Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26402 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26402 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Cagliari il 28/05/1991
avverso la sentenza emessa il 09/10/2024 dalla Corte d’Appello di Cagliari visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22/02/2022, la Corte d’Appello di Cagliari confermava la sentenza emessa con rito abbreviato in data 22/06/2018, dal G.u.p. del Tribunale di Cagliari, con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al reato di omicidio stradale plurimo pluriaggravato, nonché al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.
La decisione della Corte territoriale veniva annullata con rinvio, dalla Quarta Sezione di questa Suprema Corte con sentenza n. 9464 del 09/02/2023, limitatamente alla omessa applicazione dell’attenuante di cui al settimo comma dell’art. 589-bis cod. pen. (nel resto, il ricorso veniva rigettato).
In sede di rinvio, la Corte territoriale ha preliminarmente respinto l’eccezione di nullità della notifica all’imputato del decreto di citazione in appello (effettuata sensi del comma 4 dell’art. 161 cod. proc. pen. per ritenuta inidoneità del domicilio dichiarato), e ha applicato l’attenuante, riducendo la pena nella misura di un sesto.
Ricorre nuovamente per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta insussistenza della nullità della notifica. Si censura la sentenza per l’infondatezza dell’assunto secondo cui il domicilio dichiarato dal PORRU sarebbe risultato inidoneo, come confermato dalle precedenti notifiche e dal certificato di residenza; si censura inoltre il riferiment all’art. 420, comma 2-ter, cod. proc. pen., perché la notifica doveva essere effettuata all’imputato, con conseguente nullità a regime intermedio.
2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla riduzione in concreto applicata. Si deduce la contraddittorietà insita nell’aver ridotto solo di un sesto la pena applicata al PORRU, nonostante la stessa Corte territoriale abbia evidenziato le conclusioni del consulente del P.M., stando alle quali l’evento infausto non si sarebbe verificato, qualora le persone offese avessero indossato le cinture di sicurezza.
Con requisitoria tempestivamente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, per la manifesta infondatezza della prima censura e per la presenza di un’adeguata motivazione a sostegno della riduzione di pena in concreto operata.
Con memoria di replica, il difensore insiste per l’accoglimento del ricorso, con particolare riguardo al vizio motivazionale dedotto con il secondo motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Per ciò che riguarda il primo motivo, è qui opportuno richiamare la fondamentale distinzione operata sin da Sez. U, n. 119, del 27/10/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 229539 – 01, secondo cui «in tema di notificazione della citazione dell’imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 cod. proc. pen. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stat omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte
dell’imputato; la medesima nullità non ricorre invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc. pen.». Si tratta di una distinzione ribadita da Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269028 – 01, e che ha trovato pratica applicazione, con riferimento a fattispecie analoghe a quella in esame, nel principio secondo cui «la nullità conseguente alla notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio presso lo studio del difensore di fiducia anziché presso il domicilio dichiarato è di ordine generale a regime intermedio in quanto detta notifica, seppur irritualmente eseguita, non è inidonea a determinare la conoscenza dell’atto da parte dell’imputato, in considerazione del rapporto fiduciario che lo lega al difensore» (Sez. 2, n. 48260 del 23/09/2016, COGNOME, Rv. 268431 – 01. In senso conforme, tra le altre, cfr. Sez. 1, n. 17123 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266613 – 01).
Nel caso di specie, risulta indubbia la concreta, perfetta idoneità della notifica del decreto di citazione, effettuata presso il difensore anziché presso il domicilio dichiarato del PORRU, a determinare la conoscenza – in capo a quest’ultimo – della data fissata per la trattazione del giudizio di rinvio. È invero presente, in atti, procura speciale al proprio difensore di fiducia, sottoscritta dal PORRU, per richiedere l’applicazione della detenzione domiciliare sostitutiva: nel conferire la procura, il COGNOME fa esplicito riferimento alla data individuata per la trattazione, e ai numeri del procedimento (sia quello relativo alle notizie di reato, sia quello relativo al registro dei giudizi di appello).
Nessun dubbio, in altri termini, può sussistere sulla configurabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc. pen., avendo la notifica presso il difensore in concreto raggiunto il proprio scopo informativo.
Ad analoghe conclusioni di manifesta infondatezza deve pervenirsi con riferimento al secondo motivo di ricorso.
Nel limitare ad un sesto la riduzione della pena per l’attenuante di cui al settimo comma dell’art. 589-bis cod. pen., ritenuta applicabile in sede di rinvio (con riferimento al fatto che le tre vittime del sinistro non avevano indossato le cinture di sicurezza), la Corte territoriale ha ritenuto che, nella complessiva ricostruzione della dinamica del fatto, dovesse essere condivisa la valutazione del primo giudice circa l’elevatissimo grado della colpa del COGNOME, rispetto alla quale l’incidenza della predetta imprudente condotta tenuta dai danneggiati-trasportati doveva essere considerata “davvero modesta” (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
Ritiene il Collegio che tale valutazione sia del tutto immune da criticità deducibili in questa sede.
Da un lato, la concorde valutazione dei giudici di merito, in ordine alla preponderante valenza da attribuire alla condotta del PORRU, connotata da un elevatissimo grado della colpa, trova un ampio, indiscusso riscontro nella ricostruzione fattuale accolta nella sentenza di primo grado, da cui è emerso che l’autovettura condotta dal ricorrente era piombata sulla rotonda alla velocità di circa 145 km/h, mantenendo poi una velocità di impatto contro la barriera pari a 85 km/h (cfr. pag. 4 della sentenza di primo grado).
D’altro lato, con specifico riferimento alle cinture di sicurezza non indossate dalle vittime del sinistro, il G.u.p. aveva richiamato le valutazioni del consulente secondo cui “considerate le evoluzioni dell’auto e la velocità che ha continuato a mantenere anche nell’ultima migrazione, percorrendo circa 50 metri e, pur dopo avere dissipato energia con l’urto sul fondo del manto stradale, sul guard-rail, per le evoluzioni dell’auto, i passeggeri sarebbero stati shakerati ugualmente”. Sempre rifacendosi al consulente, il G.u.p. aveva osservato che “non si può prescindere, pur indossando le cinture, dalle sollecitazioni che riceve il corpo anche se non si può affermare, ragionevolmente, che nel caso in cui avessero indossato le cinture, il risultato non sarebbe stato ugualmente infausto” (cfr. pag. 5 della sentenza d primo grado).
Risulta evidente che il passaggio qui appena riportato non coincide con il virgolettato contenuto nella prima parte della sentenza impugnata (la quale, peraltro, non specifica da quale atto sia stata estrapolata la frase testualmente riportata).
Altrettanto chiaro è che quel passaggio, al quale deve darsi evidentemente prevalenza vista la piena condivisione espressa dalla Corte territoriale alle valutazioni del primo giudice, ha un significato opposto a quello sostenuto dalla difesa ricorrente: sia pure con in termini piuttosto contorti, il G.u.p. ha intes sostenere l’irragionevolezza della tesi per cui, se le vittime avessero indossato le cinture, il risultato non sarebbe stato ugualmente infausto.
Si tratta, del resto, di una posizione perfettamente omogenea a quanto poco prima osservato dallo stesso G.u.p., riprendendo una discutibile terminologia usata dal consulente, in ordine al fatto che – per la velocità e gli urti, conseguenti alla condotta di guida del PORRU – “i passeggeri sarebbero stati shakerati ugualmente”, anche se avessero indossato le cinture di sicurezza.
Deve quindi escludersi la sussistenza della contraddittorietà segnalata dal difensore, risultando la riduzione di un sesto, operata dalla Corte territoriale in applicazione della ricordata attenuante speciale, del tutto in linea con la complessiva valutazione della vicenda risultante dalla motivazione della sentenza impugnata.
4. Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17 giugno 2025
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Il Consigli e estensore
Il Presidente