Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12271 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12271 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BYALA SLATINA( BULGARIA) il 17/04/1993
avverso la sentenza del 05/07/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza emessa il 14/10/2021 dal Tribunale di Paola con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena anni uno di reclusione per il reato previsto dall’art.589, commi 1 e 2, cod.pen., con i beneficio della sospensione condizionale e della non menzione, con applicazione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per mesi otto.
Era stato contestato all’imputato, nell’atto di esercizio dell’azione penale di avere, nel percorrere a bordo della propria vettura la strada statale n.1 e per colpa consistita nella violazione delle norme sulla circolazione stradale – e segnatamente degli artt. 40, 140, 141 e 146 C.d.s. – viaggiando alla velocità di 140 km/h, superiore rispetto al limite consentito e comunque non commisurata alle condizioni della strada (dato l’orario notturno e il fondo stradale leggermente viscido), perso il controllo del mezzo finendo contro il guard-rail della corsia opposta, in tal modo cagionando il decesso della passeggera NOME COGNOME.
La Corte territoriale ha preliminarmente richiamato la ricostruzione del sinistro operata dal Tribunale t in base alla quale l’incidente era stato causato dalla condotta imprudente del conducente che aveva perso il controllo del veicolo a causa dell’elevata velocità, andando a invadere l’opposta corsia di marcia e collidendo con la barriera laterale; ha esposto che la deduzione difensiva in base alla quale una Fiat Panda avesse invaso la corsia di marcia di pertinenza dell’imputato aveva trovato effettiva conferma nella sola testimonianza resa dallo COGNOME ma che, in ordine alla ricostruzione del sinistro doveva essere condivisa la valutazione operata dal consulente del p.m?ril quale, sulla base dell’esame delle tracce di frenata, della loro lunghezza del fatto che le stesse fossero parziali (elemento che indicava che la vettura si era sollevata in parte dopo avere scartato verso la sinistra) nonché dell violenza dell’impatto contro la barriera, aveva indicato la velocità tenuta da mezzo in 140 km/h.
La Corte ha quindi rigettato le censure difensive inerenti all’omessa verifica del sistema frenante del mezzo e dello stato di usura degli pneumatici nonché delle condizioni della barriera, ritenendo che gli elementi raccolti dall’ausiliario smentissero la tesi – sostenuta dal consulente della difesa ordine a una velocità contenuta nei 50 km/h, atteso che tale velocità non avrebbe provocato tracce di frenata né un impatto dalla violenza riscontrata; elementi che deponevano in senso univoco per una responsabilità
dell’imputato, in quanto lo stesso non era stato in grado di eseguire la dovuta manovra di emergenza.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione l’imputato, tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alle argomentazioni attinenti alla ricostruzione della dinamica del sinistro.
Ha dedotto che le conclusioni del consulente del p.m., in ordine alla velocità tenuta dal mezzo, non erano state effettivamente confermate dall’istruzione dibattimentale; ciò anche alla luce delle condizioni della strad (che, in quel tratto, era in salita) e del fatto che la frenata del mezzo sare stata provocata da una manovra scorretta di un altro veicolo che, uscendo da un parcheggio, gli aveva tagliato la strada.
Ha argomentato che la motivazione della Corte era stata contraddittoria nel valutare come tracce di frenata quelle che erano invece tracce di scarrocciamento, come sarebbe stato attestato dal punto d’urto nei confronti della barriera (avvenuto dal lato passeggero).
Con il secondo motivo ha dedotto la mancanza, manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione, nella parte in cui la Corte appello aveva rigettato i motivi di appello senza approfondire la tematica del nesso causale, ritenendo che il sinistro fosse da addebitare a una necessitata manovra d’emergenza causata dal comportamento del conducente della Fiat Panda.
Il Procuratore generale ha fatto pervenire conclusioni scritte, nelle quali ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Il difensore dell’imputato ha fatto pervenire memoria, nella quale ha insistito per l’accoglimento dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRMO
Il ricorso è inammissibile; difatti, i due motivi di appello – che possono essere congiuntamente esaminati data la loro stretta connessione logica, censurando entrambi la sentenza di secondo grado in ordine alla esatta ricostruzione del sinistro – sono manifestamente infondati e comunque reiterativi di argomentazioni già congruamente valutate dal giudice di appello e da questi disattese con motivazione non illogica.
Va premesso che, vedendosi in una fattispecie di c.d. doppia conforme, le due decisioni di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi le stesse a vicenda, secondo il tradizionale insegnamento della Suprema Corte; tanto in base al principio per cui «Il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile» (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, COGNOME, Rv. 225671; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617).
Ciò premesso, le censure proposte nei motivi di impugnazione sono tendenti a ottenere una non consentita rivisitazione degli elementi di fatto posti alla base delle sentenze di merito.
Sotto tale profilo, deve essere premesso – in via logicamente pregiudiziale – che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi d accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ai sensi dell’ad. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., a sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal tes t•
impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556, tra le altre).
Ricordando, altresì, che non è consentita in sede legittimità una rivalutazione nello stretto merito delle risultanze processuali, essendo preclusa in questa sede la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 27429 del 4/7/2006, COGNOME, RV. 234559; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, B., Rv. 280601); essendo,
infatti, stato più volte ribadito che la Corte di cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio (Sez. 5, n. 39048 del 25/9/2007, COGNOME, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv. 253099), restando esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilit delle fonti di prova (Sez. 2, n. 7380 del 11/1/2007, Messina, Rv. 235716).
Specificamente la parte ricorrente ha contestato la valutazione compiuta dai giudici di merito in ordine alla complessiva ricostruzione della dinamica del sinistro – anche in puntuale riferimento alla velocità tenuta al momento della messa in atto della dedotta manovra di emergenza richiamando le conclusioni formulate dal consulente della difesa nel corso del primo grado di giudizio.
Deve quindi ricordarsi che, in tema di prova e in virtù del principio del libero convincimento, il giudice di merito, pur in assenza di una perizia d’ufficio, può scegliere tra le diverse tesi prospettate dai consulenti del parti, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto / con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni della scelta nonché del contenuto della tesi disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti e, ove ta valutazione sia effettuata in modo congruo, è inibito al giudice di legittimità procedere ad una differente valutazione, trattandosi di accertamento di fatto, come tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 4, n. 8527 del 13/02/2015, COGNOME, Rv. 263435; Sez. 3, n. 13997 del 25/10/2017, dep. 2018, P., Rv. 273159).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno motivato le loro conclusioni – inerenti all’effettiva velocità tenuta dal mezzo condotto dall’imputato sulla base degli univoci elementi rappresentati dalla collocazione e dalla lunghezza della tracce di frenata nonché del dato della violenza dell’impatto contro la barriera di delimitazione, che, a causa dell’urto, era penetrata all’interno dell’abitacolo.
Il motivo, quindi, si risolve in un mero richiamo alle conclusioni del proprio consulente di parte e omette, di fatto, gqualsiasi effettivo confronto con le argomentazioni delle sentenze impugnate, con specifico riferimento proprio ai dati ricavabili dalle misurazioni operate dal personale della Polizia stradale intervenuto dopo il sinistro.
A tale proposito, la difesa si è fondata su un dato – ovvero quello della necessità di una manovra di emergenza causato dalla manovra di un altro veicolo – che i giudici di merito non hanno ritenuto adeguatamente suffragate dall’istruzione dibattimentale e che, in ogni caso, non è potenzialmente suscettibile di smentire l’efficacia causale della condotta tenuta dall’imputato, in considerazione del dato rappresentato dall’elevata velocità tenuta.
Mentre anche il punto di censura attinente alle condizioni della strada su cui è avvenuto l’incidente deve considerarsi inammissibile in quanto del tutto aspecifico e omissivo del confronto con le argomentazioni spiegate nelle sentenze di merito, le quali hanno invece tenuto conto – ritenendo che tali dati corroborassero il giudizio finale sulla colpevolezza dell’imputato – delle specifiche condizioni della strada medesima (in salita e resa viscida dalla pioggia).
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna 52 ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 25 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il presid97e