carreggiata; hanno, quindi, valutato la causalità della colpa in quanto le regole cautelari violate tendevano a prevenire il rischio concretizzatosi. Circa l’individuazione del comportamento alternativo corretto, si legge nella sentenza, le valutazioni tecniche del consulente della difesa non sono apparse idonee a contrastare la disamina del consulente del pubblico ministero, secondo la quale se l’automobilista avesse marciato «entro i limiti massimi consentiti o meglio leggermente al di sotto degli stessi» sarebbe stato in grado di recuperare il margine destro della carreggiata nello spazio utile a evitare il sinistro. Il giudizio causale può, infatti, consistere nel
ricostruire un fatto accaduto nel passato sulla base delle tracce che ha lasciato, oltre che sulla base delle testimonianze di coloro che vi hanno assistito; ciò implica che si tratti di un giudizio ex post finalizzato a descrivere il reale susseguirsi dei fatti.
Tale passaggio motivazionale risulta, tuttavia, apparente, perchØ, dopo aver chiarito che non sarebbe stato esigibile dal conducente del ciclomotore un diverso comportamento, con ciò ponendo come punto fermo la presenza del Femia nel punto e nel momento dell’urto, non indica quale sarebbe stata l’esatta velocità di marcia che avrebbe consentito all’automobilista di eseguire la manovra di rientro in tempo utile a evitare il sinistro a 12 metri dalla fine del cantiere, nØ spiega, correlativamente, dove si sarebbe trovato l’automobilista all’arrivo del ciclomotore se avesse tenuto una velocità di marcia inferiore secondo quanto indicato, peraltro genericamente con riferimento alla velocità ‘a passo d’uomo’, dal consulente dell’accusa.
La suddetta carenza motivazionale riverbera i suoi effetti sull’accertamento del profilo soggettivo della colpa, che presuppone un giudizio cosiddetto di «prognosi postuma» con criterio ex ante , in modo che le informazioni disponibili all’attualità non distorcano la percezione della realtà quale si presentava al momento della condotta. Alla tesi difensiva secondo la quale non vi sarebbe stato il tempo nØ lo spazio per effettuare la manovra di rientro nella corsia di pertinenza dell’automobilista, i giudici di merito hanno risposto affermando che una velocità di marcia inferiore ai 30 km/h avrebbe reso possibile la manovra. Si tratta di un ragionamento che, oltre a essere fondato su dati genericamente indicati sotto il profilo del percorso causale, non soddisfa il giudizio sul profilo soggettivo della colpa, che deve tener conto della concreta evitabilità del sinistro con valutazione ex ante in relazione a un comportamento esigibile nelle date circostanze di tempo e di luogo alla luce dei dati conosciuti o conoscibili dall’agente.
Per tale ragione la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
Così Ł deciso, 12/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME