Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 9905 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 9905 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/06/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di L’Aquila, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Pescara del 9 luglio 2020, ha ridetermiNOME la pena irrogata a NOME COGNOME in anni uno e mesi sei di reclusione, con il beneficio della non menzione e, a seguito della rinuncia alla costituzione delle parti civili, con eliminazione degli effetti civili della pronunc impugnata, che ha confermato nel resto.
Al momento in cui avvenne l’impatto, lo COGNOME aveva già parzialmente impegNOME la semicarreggiata opposta, ivi trovandosi ancora in fase dinamica ancorché a velocità estremamente moderata, nel momento in cui venne a collidere con l’auto condotta dal COGNOME. Risultava dirimente la testimonianza di NOME COGNOME, che aveva assistito in prima persona all’incidente ed aveva riferito di aver visto l’imputato intraprendere la manovra di svolta a sinistra, finendo per tagliare la strada alla Renault, che procedeva nel senso di marcia opposto, per entrare nel parcheggio del bar. Il Tribunale ha ritenuto che la deposizione fosse confermata dai rilievi dei Carabinieri, esaminati dai consulenti, che avevano appurato la presenza, sulla corsia di pertinenza della Renault, dello scarrocciamento lungo e ben marcato ascrivibile agli pneumatici del lato sinistrorso
della Opel, che non avrebbe potuto essere giustificato, se non per il superamento della linea di mezzeria da parte della stessa Opel.
Tali elementi, uniti alla distribuzione delle deformazioni sui veicoli, avevano condotto il consulente COGNOME a concludere in maniera condivisibile che la collisione era avvenuta tra la parte anteriore (prevalentemente sinistra) della Renault e quella (prevalentemente destra) della Opel, ove quest’ultima risultava inclinata di circa 15° sulla corsia di pertinenza della prima, in prossimità della linea discontinua di mezzeria e, precisamente, a circa 70 cm. dalla stessa.
La ricostruzione era persuasivamente fondata su leggi scientifiche di copertura, compiutamente descritte attraverso una chiara e puntuale rappresentazione grafica dei fattori che avevano concorso a determinare la posizione finale statica dei mezzi e si mostrava coerente con quanto riferito dal teste COGNOME. Di contro, le testimonianze di NOME COGNOME e NOME COGNOME si erano mostrate incerte e contraddittorie.
Dunque, lo COGNOME aveva omesso di arrestare la propria marcia una volta avvedutosi che la svolta a sinistra non avrebbe potuto essere compiuta in condizioni di sicurezza, così invadendo l’opposta corsia di marcia, mentre era in transito con diritto di precedenza la Renault Megane condotta dal COGNOME e ciò realizzava il profilo colposo della violazione delle regole cautelari speciali previste dal codice della strada ed oggetto di contestazione. Era pure stato provato il particolare profilo colposo del contegno di guida tenuto dalla vittima del sinistro, che procedeva, anche a voler considerare il più basso tra i calcoli elaborati dalle parti, ad una andatura superiore di qualche decina di chilometri orari al limite di 40 Km/h orari consentito, non indossava la cintura di sicurezza e procedeva in posizione orientata verso il centro della carreggiata e non rigorosamente a destra. Tali circostanze, pur non elidendo il nesso di causalità della colpa in capo all’imputato, potevano però influire sul giudizio di determinazione della pena.
La Corte di appello, nel confermare l’accertamento dei fatti del Tribunale, dopo aver ammesso l’acquisizione dei verbali di dichiarazioni rese nel corso delle indagini difensive da NOME COGNOME e NOME COGNOME e dopo aver respinto le altre richieste istruttorie, ha disatteso il motivo d’appello tendente a svalutare perché falsa la testimonianza del COGNOME sulla posizione di marcia dello COGNOME, trattandosi di diversa percezione dello stesso accadimento. Ha quindi ridetermiNOME il trattamento sanzioNOMErio, ritenendo la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate ed ha elimiNOME le statuizioni civili emesse dal Tribunale, essendo state revocate le costituzioni di parte civile.
Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, sulla base di due motivi:
nullità della sentenza (art, 606, comma 1 lett. d), cod. proc. pen.) per mancata assunzione di una prova decisiva e per l’omessa rinnovazione istruttoria dibattimentale, che aveva chiesto ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen., al fine di ottenere la rinnovazione delle prove già acquisite al dibattimento di primo grado, ovvero l’escussione di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, oltre l’esame del c.t.p. NOME COGNOME. Sostiene il ricorrente che nell’atto di appello era stata sollecitata la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in ragione del sospetto mendacio del teste COGNOME e che il rifiuto dell’istanza, oltre che collidere con i principi di dirit sovranazionale espressi dalla CGUE, nella sentenza Dan c/Moldavia e con quelli enucleati dalla giurisprudenza di legittimità, aveva miNOME l’apparato motivazionale della sentenza impugnata, in quanto i fatti andavano accertati secondo quanto riferito dalla teste NOME COGNOME. Inoltre, era stata ingiustificatamente trascurata l’incidenza del cd. principio di affidamento sulla correttezza del comportamento altrui, con conseguente responsabilità del soggetto che assume un comportamento imprudente, stante l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali ed all’obbligo del conducente di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, secondo quanto affermato, da ultimo, da Sez. 4 del 16/02/2018, n. 2018;
nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen., con riferimento agli atti risultanti dal processo sulla dinamica del sinistro stradale, sulla posizione effettiva dell’autoveicolo condotto da NOME COGNOME nell’impatto e sulle gravi e plurime violazioni commesse dal COGNOME nella causazione dell’evento in via esclusiva.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte / chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Il ricorrente deduce la nullità della sentenza perché la Corte di appello non ha disposto la rinnovazione della prova dichiarativa; il vizio sarebbe provato dalle lacune dell’apparato motivazionale e Mlle manifeste illogicità, ricavabili dal testo della sentenza e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state evitate mediante l’assunzione delle prove dichiarative richieste dall’appellante.
Va evidenziato che la pronuncia impugnata, alle pagine 4 e 5, riferisce i contenuti delle richieste formulate dall’appellante, esaminando in primo luogo gli stralci delle dichiarazioni rese, in seno alle indagini difensive svolte dal difensore dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, da testi già escussi nell’ambito dell’istruttoria dibattimentale.
A tal proposito, in applicazione del principio espresso da Sez.2, n. 21596 del 18/02/2016, COGNOME, Rv. 267163-01, la Corte di appello ha ritenuto non acquisibili i verbali delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini difensive da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in quanto già esaminati nel corso del dibattimento. Il diritto del difensore a svolgere proprie indagini avrebbe dovuto coordinarsi con i criteri ed i limiti specificamente previsti dal codice per la formazione della prova, portando i risultati delle indagini all’attenzione del giudice dell’impugnazione secondo la scansione stabilita, nel dibattimento, dagli artt. 568 e ss. cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 21005 dell’1/04/2016, Tresoldi, Rv. 266851-01).
Sono stati invece acquisiti i verbali difensivi relativi alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, in quanto non escusse in dibattimento.
A fronte di tale motivazione, di natura evidentemente processuale, il motivo del ricorso per cassazione denuncia esclusivamente la ingiustificata ed irragionevole scelta del giudice dell’impugnazione di non aderire alla richiesta dell’appellante tesa alla << rinnovazione delle prove acquisite nel dibattimento di primo grado e, specificamente, per l'escussione testimoniale di COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, oltre che l'esame del C.T.P. AVV_NOTAIO. COGNOME NOME, oltre che per l'assunzione di nuove prove, ovvero l'audizione testimoniale delle sigg.re COGNOME NOME e COGNOME NOME », incentrando dunque la doglianza solo sul momento valutativo della affermazione di completezza del compendio probatorio acquisito, contestando la scelta di non ritenere necessarie le acquisizione difensive proposte in appello, al fine di provare in modo decisivo che la testimonianza di NOME COGNOME fosse mendace.
Il motivo, COGNOME non supera il vaglio di ammissibilità perché non è idoneo ad incrinare la decisione.
La disciplina della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale (art. 603 cod.proc.pen.) ha la funzione di integrare in tutto o solo in parte il compendio probatorio fissato nel corso del giudizio di primo grado, mediante la conseguente acquisizione di altre richieste probatorie delle parti.
pt- COGNOME 4
L’esercizio del potere di disporre la rinnovazione dell’istruttoria iper il giudice dell’impugnazione . è funzionale al controllo della sentenza di primo grado, nel rispetto del principio devolutivo dell’appello. Pertanto, le prove dichiarative og della rinnovazione devono essere considerate nel contesto probatorio già esistente, previa idonea rappresentazione della lacuna della sentenza appellata da parte dei motivi di ricorso, secondo le previsioni dell’art. 581 cod. proc. pen.
La disposizione dì cui all’art. 603 cod. proc. pen. è fondata sulla presunzione di completezza dell’indagine probatoria esperita in primo grado e subordina la rinnovazione del dibattimento, t da una parte alla condizione di una sua necessità, che il legislatore qualifica come “assoluta” per sottolinearne , l’oggettività e l’insuperabilità col ricorso agli ordinari e l S- COGNOME processuali e, dall’altra, alla condizione che il giudice, cui demanda ogni COGNOME valutazione in proposito, la percepisca e la valuti come tale, vale a dire come un ostacolo all’accertamento della verità del caso concreto, insormontabile senza il ricorso alla rinnovazione totale o parziale del dibattimento ( Sez. 6, n. 48093 del 2018, COGNOME, Rv. 274230 – 01). La discrezionalità dell’apprezzamento, dalla legge rimesso al giudice di merito, determina su altro versante l’incensurabilità in sede di legittimità di una valutazione correttamente motivata (Sez. 6, n. 4089 del 03/03/1998, COGNOME e altri, Rv. 210217).
Nella specie, risulta incensurabile la motivazione fondata sulla specifica disamina del compendio probatorio acquisito in primo grado e sulla esclusione esplicita del sospetto di mendacio del teste COGNOME, contenute nelle pagine 6, 7 ed 8 della sentenza impugnata, con le quali la Corte di appello ha negato, in positivo, la necessità del mezzo di prova da assumere al fine di superare la presunzione di completezza del compendio probatorio acquisito dalla sentenza di condanna di primo grado. In particolare, la Corte territoriale ha fornito adeguata risposta ai dubbi espressi dall’appellante in ordine alle posizioni assunte in loco dai testi, facendo riferimento anche all’esito del confronto disposto COGNOME e COGNOME.
Anche il profilo del primo motivo con il quale si lamenta la violazione del principio di affidamento è manifestamente infondato.
Il motivo evoca il principio di affidamento nell’ambito della circolazione stradale, in base al quale ogni soggetto non dovrà ritenersi obbligato a delineare il proprio comportamento in funzione del rischio di condotte colpose altrui, ma può riporre un ragionevolmente affidamento sul fatto che gli altri soggetti agiscano osservando le regole di diligenza proprie (Sez. 4, 22/11/2023, (dep.2024), n.1929 Blushaj, Rv. 285635 – 01). Tale principio va contemperato con l’opposto principio secondo cui l’agente può essere responsabile dell’evento seppur dovuto anche al comportamento imprudente altrui purché questo sia stato ragionevolmente
prevedibile nelle condizioni concrete; di talché la colpa della vittima rientrando nella normale prevedibilità, non elide la colpa dell’agente per quanto residuale (Sez. 4, n. 492:3 del 20/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284093; Sez. 4, n. 24414 del 6/05/2021, COGNOME, Rv. 281399; Sez. 4, n. 7664 del 6/12/2017, COGNOME, Rv. 272223; Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017, COGNOME, Rv. 269997; Sez. 4, n. 25552 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 270176; Sez. 4, n. 5691 del 2/02/2016, COGNOME, Rv. 265981; Sez. 4, n. 12260 del 9/01/2015, COGNOME, Rv. 263010; Sez. 4, n. 46741 del 8/10/2009, Minunno, Rv. 245563).
In proposito, la menzionata giurisprudenza di legittimità ha pure evidenziato che nel caso di convergenza delle colpe di agente e vittima la valutazione sull’affidamento del primo riposto sulle condotte altrui, vittime o cooperanti, presuppone un ruolo causale materiale e psicologico nel caso in cui l’agente abbia anche in minima parte contribuito alla causazione dell’evento con una propria violazione cautelare.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha evidenziato con linearità logica che l’imputato si è reso responsabile della violazione cautelare costituita dalla effettuazione della svolta a sinistra, con attraversamento della opposta corsia di marcia percorsa in quel momento dalla autovettura condotta dal COGNOME, senza arrestare la marcia e quindi senza dare la precedenza, e ciò costituisce una concausa dell’evento. L’apporto causale di tale condotta ha rivestito nella dinamica dell’impatto tra i due veicoli una effettiva (e non ipotetica) concausa dell’evento, tale da addebitarlo eziologicamente anche all’imputato, oltre che alla vittima.
Il secondo motivo è pure manifestamente infondato e per molti aspetti inammissibile.
In primo luogo, il motivo va sfrondato dagli aspetti che evocano la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per le ragioni sopra esposte e che lo rendono, per tali aspetti inammissibile. La sentenza non è peraltro affetta dal vizio di contraddittorietà ed illogicità sul punto essenziale della individuazione del punto d’urto dei mezzi, come riprodotto alla pagina 9.
Se è vero che il punto d’urto non è quello individuato dai Carabinieri, perché in effetti i giudici di merito concordano sull’arretramento di circa 6,30 o 6,50 metri, va osservato che la sentenza della Corte di appello dà atto di tale accertamento. Inoltre, stante la sostanziale conformità di accertamento, la sentenza qui in esame va integrata con le pagine 5 e 7 di quella del Tribunale, che ha affermato che < < la collisione era avvenuta tra la parte anteriore (prevalentemente sinistra) della Renault e (prevalentemente destra) della Opel, ove quest'ultima risultava inclinata di circa 15° sulla corsia di pertinenza della prima, in prossimità della linea discontinua di mezzeria e, precisamente, a circa 70 cm. dalla stessa», e che ha
esplicitamente condiviso <‹ l'osservazione dei consulenti di Procura e difesa, che ritengono di anticipare il punto d'urto di circa 6,5 metri rispetto a quello inizialmente segnalato dalla p.g. sulla scorta della scalfittura impressa sull'asfalto dal braccio oscillante sinistro della Renault, considerando, con argomentazione ragionevole, che la componente meccanica de qua non poteva aver ceduto simultaneamente all'impatto, ma nel corso del tragitto percorso dal mezzo sulla spinta dell'energia liberata dalla collisione».
Così determiNOME l'intero tessuto motivazionale, non vi è alcun contrasto logico nella motivazione della sentenza impugnata derivante da travisamenti della prova, unico vizio che legittimerebbe il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non essendo stato rappresenton specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Si tratta infatti di sentenza di appello basata sulla conferma dell'accertamento in fatto posto in essere dalla sentenza di primo grado, cd. doppia conforme. (vd. ex multis, Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022 Rv. 283777).
6. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
A norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sento n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
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