Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14444 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14444 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a MARCELLINARA il 28/07/1974
avverso la sentenza del 10/05/2024 della Corte d’appello di Catanzaro
Letto il ricorso ed esaminati gli atti;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricors letta la memoria depositata dalla difesa dell’imputato.
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RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Catanzaro, con la decisione indicata in epigrafe, ha confermato l sentenza emessa in data 9 giugno 2022 dal Tribunale di Castrovillari, con la quale COGNOME NOME veniva condannato alla pena di anni due e mesi due di reclusione, previo riconoscimento dell’attenuante di cui al comma 7 dell’art. 589 bis cod. penricr. r equivalente alla contestata recidiva, per i reati di omicidio stradale e di inottemperanza agli obblighi di fermarsi e p soccorso al soggetto investito.
In breve il fatto per una migliore intelligenza dei motivi posti a base del ricorso.
Il giorno 25 marzo 2016, l’imputato, alla guida di un autocarro, nel mentre effettuava u manovra di retromarcia in INDIRIZZO di Rossano, aveva investito il pedone COGNOME NOME, passandogli sopra con la parte posteriore del mezzo e causandone l’immediato decesso.
I giudici di merito, tenuto conto della situazione dei luoghi in cui ebbe a verifi sinistro e della probabile presenza di pedoni (vale a dire, in prossimità di un negozio di g alimentari dove il Mercurio aveva appena effettuato una consegna di merce) e, considerate le caratteristiche del mezzo, privo di completa visuale nel procedere in retromarcia e con siste frenante non perfettamente funzionante, hanno ritenuto che il conducente del furgone, nel procedere a retromarcia, avrebbe dovuto costantemente sincerarsi che dietro al proprio automezzo, lungo la direzione intrapresa (a marcia indietro), non si trovassero pedoni.
Gli stessi giudici hanno altresì precisato che, stante la pacifica inidoneità degli specc retrovisori a coprire l’intera area retrostante il mezzo e a visualizzare eventuali os specialmente pedoni sulla traiettoria in retromarcia, il NOME non avrebbe dovuto effettu quella manovra azzardata, avendo la possibilità di allontanarsi dal luogo di sosta procedendo avanti, come attestato dalla testimone NOME, proprietaria del negozio antistante
Inoltre, in considerazione del fatto che il pedone aveva quasi ultimato l’attraversamento conducente del mezzo avrebbe avuto il tempo necessario a percepirne la presenza.
In ordine alle ulteriori contestazioni (art.189, commi 6 e 7, cod.strada), è stata ri idonea ad integrarle la condotta del COGNOME, il quale si era limitato a fermarsi brevemente invitare uno dei soggetti presenti (tale COGNOME) a chiamare l’ambulanza, allontanandos repentinamente dal posto.
In tal senso è stato valorizzato il fatto di essersi reso momentaneamente irreperibile non aver così consentito lo svolgimento di indagini tecniche sul furgone.
NOME NOME a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, per seguenti motivi.
2.1 Con riferimento al capo 1, viene eccepita la mancanza assoluta di motivazione rispett ai motivi di appello.
Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale ha confermato la sentenza impugnata, nel parti concernenti l’affermazione di responsabilità dell’imputato, senza sottoporla ad a vaglio critico e senza esaminare e valutare, sia pure per ritenerli inconferenti o infonda
specifici motivi di impugnazione proposti dall’appellante, basati anche sugli esiti d consulenza tecnica di parte.
La sentenza impugnata, con motivazione apodittica, oltre a richiamare integralmente la motivazione del primo giudice, si sarebbe limitata ad evidenziare che il mezzo condott dall’imputato non avesse sufficiente visibilità nel procedere in retromarcia.
Dopo aver richiamato l’articolo 589 bis cod.pen., il ricorrente evidenzia che, dal te letterale della norma, si ricava che intanto è ravvisabile il reato in quanto in capo al s agente sia ravvisabile la violazione di una prescrizione del codice della strada che a efficacia determinante nella produzione dell’evento.
Osserva che, in relazione alla dinamica del sinistro ed alla contestata violazione di re cautelari, le uniche emergenze probatorie sono rappresentate dalle dichiarazioni e conclusion dei consulenti di parte, atteso che i testimoni escussi riferivano solo in relazione alla co di cui al capo 2 della rubrica, ossia alla non ottemperanza all’obbligo di fermarsi e di pr soccorso.
Il consulente del Pubblico Ministero evidenziava le seguenti violazioni: aver eseguito u manovra di retromarcia, creando pericoli agli altri utenti della strada; aver circolato co massa complessiva superiore a quella indicata sulla carta di circolazione; aver circolato sen tener del veicolo in condizioni di massima efficienza con riferimento alla condizi dell’impianto frenante, dei dispositivi di segnalazione visiva e acustica e di illuminazione spostato l’autocarro dai luoghi del sinistro.
Lo stesso consulente ricostruiva la dinamica del sinistro sulla base di osservazioni n condivisibili, ritenendo che il Mercurio, prima di effettuare la manovra, ritenuta peric avrebbe dovuto assicurarsi di poterla effettuare senza creare pericolo o intralcio agli altri della strada.
Non è stato considerato che il conducente del veicolo, all’atto di partenza in retromar non poteva vedere il pedone in movimento in quanto nascosto dalla sagoma posteriore del furgone stesso, se non per qualche frazione di secondo, intercorsa tra il momento dell’usci dello stesso pedone dal passaggio pedonale sino alla scomparsa del campo visivo degli specchietti retrovisori del mezzo.
Al contrario, il consulente della difèsa osservava che l’attraversamento da parte pedone del tratto di strada dove avvenne l’investimento fu effettuato in senso diagonal ravvisandosi in ciò una grave infrazione, tale da porre in pericolo la propria incolumità.
Il comportamento da parte del pedone, integrante un grave profilo di colpa, aveva perciò generato autonomamente una situazione di pericolo per se stesso e per la circolazione, in palese inosservanza dell’articolo 190 Codice della strada.
Se infatti il pedone avesse attraversato il tratto di strada perpendicolarmente, anzi procedere in senso diagonale e dunque in maniera non consentita, avrebbe avuto la possibilità di accorgersi della presenza dei veicoli in avvicinamento e il sinistro non si sarebbe verif Egli pertanto si era deliberatamente spostato in maniera imprudente e altamente pericolosa, in
violazione agli articoli 140 e 190 del codice della strada, ‘e delle comuni norme di prudenz attenzione, nella totale noncuranza di ciò che accadeva alla sua sinistra, pur sapendo c l’attraversamento avveniva in zona vietata.
Al contrario, il conducente del furgoneKaveva prestato la dovuta attenzione nell’esegui la manovra in retromarcia, con una velocità adeguata e di sicurezza, non potendo individuare pedone, in quanto nascosto alla sua vista dalla sagoma stessa del mezzo e non potendo immaginare che un pedone si immettesse sulla strada dalla posizione descritta.
I pochi istanti a disposizione per intravedere dagli specchietti il pedone, uscito dalla marciapiede e poi subito nascosto dalla sagoma del furgone, non erano assolutamente sufficienti per focalizzarne l’immagine e prevederne i successivi spostamenti.
Pertanto la violazione da parte del pedone delle suddette prescrizioni e l’inosservanza del segnaletica stradals, haOtonfigurato un evidente e determinante profilo di colpa nel causazione del sinistro da parte del pedone.
I giudici di merito non hanno tenuto conto delle suddette conclusioni del consulente del difesa, che avrebbero potuto essere confutate solo attraverso la nomina di un perito da par della Corte distrettuale.
Il comportamento imprudente dello stesso, prosegue il ricorrente, è risultato abnorme e imprevedibile nell’ambito della circolazione stradale, essendo invece irrilevanti, se non punto di vista amministrativo, i presunti difetti manutentivi del veicolo.
L’imprevedibile attraversamento irregolare del pedone, sicuramente dopo l’inizio del manovra di retromarcia, avrebbe dovuto essere considerato causa esclusiva sola sufficiente a produrre l’evento, o comunque riconducibile alla cornice dell’esimente di cui all’artico cod.pen.
2.2 Con riferimento al capo 2, è stato ritenuto che in realtà il ricorrente aveva ottemp all’obbligo di fermarsi. Egli infatti chiese ad un terzo soggetto di sollecitare i soccor aver posto in essere una breve sosta. Non sarebbe pertanto ravvisabile alcuna fuga, avendo egli fatto affidamento sui soggetti presenti per prestare assistenza al Toscano e chiamar soccorsi.
Inoltre, la presenza di altre persone rendeva inutile la sua permanenza sicché non son ravvisabili le violazioni dei precetti di cui all’articolo 189 comma 6 e comma 7, ess quest’ultima previsione comunque assorbita del reato di cui al capo 1.
Inoltre, in relazione all’ipotesi di cui al comma 6 dell’articolo 189, è stata evid l’insussistenza dell’elemento materiale, atteso che il Mercurio era facilmente individuabile, come è stato effettivamente individuato, sulla base delle indicazioni fornite dai soggetti c il medesimo si era intrattenuto, anche per motivi di lavoro, nei minuti immediatamen precedenti al sinistro.
2.3 Il ricorrente contesta la ritenuta recidiva, dichiarata equivalente all’attenuante all’articolo 589 bis, comma 7, cod. pen.
Si deduce l’erroneità della decisione della Corte distrettuale, nella parte in cui ha affe che la pluralità dei precedenti penali in capo all’imputato e la condotta concreta di ass negligenza e di allontanamento dai luoghi, fanno sì che debba ritenersi non occasionale, ma frutto di una certa abitudine, la ricaduta nel reato il mancato rispetto delle regole.
Tale affermazione non collima con quella contenuta nella sentenza di primo grado, nella quale era stato evidenziato che le condanne a carico del NOME riguardavano reati contro patrimonio o in materia di falso, non coerenti con le ipotesi criminose oggetto della prese imputazione.
Di qui l’impossibilità di ritenere applicabile la recidiva, per la quale è necessari giudice motivi in ordine alla maggior colpevolezza e capacità a delinquere del reo, non essend stati specificati i precedenti e perché da essi dovrebbe derivare una maggiore pericolosità.
Manca ogni motivazione in ordine al riconoscimento della recidiva, non ravvisabile nell specie, atteso che i nuovi reati, peraltro commessi a distanza di anni rispetto ai preced non possono considerarsi sintomatici di una maggiore pericolosità del reo.
2.4 Così pure, prosegue il ricorrente, risulta priva di motivazione, la mancata concessio delle attenuanti generiche, anche alla luce dell’applicazione dell’attenuante speciale di all’articolo 589 bis comma 7, cod. pen. essendo insufficiente l’argomentazione che fa leva s comportamento dell’imputato e sull’assoluta mancanza di collaborazione, omettendo di valutare invece l’incidenza della condotta del pedone in ordine alla causazione dell’evento.
2.5 Ulteriore censura riguarda la sospensione della patente di guida della misura di an due, ritenuta ec – cessiva e sproporzionata rispetto al reale accadimento, nel quale è risultat preponderante il concorso del pedone nella determinazione dell’evento.
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
Il difensore ha depositato memoria, ulteriormente illustrando i motivi concernenti recidiva e la sanzione accessoria della sospensione della patente
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve essere innanzitutto definita la relazione che intercorre tra le due sentenz merito, essendo stata espressamente contestata l’insufficienza della motivazione della seconda decisione, in quanto appiattita sulla prima, richiamata per relationem.
La questione assume rilevanza preliminare, data la necessità di individuare l’ambito d riferimento dei motivi di ricorso, ovvero se debba essere circoscritto alla sola senten appello o se possa essere esteso anche alle argomentazioni contenute nella decisione di primo grado.
Va premesso che, in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logic
giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivaz integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quell di appello (Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore e altro – Rv. 266617 — 01; Sez n.28411 del 13/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 256435; Sez. 3, n. 13926 del 10/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615; Sez. 2, n.. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, riv. 209145; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 197250).
Inoltre, costituisce orientamento interpretativo consolidato nella giurisprudenza della C di legittimità che, nel caso di doppia conformità, sia ammissibile la motivazione della sent d’appello per relationenn a quella della decisione di primo grado, sempre che le censur formulate contro la prima sentenza non contengano elementi e argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nel controllare la fondatezza elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia sofferma primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamen criticamente censurate.
La motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua, in altri termini, se il g d’appello abbia confutato gli argomenti che costituiscono “l’ossatura” dello schema difensi dell’imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in opera, richiamare alcuni passaggi dell’iter argonnentativo della decisione di primo gra quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione all questioni prospettate dalla parte (Sez. 6, n. 1307 del 26.9.2002, dep. 2003, COGNOME, 223061).
1.1 Nel caso in esame, la Corte territoriale valutando il materiale istruttorio, ha esam i punti nodali dei motivi d’impugnazione contro la sentenza medesima e non si è limitata ad u mero rinvio per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado.
Ed in ogni caso, i motivi di censura non contengono elementi e argomenti diversi da quell già esaminati e disattesi nella prima e nella seconda sentenza, non emergendo argomenti diversi che non siano stati adeguatamente affrontati dalle due decisioni.
È possibile pertanto far riferimento ad entrambe le decisioni, ritenendole una sola en logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità motivazione.
Tanto premesso, i motivi di ricorso diretti a contestare l’affermazione di responsab per il reato di omicidio colposo, risultano manifestamente infondati.
2.1 Con riguardo alla primaria censura, effettivamente, in ragione del concomitant comportamento colposo della persona offesa, si tratta di stabilire se e in qual misur principio di affidamento trovi applicazione nell’ambito dei reati colposi commessi a seguit violazione di norme sulla circolazione stradale.
Il principio, d’altra parte, si connette pure al carattere personale e rimproverabile responsabilità colposa, circoscrivendo entro limiti plausibili ed umanamente esigibili l’obbl rapportarsi alle altrui condotte: esso è stato efficacemente definito come una vera e prop pietra angolare della tipicità colposa.
La possibilità di fare affidamento sull’altrui diligenza viene meno quando l’agente è grav da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi; o, quando, in relazi particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere che altri non si atterrà alle r cautelari che disciplinano la sua attività.
Il codice della strada presenta norme che sembrano estendere al massimo l’obbligo di attenzione e prudenza, sino a comprendere il dovere di prospettarsi le altrui condot irregolari.
Ad esempio, l’art. 141 impone di regolare la velocità in relazione a tutte le condi rilevanti, in modo che sia evitato ogni pericolo per la sicurezza; e di mantenere condizio controllo del veicolo idonee a fronteggiare ogni “ostacolo prevedibile”.
L’art. 145 pone la regola della “massima prudenza” nell’impegnare un incrocio.
L’art. 191 prescrive la massima prudenza nei confronti dei pedoni, sia che si trovino su appositi attraversamenti, sia che abbiano comunque già iniziato l’attraversamento dell carreggiata.
Tali norme tratteggiano obblighi di vasta portata, che riguardano anche la gestione d rischio connesso alle altrui condotte imprudenti.
D’altra parte, come si è accennato, le condotte imprudenti nell’ambito della circolazi stradale sono tanto frequenti che esse costituiscono un rischio tipico, prevedibile, da govern nei limiti del possibile.
La tendenza della giurisprudenza di legittimità è nel senso di limitare al massimo possibilità di fare affidamento sull’altrui correttezza.
Si afferma, così, che, poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi dover di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando si determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé negligente.
Su tali basi si è affermato, ad esempio, che anche nelle ipotesi in cui il semaforo ve consente la marcia, l’automobilista deve accertarsi della eventuale presenza, anche colpevole di pedoni che si attardino nell’attraversamento (Sez. 4, Sent. n. 27404 del 10/05/2018 R 273407 – 01); e che l’obbligo di calcolare le altrui condotte inappropriate deve giungere si prevedere che il veicolo che procede in senso contrario possa improvvisamente abbagliare, e che quindi occorre procedere alla strettissima destra in modo da essere in grado, s necessario, di fermarsi immediatamente (Cass. IV, 19 giugno 1987, Rv. 176415).
L’obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche d veicolo o di procedere con assoluta prudenza in ragione delle condizioni ambientali deve essere
inteso nel senso che il conducente deve essere non solo sempre in grado di padroneggiare assolutamente il veicolo in ogni evenienza, ma deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale unicamente nella normale prevedibilità eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa (Sez. 4, Sent. n. 25552 del 27/04/2 Rv. 270176 – 01).
Anche nell’ambito della circolazione stradale è stata comunque considerata la necessità d tener conto degli elementi di spazio e di tempo, e di valutare se l’agente abbia avuto qualc possibilità di evitare il sinistro: la prevedibilità ed evitabilità vanno cioè valutate i (Sez. 4, Sent. n. 7664 del 06/12/2017, dep. 2018, RV. 272223 – 01).
In tema di circolazione stradale, il principio dell’affidamento trova un temperame nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità. (In applica di tale principio la Corte ha ritenuto immune da vizi l’affermazione della responsabilit omicidio stradale del conducente di un’autovettura che, in autostrada, aveva investito pedone che si trovava accanto alla propria autovettura, ferma per un precedente sinistro dovendosi ritenere prevedibile l’eventualità di un incidente tale da comportare l’ostruz totale o parziale della strada: Sez. 4, Sent. n. 24414 del 06/05/2021, Rv. 281399 – 01)
2.2 A tali principi si ispira la sentenza impugnata quando, nell’esaminare il caso, evoc ragionevole prevedibilità e la rapporta, con evidenza, alle particolarità del caso concreto.
L’imputato aveva avviato la manovra di retromarcia con un veicolo ingombrante in una strada posta in centro abitato ed in zona frequentata da pedoni, ben sapendo che una parte posteriore del suo mezzo non era a lui visibile e che l’autocarro non era dotato di strum ottici che gli consentissero una completa visibilità della parte posteriore; ha tuttavia con nella manovra.
Avrebbe potuto, come rilevano i giudici di merito, prevedere che in quel frangente potess attraversare la strada o percorrerla un pedone non visibile dalla sua posizione; e non poten avere piena visuale della traiettoria del veicolo condotto in retromarcia, avrebbe dovuto op per l’opzione alternativa disponibile, ovvero procedere in avanti, proseguendo su INDIRIZZO per poi girare all’intersezione (pag. 11 della sentenza di primo grado).
Al riguardo, si osserva che la sentenza si allinea alle massime giurisprudenziali per le q “in tema di retromarcia effettuata da autoveicoli sia sulla strada pubblica sia in comunque soggetti a frequentazione di persone (e quindi anche privati) tale pericolos manovra non deve essere effettuata quando il conducente del mezzo non sia in grado di percepire e visivamente dominare tutto lo spazio retrostante da impegnare e, quindi, regolare il movimento dell’autovettura in relazione alla presenza di eventuali ostacoli deriva che i conducenti di veicoli che, per ragioni strutturali (mole, altezza, sagomatu contingenti (carico voluminoso o di ingombrante, avarie o perdite di accessori) non siano grado di assicurare le condizioni descritte, devono adottare tutti gli accorgimenti ido sufficienti a realizzare situazioni di sicurezza. Tra dette soluzioni pratiche vi è la collab
di altra persona a terra per aiutare – con apposite segnalazioni – colui che esegue la manov Quest’ultima non deve essere compiuta in assenza delle prospettate soluzioni, poiché non si può porre a repentaglio l’incolumità di coloro che, per qualsiasi motivo anche con condot imprudenti o negligenti – possano venire a trovarsi sulla proiezione della linea di arretram senza essere viste; evento non frequente, ma non eccezionale e pertanto non imprevedibile”. Di tal che “il conducente, qualora si renda conto di avere dietro alle spalle una strada che rende percepibile l’eventuale presenza di un pedone, se non può fare a meno di effettuare la manovra, deve porsi nelle condizioni di controllare la strada, ricorrendo se del caso collaborazione di terzi che, da terra, lo aiutino per consentirgli di fare la retromarcia alcun pericolo per gli utenti della strada” (Sez. 4, n. 8591 del 07/11/2017, Rv. 272485 -Sez. 4, n. 35824 del 27/06/2013, Rv. 256959).
D’altro canto, la difesa non si confronta con il dato motivazionale, laddove il giudic precisato che proprio in ipotesi di attraversamento di un pedone (anche in ipotesi di n rispetto delle norme sulla circolazione stradale) si deve ritenere l’insussistenza del caso fo in quanto su strada cittadina si tratta di un evento del tutto prevedibile. Invero, no essere considerato caso fortuito un evento che non solo non è assoluto, ma che poteva essere superato da uno “sforzo umano”; insomma, alla luce di quanto ricostruito poteva essere considerata soltanto una concausa esterna, ipotizzabile secondo la comune diligenza.
3.Manifestamente infondate sono le doglianze afferenti all’affermazione di responsabilità ordine ai reati contestati al capo 2).
Va premesso che le fattispecie di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 189 cod. strada costituisco due distinte ipotesi di reato, con diversa oggettività giuridica: il reato di fuga investimento (comma 6) è finalizzato a garantire l’identificazione dei soggetti coin nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro; il reato di mancata presta dell’assistenza occorrente (comma 7) è finalizzato ad assicurare il necessario soccorso al persone rimaste ferite; si tratta di due fattispecie autonome e indipendenti, sicché è ravvis un concorso materiale tra le due ipotesi criminose (Sez. 4, n. 3783 del 10/10/2014 – dep 2015, COGNOME, Rv. 26194501).
3.1 Con riferimento al reato previsto dall’art. 189, comma 6, cod. strada (c.d. reat fuga), si ritiene integrata la fattispecie nel caso in cui il soggetto, coinvolto in un sin danni alle persone, effettui soltanto una sosta momentanea, senza fornire le proprie generalit (Sez. 4, n. 42308 del 07/06/2017, COGNOME, Rv. 270885-01; conf. Sez. 4, n. 9128 del 02/02/2012, COGNOME, Rv. 252734- 01, nella specie la Corte ha ritenuto esente da vizi la sentenz che aveva affermato la responsabilità del conducente che, avendo investito due pedoni minorenni, era sceso dall’auto solo dopo che una persona che aveva assistito all’impatto si e posta davanti al mezzo indicando le vittime, e si era poi allontanato senza fornire le pro generalità, stanti le rassicurazioni fornite dalle persone offese circa il proprio stato di nonostante la violenza dell’urto idonea ad arrecare danno alle persone).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno osservato che il Mercurio, dopo la breve sos momentanea e dopo che la titolare del negozio antistante, NOME gli aveva contestato che era stato lui ad investire il pedone, si era volontariamente allontanato a bo del veicolo senza attendere l’arrivo dei carabinieri. I carabinieri procedettero al identificazione e al ritrovamento del veicolo sulla base dei dati forniti dalla stessa NOME
L’argomentazione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale integra il reato di cui all’art. 189, commi primo e sesto, c.d.s. (cosiddetto reato di “f condotta di colui che – in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da c sia derivato un danno alle persone – effettui sul luogo del sinistro una sosta momentan (nella specie “per pochi istanti”), senza consentire la propria identificazione, né quel veicolo. (Sez. 4, Sentenza n. 20235 del 25/01/2006 Ud. (dep. 14/06/2006) Rv. 234581 01: in cui si è rilevato che il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazio conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la durata della prescrit fermata possa essere anche talmente breve da non consentire né l’identificazione del conducente, né quella del veicolo, né lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sull modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stess sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica).
Priva di interesse è la deduzione difensiva circa l’assorbimento del suddetto reato in que di cui all’art. 589 bis cod. pen.
La questione proposta nel ricorso circa la sussumibilità della condotta nella fattisp aggravata di cui all’art. 589-ter cod.pen è infondata per due ordini di ragioni.
Va premesso che il fatto è stato commesso in data 25 marzo 2016, stesso giorno dell’entrata in vigore della legge n. 41/2016, che ha introdotto l’aggravante di cui all’ar ter cod. pen., perciò astrattamente riferibile alla condotta in esame.
Tanto premesso, si osserva che l’assorbimento è ipotizzabile in ipotesi di contestazion della circostanza aggravante di cui all’art.589 ter cod. pen., non essendo evidentement consentita in tal caso la duplicazione delle sanzioni.
Tuttavia, nel caso in esame, la contestazione dell’aggravante di cui all’art. 589 ter non solo non è stata formalmente contestata, ma neppure ritenuta in fatto. Inoltre, ricorrente, stante la maggiore afflittività che comporterebbe tale circostanza, non ha neppu illustrato quale interesse possa sostenere la sua doglianza.
Deve sottolinearsi come tale dato, dell’omessa contestazione dell’aggravante, risul oltremodo rilevante e decisivo.
Osserva Sez. Li, Magistri (Sez. U, n. 38402 del 15/07/2021, Magistri, Rv. 281973 – 01), infatti, che ” i caratteri del reato complesso sono costruiti come funzionali ad un giuridico immediatamente ed espressamente indicato («le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano…»), ossia l’inoperatività dei meccanismi di cumulo sanzionatorio previst detti articoli e la conseguente applicazione della sola pena edittale prevista per il
complesso, escludendo qualsiasi incidenza sanzionatoria dei reati in esso unificati. Fra disposizioni oggetto di richiamo dell’incipit dell’art. 84 rientra il concorso formale disciplinato dall’art. 81, primo comma, cod. pen., per il quale è previsto un trattam sanzionatorio che, pur nella forma mitigata del cumulo giuridico, è determinato dalla plura delle pene corrispondenti ai singoli reati concorrenti. La normativa dell’art. 84 si co particolarmente come derogatoria rispetto a quella dell’art. 81 e il rèato complesso ne emer quale fattispecie di esenzione dal regime sanzionatorio del concorso formale, in quant ‘assorbe’ le pene stabilite per i singoli reati in quella stabilita per il reato complesso” s.).
In sostanza, proseguono le Sezioni Unite, il reato complesso si connota in conseguenza, per “la previsione specifica di una particolare disciplina sanzionatoria”: d’altro canto “S nella stessa linea argomentativa la considerazione della ratio della previsione dell’art. 84, ad evitare una duplicazione della risposta sanzionatoria per gli stessi fatti in violazio principio del ne bis in idem sostanziale (oggetto di recente e reiterata affermazione n giurisprudenza costituzionale, v. Corte cost., sent. n. 20 del 2016 sull’identità del fatt del divieto di procedere per precedente giudicato ai sensi dell’art. 649 cod. proc.pen., ma evidenti ricadute sul piano sostanziale; Corte cost., sent. n. 43 del 2018 e sent. n. 23 2016 in tema di proporzionalità della previsione punitiva). È evidente che tale necessit manifesta segnatamente nel rapporto fra il reato complesso e gli altri reati che lo compongono contraddistinti da un contesto unitario, nell’ambito del quale maggiormente risalta la possib di una sproporzione nel cumulo di pene previste per fatti inseriti nella stessa azione crimino
Nel caso in esame, è esclusa l’ipotesi della duplicazione delle sanzioni, atteso che ne determinazione della pena non si è tenuto conto dell’aggravante dell’art. 589 ter, cod. pen.
D’altro canto, la prospettata qualificazione, sebbene formalmente corretta, finirebbe pregiudicare la posizione dell’imputato.
Invero, a prescindere dall’aumento previsto per l’aggravante, l’art. 589-ter cod. p prevede che, in caso di ricorrenza della fattispecie aggravata, la pena non possa esser inferiore a cinque anni, mentre l’art. 189, comma 6, cod. strada, prevede un massimo editta di tre anni.
In tal modo risulterebbe preclusa all’imputato la possibilità di godere di un trattam sanzionatorio meno rigoroso, anche per effetto del divieto di bilanciamento previs dall’art.590-quater cod. pen., delle già riconosciute attenuanti generiche con l’aggravante effetto speciale di che trattasi.
Secondo il costante orientamento della Corte di legittimità, “Il principio del favor applicato specificatamente al caso concreto, tenendo conto del risultato finale e non de previsione della norma astrattamente più favorevole. Pertanto, il giudice penale prima irrogare la sanzione deve analizzare se le varie condotte che costituiscono il reato comples siano più o meno gravi rispetto alle singole ipotesi di reato per l’imputato (Sez. 22/3/2019, n. 27816, Rv. 276970 – 02).
3.2 Logica appare altresì la motivazione relativa al reato di cui al comma 7 dello ste articolo 189.
La Corte distrettuale, sulla base delle richiamate testimonianze, ha evidenziato che NOME, dopo l’investimento cercò di sostenere che il corpo della vittima fosse già a ter che dopo aver chiesto ad uno dei presenti di chiamare un’ambulanza, si allontanò senza accertarsi dell’arrivo dei soccorsi.
In ciò è stata ravvisata l’integrazione della fattispecie contestata.
La conclusione è coerente con i principi che regolano la materia.
Questa Corte ha infatti più volte sottolineato, sotto il profilo oggettivo, che l’ bisogno dell’investito deve essere valutato ex ante, prima ,che l’investitore si allont seppur non configurabile nel caso di assenza di lesioni o di morte o allorché altri abbia provveduto e non risulti più necessario, né utile o efficace l’ulteriore intervento dell’obb tali circostanze non possono essere ritenute “ex post”, dovendo l’investitore essersene re conto in base ad obiettiva constatazione prima del proprio allontanamento (Sez. 4, n. 18748 del 04/05/2022, Rv. 283212 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 39088 del 03/05/2016, COGNOME, Rv. 267601; Sez. 4, n. 5416 del 25/11/1999, dep. 2000, Sitia, Rv. 216465; Sez. 4, n. 4380 del 02/12/1994, dep. 1995, COGNOME, Rv. 201501).
Sotto il profilo dell’elemento psicologico, è stato affermato che il delitto previsto 189 comma 7 cod. strada è punibile anche a titolo di dolo eventuale e tale atteggiamento psicologico è ravvisabile in capo all’agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente sia derivato danno alle persone queste necessitino di soccorso, non ottemperi all’obbligo di prestare assistenza ai feriti. 4, Sentenza n. 33772 del 15/06/2017, Dentic.in. Di NOME COGNOME, Rv. 271046; Sez. 4, n. 39088 del 03/05/2016, COGNOME, Rv. 267601; Sez. 4, Sentenza n. 17220 del 06/03/2012, COGNOME, Rv. 252374).
Il reato di mancata assistenza di cui al comma 7 dell’art. 189 cit. non può essere, neppu in astratto, assorbito nella fattispecie dell’omicidio stradale aggravato ex art. 589-ter co (aggravante peraltro non contestata in questo caso), che attiene alla sola ipotesi di “fuga conducente in caso di omicidio stradale”. Infatti, è solo la condotta di “fuga” dopo un inci stradale a costituire elemento costitutivo dell’autonomo reato previsto dal comma 6 dell’a 189 cod. strada. Pertanto, è solo tale condotta, e non quella di mancata assistenza, che pu rimanere assorbita nella fattispecie complessa costituita dal delitto di omicidio str aggravato dalla “fuga” del conducente di cui al combinato disposto degli artt. 589-bis e 589cod. pen., trattandosi di aggravante che descrive un fatto che costituirebbe, appunto, per stesso il reato di cui al citato comma 6 dell’art. 189 cod. strada, secondo il paradigma del complesso di cui all’art. 84 cod. pen.
Fondato è invece il motivo di ricorso concernente la recidiva.
Il ricorrente lamenta l’erroneità della decisione della Corte distrettuale in all’applicazione della recidiva, contestando in particolare la motivazione secondo cui la plur dei precedenti penali in capo all’imputato e la condotta concreta di assoluta negligenza e allontanamento dai luoghi farebbero ritenere non occasionale la ricaduta nel reato e il manca rispetto delle regole.
Il motivo è fondato, per le seguenti ragioni.
Innanzitutto, è necessario evidenziare che la recidiva non può riguardare contravvenzioni e i reati colposi.
La disposizione di cui all’art. 4 della legge n. 251 del 2005, (che ha modificato l’i della recidiva disponendo l’aumento di un terzo della pena solo nel caso in cui un soggett dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, commetta un altro delitto non colposo) ha eliminato la possibilità di applicare la recidiva con riferimento alle contravven ed ai delitti colposi.
In questo caso, il reato principale (omicidio stradale) ha natura colposa e non può quin costituire il presupposto per l’applicazione della recidiva.
Così pure, la sentenza impugnata non si è attenuta ai principi stabiliti dalle Sezioni U nella sentenza COGNOME (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838 – 01), secondo cui è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguard natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omog esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro para individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
Nel caso di specie, la Corte territoriale non ha adeguatamente motivato sulla omogeneità dei precedenti rispetto ai reati per cui si procede. Anzi, come correttamente rilevato ricorso, la stessa sentenza di primo grado aveva evidenziato che le condanne a carico del NOME riguardavano reati contro il patrimonio o in materia di falso, non coerenti co ipotesi criminose oggetto della presente imputazione. Tale disomogeneità dei precedenti rispetto ai reati attuali avrebbe dovuto indurre i giudici d’appello a una più approf motivazione circa la sussistenza dei presupposti della recidiva.
Inoltre, la Corte non ha motivato sulla distanza temporale tra i precedenti e i fatti p si procede, elemento che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, deve essere oggetto di specifica valutazione ai fini dell’applicazione della recidiva. La semplice constataz dell’esistenza di precedenti penali, senza alcuna considerazione sul loro carattere risalent recente, non può costituire valida motivazione per l’applicazione dell’aggravante.
La motivazione della sentenza impugnata si limita a richiamare genericamente la “pluralità dei precedenti penali” e la condotta tenuta nel caso di specie, senza operare quella valutazio
in concreto sulla maggiore colpevolezza e capacità a delinquere che, secondo il dictum delle Sezioni Unite, deve necessariamente sorreggere l’applicazione della recidiva.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata sul punto, con rinvio al giudice di merito per una nuova valutazione alla luce dei principi sopra richiamati.
5. Manifestamente infondato è il motivo afferente al diniego delle attenuanti generiche.
In proposito, va premesso che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del mer esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purc non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli ind nell’art.133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269-01; nella specie, la Corte cassazione ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il ri in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limita prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che r prevalente e atto a determinare o no il riconoscimento del beneficio, sicché anche un sol elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modali esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/202 Marigliano, Rv. 279549-01; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163-01).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno negato la concessione delle circostanz attenuanti generiche, ritenendo decisivi i precedenti penali dell’imputato, il con comportamento dell’imputato improntato a gravissima negligenza, con motivazione che, alla luce dei consolidati principi della giurisprudenza di legittimità sopra esposti, appare suffi e non manifestamente illogica.
6. Manifestamente infondato è il motivo concernente la sanzione accessoria.
La graduazione delle sanzioni amministrative, come quella della pena, rientra nella discrezionalità del giudice di merito.
Con riferimento alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida prevista dall’art. 222 CdS, il giudice assolve al relativo obbligo di motivazione conto di aver impiegato i criteri di cui all’art. 218 comma 2 CdS, ovvero una valutazione relazione all’entità del danno apportato, alla gravità della violazione commessa, nonché pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare”.
Nel caso di specie, il ricorrente lamenta, che la Corte non ha tenuto conto d comportamento del pedone.
La Corte di Appello ha fatto buon governo di tali principi e, con una motivazione succint ma adeguata, ha ritenuto che la determinazione della durata sospensione della patente andasse confermata in ragione della grave negligenza e dell’evento morte provocato.
7. Va infine evidenziato che nella decisione impugnata risulta erroneamente applicato regime della continuazione tra reati colposi e reati dolosi.
L’istituto della continuazione non è applicabile tra reati dolosi e reati colposi, in l’unicità del disegno criminoso attiene al momento psicologico (dolo) che non può sussister
nei reati colposi nei quali l’evento non è voluto (Sez. 1, n. 435 del 10/07/2018 – dep. 2
Rho, Rv. 274663-01).
La statuizione, stante
” divieto di reformatio in peius,
non è suscettibile di emenda
(l’esclusione della continuazione implicherebbe il cumulo materiale fra le pene dei distinti a carattere colposo e doloso in contestazione, con inevitabile aggravio della pena irrogab
rispetto a quella applicata nella sentenza impugnata).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla recidiva e rinvia per nuovo giudizio s punto ad altra sezione della Corte di Appello di Catanzaro. Dichiara inammissibile il ricorso
resto.
Così deciso il 23 gennaio 2024 Il consigliere estensore COGNOME9>
Il Presi COGNOME te