Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 45826 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 45826 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SORRENTO il 06/08/1996
avverso la sentenza del 26/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
udito il difensore l’avvocato NOME COGNOME del foro di AVELLINO in difesa di COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso
1. La Corte di Appello di Napoli, in data 26 febbraio 2024, in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Torre Annunziata nei confronti di NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’art. 589 bis cod. pen. (commesso in Sorrento il 30 luglio 2016, con decesso della vittima 1’8 agosto 2016), appellata dall’imputato e dal Pubblico Ministero, ha riconosciuto la circostanza aggravante di cui all’art. 589 bis, comma 5 n. 3, cod. pen. e le circostanze attenuati generiche e rideterminato la pena in anni 4 di reclusione, con conferma della sanzione amministrativa della revoca della patente e della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5.
Il processo ha ad oggetto un incidente stradale, ricostruitcr nelle conformi sentenze di merito nel modo seguente. Nella notte del 30 luglio 2016, alle ore 00,15 COGNOME, procedendo alla guida del motoveicolo Piaggio Beverly 300, in INDIRIZZO con direzione di marcia verso Napoli, a velocità non adeguata alle condizioni del traffico ed effettuando in prossimità di un attraversamento pedonale una repentina manovra di sorpasso a destra del motoveicolo che lo precedeva, aveva investito il pedone NOME Ferola, intentà ad attraversare la strada da sinistra a destra rispetto al senso di marcia dell’investitore, provocandole gravissimi traumi in conseguenza dei quali, qualche giorno dopo, era deceduta.
A COGNOME sono stati addebitati, quali profili di colpa, la negligenza l’imprudenza e l’imperizia e la violazione degli artt. 141 e 148 d.lgs 30 aprile 1992 n. 285.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo di difensore, formulando dieci motivi.
2.1. Con il primo, il secondo e il terzo motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione, sub specie travisamento della prova, in relazione alla ricostruzione della dinamica dell’incidente sotto il profilo della presenza sul trat di stradéOltre macchine e pedoni; Od punto in cui la vittima stava attraversando; 42 , i ela velocità di marcia del motociclo e GLYPH n’avvenuto sorpasso sulla destra di altri h due motocicli da parte del motociclo condotto dall’imputato .
A tal fine rileva che:
dai fotogrammi in atti si evince che i veicoli presenti sul tratto stradale erano solo tre motocicli e che la folla di persone si riduceva a soli tre ragazzi intenti parlare vicino al parcheggio dedicato ai motocicli;
-lo stesso teste COGNOME testimone oculare che viaggiava sul motociclo che l’imputato aveva sorpassato sulla destra, aveva riferito che al momento del sinistro
“non c’era traffico in quel tratto di INDIRIZZO“: immotivatamente la Corte avrebbe ritenuto le dichiarazioni del teste inattendibili in tale passaggio e attendib invece, nel passaggio in cui aveva descritto la condotta d sorpasso di COGNOME;
le testimonianze di COGNOME e COGNOME (il primo sopraggiunto dopo e il secondo in posizione lontana) non potevano ritenersi idonee a fotografare lo stato dei luoghi al momento del sinistro;
-il teste COGNOME aveva riferito che COGNOME, al momento dell’impatto, stava attraversando sulle strisce, ma era stato smentito dagli altri testi i quali avevano invece, precisato che l’attraversamento era avvenuto in prossimità delle strisce; il consulente tecnico dell’imputato COGNOME aveva concluso nel senso che la velocita del mezzo fosse di 30/35 km/h e che tale velocità fosse adeguata in considerazione dello scarso traffico,dimostrato dal video in atti.
Il difensore, inoltre, lamenta che la Corte avrebbe disatteso le conclusioni del consulente tecnico dell’imputato COGNOME con affermazioni illogiche e smentite dalla istruttoria dibattimentale. COGNOME aveva ritenuto, sulla base dei danni rilevat sull’autovettura Peugeot e sul motociclo, del punto di arresto del motociclo e delle lesioni riportate dalla vittima e dall’imputato, che la velocità di marcia di Cappiel fosse stimabile entro i 50 km/h e al momento dell’impatto con Ferola in 30-35 km/h e il teste Aversa aveva riscontrato tali conclusioni, spiegando che egli andava molto piano e che COGNOME,all’atto del sorpasso r aveva proceduto necessariamente ad una velocità maggiore della sua, ma comunque adeguata per quel tratto di strada. COGNOME aveva tenuto una condotta di guida conforme alle regole del codice della strada, in quanto aveva decelerato in prossimità delle strisce pedonali e, per evitare l’impatto con il pedone, aveva virato verso l’autovettura Peugeot, parcheggiata sulla destra: l’urto -secondo la ricostruzione del consulente tecnico COGNOME– era avvenuto non già fra il motociclo e il pedone, bensì fra il conducente e il pedone. Né il Tribunale né la Corte -prosegue il difensore- sono stati in grado di fornire una indicazione chiara e univoca della velocità di marcia dello scooter del COGNOME, sicchè non sarebbe possibile stabilire a quale velocità egli avrebbe evitato l’impatto, tanto più che il pedone aveva eseguito una manovra di attraversamento imprudente, repentina e al di fuori del punto consentito. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alla violazione dell’art.148 CdS, il ricorrente osserva come la manovra di sorpasso a destra dei due motocicli fosse consentita in quanto il tratto di strada interessato dal sinistro era caratterizzato da un’unica corsia a senso unico: l’art. 148, comma 10, CdS precisa che il sorpasso è consentito quando la strada è caratterizzata da una carreggiata a senso unico e il comma 8 dello stesso articolo indica che il sorpasso nelle strade a carreggiate a senso unico può essere effettuato su ambo i lati. Il superamento dello scooter condotto da Aversa da parte
dell’imputato, secondo le dichiarazioni dello stesso Aversa, era avvenuto ad una distanza superiore ai 50/100 metri dalle strisce pedonali.
2.2 Con il quarto motivo, ha dedotto la violazione di legge in relazione alla ritenuta configurazione dell’aggravante di quell’articolo 589 bis, comma 5 numero 3, cod. pen. Il difensore ricorda che la circolare del Ministero dell’Intern richiamata dal procuratore generale dell’atto d’appello e dalla stessa Corte d’appello, stabilisce che l’ipotesi di omicidio aggravato di cui all’art. 589 bis, comma 5 n. 3, cod. pen. (sorpasso in corrispondenza di attraversamento pedonale) si configura nel caso in cui un conducente di un veicolo a motore abbia sorpassato un altro veicolo che si fosse fermato o stesse rallentando per consentire ai pedoni di attraversare sugli appositi attraversamenti, come previsto dall’art.148, comma 13, CdS. L’aggravante de qua, secondo il difensore, si può concretizzare solo quando il conducente di un veicolo a motore che effettua il sorpasso, in presenza di striscia orizzontale continua, per compiere tale manovra sia costretto a superare anche solo in parte la stessa striscia con il proprio veicolo; qualora, invece, per le dimensioni della strada o dei veicoli la manovra di sorpasso non richieda il superamento della predetta linea continua non ricorre l’omicidio aggravato. Nel caso che ci occupa il tratto stradale interessato dal sinistro si caratterizza per essere un’ampia strada a senso unico senza carreggiate e linea orizzontale di mezzana, nella quale è consentito il transito in parallelo di divers veicoli. L’errore del giudicante risiede nell’aver valutato la condotta di COGNOME come sorpasso e non già come mero superamento.
Inoltre il difensore osserva che il superamento dello scooter condotto dall’Aversa da parte del COGNOME era avvenuto ad una distanza superiore ai 50100 metri dalle strisce pedonali, sicché non vi sarebbe alcuna prova che il ricorrente abbia effettuato un sorpasso in prossimità dell’attraversamento pedonale.
2.3. Con il quinto motivo, ha dedotto il vizio di motivazione per non avere la Corte esaminato i motivi aggiunti con cui si era eccepito il concorso di colpa del pedone per violazione dell’art. 190 CdS e la sussistenza della circostanza attenuante di cui all’art. 589 bis, comma 7, CdS. La Corte di appello, su entrambe le questioni, aveva omesso di motivare anche solo implicitamente.
2.4 Con il sesto motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla valutazione dell’elaborato del Consulente Tecnico, ing. COGNOME Il difensore osserva che la Corte non si era confrontata con le conclusioni del consulente tecnico dell’imputato e con gli argomenti scientifici a sostegno, arrivando anche a superare il dato scientifico di rilevazione della velocità del motociclo del COGNOME fornito dal consulente, partendo da un dato mai
accertato, ossia quello della distanza tra il motociclo e la vittima, al momento del sorpasso dall’ultimo motociclo o dall’inizio della stradone.
2.7. Con il settimo e l’ottavo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento al nesso di causa tra la condotta dell’imputato e l’evento dannoso. Il giudice di secondo grado, con una frase di stile non supportata da alcuna motivazione, aveva ritenuto che una velocità ridotta, come quella tenuta dai conducenti degli altri veicoli presenti sul tratto di strada oggetto, e il mancato sorpasso avrebbero impedito il verificarsi dell’evento. Sarebbe, dunque, mancato un ragionamento esplicativo su cosa fosse accaduto se l’imputato avesse tenuto un comportamento rispettoso delle norme sulla circolazione stradale.
2.8. Con il nono ed il decimo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla diminuzione della pena, per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in misura inferiore alla massima estensione. Il difensore censura la contraddizione in cui era incorsa la Corte, nell’applicare la pena base prevista per il reato contestato e nel computare, nel contempo, le circostanze attenuanti ex art. 62 bis cod. pen. in misura inferiore al massimo consentito. Censura, altresì, la valorizzazione da parte della Corte della mancata resipiscenza dell’imputato, in contrasto con il diritto di difesa costituzionalmente garantito, e del precedente specifico, peraltro dichiarato estinto a seguito dello svolgimento di lavori di pubblica utilità.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
I primi tre motivi, con cui si censurano presunti travisamenti dei dati probatori attraverso i quali i giudici di merito sono giunti alla affermazione dell penale responsabilità dell’imputato, sono meramente reiterativi delle stesse doglianze già formulate con i motivi di appello in assenza di confronto con la sentenza impugnata e, comunque, manifestamente infondati.
2.1.In primo luogo si deve ribadire che nel caso in cui il giudice di appello confermi la sentenza di primo grado, le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, purché la sentenza di appello si richiami alla sentenza di primo grado e adotti gli stessi criteri
valutazione della prova (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019 E. Rv. 277218). Quanto alla natura del ricorso in cassazione, si è affermato che il contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione deve essere il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo e altri Rv. 254584). Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l’apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse a giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento del decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601;cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 2654821
1.2Sotto il profilo del travisamento della prova, si ricorda che detto vizio consiste non già nell’errata interpretazione della prova, ma nella palese difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il giudic di merito ne abbia tratto, compiendo un errore idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio e rendendo conseguentemente illogica la motivazione. Al giudice di legittimità è consentito non già di accertare eventuali travisamenti del fatto – e dunque di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dal giudice merito -, bensì solo di verificare che quest’ultimo non abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, posto che, in tal caso, non si tratta per l’appunto di reinterpretare gli elementi di prova valutati nel merit ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano e facessero, dunque, effettivamente parte dell’orizzonte cognitivo di quel giudice (Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, COGNOME, Rv. 262948; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012 Maggio, Rv. 255087; Sez.3, n. 39729 del 18 giugno 2009, COGNOME, Rv 244623; Sez.5. n. 39048 del 25 settembre 2007, COGNOME, Rv 238215; Sez. 1, n. 24667, del 15 giugno 2007, COGNOME, Rv 237207; Sez. 4, n. 21602 del 07 aprile 2007, COGNOME, Rv 237588). Nel caso di doppia sentenza conforme, inoltre, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto
come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (ex multis Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M. Rv. 283777).
2.3. Ciò premesso, non può che rilevarsi che sotto l’apparente denominazione del vizio del travisamento, il ricorrente introduce una censura inammissibile, ovvero una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento dell’affermazione di responsabilità, a fronte di una ricostruzione del sinistro da parte dei giudici di merito non manifestamente illogica e coerente con le risultanze richiamate e, perciò, non sindacabile.
Con riferimento al profilo relativo alla presenza sul tratto di strada, teatr dell’incidente, di altre macchine e pedoni, la Corte ha replicato che gli stessi fotogrammi estrapolati dal video e inseriti nella consulenza De COGNOME evidenziavano la presenza di numerosi pedoni, alcuni dei quali anche all’interno della carreggiata, e che nei secondi precedenti l’impatto si era registrato il transito di automobilist e motociclisti, come d’altronde coerente con il fatto che si trattava della vi carrabile principale di Sorrento alle 00:15 di sabato 30 luglio. La Corte, inoltre, lungi dall’operare una valutazione frazionata delle dichiarazioni del teste Aversa, a proposito del passaggio in cui aveva affermato che in quel tratto di strada non vi era traffico, si è limitata a rilevare che il teste aveva reso una semplic valutazione soggettiva.
Con riferimento al profilo dell’investimento sulle strisce pedonali, la Corte ha ricordato che il teste COGNOME aveva collocato l’impatto nelle immediate vicinanze delle strisce; che dai dati planimetrici era emersa una traccia ematica, attribuita alla vittima, collocata a 3,80 m. di distanza dalle strisce pedonali; che la ricostruzione del consulente tecnico COGNOME secondo cui l’impatto sarebbe avvenuto non già fra il motociclo e la vittima, bensì fra il conducente e la donna, era stata smentita dalle dichiarazioni del teste COGNOME e dai rilievi in atti, i qu tutti deponevano per l’ipotesi che la donna fosse stata falciata dal motociclo, dopo che lo stesso era sfuggito al controllo dell’imputato.
Con riferimento alla velocità di marcia dell’autovettura condotta dall’imputato, la Corte ha ricordato che lo stesso consulente dell’imputato, sulla base delle immagini, aveva rilevato che questi in circa 3,32 secondi aveva percorso la distanza che separava i due attraversamenti pedonali (un veicolo viaggiante a 60 km/h percorre 100 metri sei secondi) e che tale dato consentiva di affermare in termini di certezza la violazione dei limiti di velocità imposti e, comunque, la violazione della regola che impone di moderare la velocità.
Anche sotto il profilo della individuazione della regola cautelare violata la motivazione della Corte non si presta a censure. La Corte ha sottolineato che l’articolo 148 comma 13 CdS vieta il sorpasso dei veicoli che abbiano rallentato o si siano fermati in corrispondenza di un attraversamento pedonale per consentire
ai pedoni di attraversare la strada e che il comma 7 dello stesso articolo vieta il sorpasso a destra, se non in ipotesi limitata ed espressamente indicate che non ricorrevano nel caso di specie. La censura del ricorrente per cui l’art. 148 comma 7) CdS nelle carreggiate a senso unico consentirebbe il sorpasso a destra è manifestamente infondata. Invero secondo la disciplina dettata dal codice della strada (art. 148), il sorpasso è definito come “dia manovra mediante la quale un veicolo supera un altro veicolo, un animale o un pedone in movimento o fermi sulla corsia o sulla parte della carreggiata destinata normalmente alla circolazione” (comma 1); il conducente che intende sorpassare deve preventivamente accertarsi: a) che la visibilità sia tale da consentire la manovra e che la stessa possa compiersi senza costituire pericolo o intralcio; b) che il conducente che lo precede nella stessa corsia non abbia segnalato di voler compiere analoga manovra, c) che nessun conducente che segue sulla stessa carreggiata o semi carreggiata, ovvero sulla corsia immediatamente alla propria sinistra, qualora la carreggiata o semi carreggiata siano suddivise in corsie, abbia iniziato il sorpasso, d) che la strada sia libera per uno spazio tale da consentire la completa esecuzione del sorpasso, tenuto anche conto della differenza tra la propria velocità e quella dell’utente da sorpassare, nonché della presenza di utenti che sopraggiungono dalla direzione contraria o che precedono l’utente da sorpassare (comma 2); il conducente che sorpassa un veicolo o altro utente della strada che lo precede sulla stessa corsia, dopo aver fatto l’apposita segnalazione, deve portarsi sulla sinistra dello stesso, superarlo rapidamente tenendosi da questo ad una adeguata distanza laterale e riportarsi a destra appena possibile, senza creare pericolo o intralcio; se la carreggiata o semicarreggiata sono suddivise in più corsie, il sorpasso deve essere effettuato sulla corsia immediatamente alla sinistra del veicolo che si intende superare (comma 3). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il sorpasso, dunque, deve sempre avvenire a sinistra, qualsiasi sia il tipo di strada, tranne che nelle ipotesi di cui al comma 7 dell’art. 148 CdS, ovvero quando il conducente del veicolo che si vuole sorpassare abbia segnalato che intende svoltare a sinistra, ovvero, in una carreggiata a senso unico, che intende arrestarsi a sinistra, e abbia iniziato dette manovre. Nel caso in esame, nessuna di tali ultime evenienze si è verificata, sicché correttamente la Corte di Appello ha ravvisato nella condotta dell’imputato la violazione della norma del codice della strada su indicata.
Né può dirsi che nel caso in esame si siano verificate le condizioni in cui è consentita la marcia per file parallele, ammessa nelle carreggiate ad almeno due corsie per ogni senso di marcia, quando la densità del traffico è tale che i veicoli occupano tutta la parte della carreggiata riservata al loro senso di marcia e si muovono ad una velocità condizionata da quella dei veicoli che precedono, ovvero
in tutti i casi in cui gli agenti del traffico la autorizzano, ovvero lungo il t stradale adducente a una intersezione controllata da segnali luminosi o manuali (art. 144 CdS).
Il quarto motivo con cui si contesta la ritenuta configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 589 bis comma 5 n, 3, cod. pen. , è infondato. La norma in esame prevede un aggravamento di pena, fra l’altro, per il conducente di un veicolo a motore che, a seguito di un sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa la morte di una persona. Nel caso in esame, la Corte ha rilevato che le videoriprese acquisite avevano documentato come l’imputato in pochissimi secondi, nello spazio che separa i due attraversamenti pedonali di INDIRIZZO avesse raggiunto e superato con manovra repentina sulla destra i veicoli che lo precedevano che avevano rallentato in prossimità dell’attraversamento e ha ritenuto, pertanto, sussistente l’aggravante su indicata. L’interpretazione fornita dalla Corte, sulla scorta del circolare del Ministero dell’Interno del 25 marzo 2016, per cui l’aggravante si configura nel caso di sorpasso di veicolo nelle vicinanze delle strisce pedonali e non solo sulle strisce pedonali, in quanto recepisce in sede penale la disposizione di cui all’art. 148, comma 13, CdS, appare corretta.
Il ricorrente, peraltro, non contesta tale interpretazione, ma ancora una volta ribadisce come nel caso di specie non si fosse realizzato il sorpasso, ma solo il superamento ed in tal modo richiama una nozione che, come già detto trattando dei primi tre motivi, ha senso solo con riferimento all’ipotesi della marcia dei veicoli a file parallele, come precisato anche dalla stessa sentenza richiamata nel ricorso, Sez. 4 n. 10386 del 24 gennaio 2018.
Il quinto motivo, con cui si contesta l’omessa motivazione sui motivi aggiunti, è inammissibile e, comunque, manifestamente infondato.
In primo luogo si osserva che i motivi aggiunti per essere ammissibili, ai sensi dell’art. 585 cod. proc. pen., devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581 lett. a) cod. proc. pen., ovvero rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione dei motivi principali (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, COGNOME, Rv. 210259; Sez. 6 n. 5447 del 06/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280783; Sez. 6 n. 36206 del 30/09/2020, Tobi, Rv. 280294).
Nel caso in esame, i motivi aggiunti, attinenti al concorso di colpa della vittima ed al riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 589, corna 7, cod. pen., in quanto tesi ad introdurre censure non tempestivamente formalizzate entro
i termini per l’impugnazione, non potevano essere dedotti, sicché nessuna omissione può essere imputata alla Corte di Appello.
In ogni caso si osserva che la Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare che l’omesso esame di un motivo di appello da parte del giudice dell’impugnazione non dà luogo ad un vizio di motivazione rilevante a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. allorché, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente assorbito e disatteso dalle spiegazioni svolte nella motivazione / in quanto incompatibile con la struttura e con l’impianto della stessa, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la “ratio decidendi” della sentenza medesima (sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593 – 01; Sez. 2, n. 37709 del 26/09/2012, COGNOME, Rv. 253445). Nel caso di specie la Corte ha implicitamente replicato anche al motivo aggiunto rilevando (pag 7) che la ricostruzione dei fatti aveva evidenziato una minima colpa da parte della vittima, il cui attraversamento precedeva di pochi metri la segnaletica orizzontale, ma, soprattutto, l’assenza di un nesso causale tra la violazione e l’evento, atteso che, sempre sulla scorta della ricostruzione del consulente tecnico COGNOME il veicolo condotto dall’imputato al momento dell’impatto procedeva a velocità di 30/35 km/h. che non avrebbe consentito comunque l’arresto prima delle strisce pedonali.
4.11 sesto motivo, con cui si censura la mancata valutazione da parte della Corte delle conclusioni del consulente tecnico della difesa dell’imputato, è inammissibile per difetto di specificità e manifestamente infondato. Contrariamente a quanto rilevato dal ricorrente, la Corte ha espressamente preso in esame la ricostruzione del consulente e se ne è discostata con motivazione adeguata e non illogica, rilevando che essa era fondata su alcuni elementi fattuali smentiti dai dati istruttori (pag.6) ed in particolare dalla testimonianza di Aversa il quale aveva riferito dell’impatto fra i motociclo e la vittima, dalla posizione d corpo della stessa e dalle tracce di scarrocciamento sull’asfalto.
L’iter argomentativo della sentenza impugnata, oltre che logico e coerente, è altresì conforme al principio per cui, in virtù del principio del libero convincimento del giudice, attingibile da qualsiasi atto legittimamente acquisito al processo, il giudice del merito può trarre argomento di convinzione dalla relazione del consulente tecnico di parte, così come può non condividerne le conclusioni, ma in tal caso deve provvedere alla esposizione sintetica delle ragioni che lo hanno indotto a non ritenere valido il parere del tecnico di part (Sez. 3, n. 13997 del 25/10/2017, dep. 2018, GLYPH Rv. 273159). Deve, peraltro, ricordarsi che, a fronte della motivazione con cui il giudice in maniera accurata ed approfondita dia conto delle ragioni del contenuto della tesi disattesa e delle
deduzioni contrarie delle parti, ove la valutazione sia effettuata in modo congruo, è inibito al giudice di legittimità procedere ad una differente valutazione, trattandosi di accertamento di fatto, come tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 4, n. 8527 del 13/02/2015, COGNOME, Rv. 263435 – 01).
Il motivo, di contro, si limita ad invocare il vizio, senza contrapporre all argomentazioni della Corte alcuno specifico elemento di fatto o di diritto, in grado di inficiarne la tenuta logica.
Il settimo e l’ottavo motivo, con cui si censura l’ affermazione della responsabilità in relazione alla sussistenza del nesso di causa’è inammissibile per difetto di specificità.
La valutazione processuale del ruolo salvifico della condotta omessa, come ha reiteratamente chiarito questa Corte di legittimità, non può che culminare in un giudizio ipotetico, con l’avvertenza che si tratta di un giudizio ipotetico che s svolge alla luce del «paradigma indiziarlo» disponibile (Sez.4, n.43786 del 17/09/2010, COGNOME, in motiv.). In tal caso, al giudice si impone una puntuale analisi delle particolarità del caso concreto, che potrà condurre a un giudizio di elevata credibilità logica o di evidenza del probabile, indipendente da rigide quantificazioni statistiche, strettamente correlato alle· caratteristiche del caso concreto sulla base di un ragionamento probatorio non incerto. In sostanza, ciò che si impone di verificare nel giudizio controfattuale è l’elevata credibilità logic o l’evidenza del probabile dell’efficacia salvifica della condotta alternativa corretta con l’obiettivo di raggiungere una certezza processuale che sia frutto dell’elaborazione, da parte del giudice, delle evidenze disponibili (Sez. 4, n.16843 del 24/02/2021, Suarez, Rv. 281074). E ciò perché il giudizio controfattuale mediante il quale si riconduce all’evento una condotta omissiva, seguendo il ragionamento logico per cui il nesso causale sussiste solo nel caso in cui il comportamento alternativo corretto avrebbe avuto efficacia salvifica, è un giudizio ipotetico che si muove su un piano diverso da quello della stretta e reale successione cronologica degli eventi. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorrente si limita ad obiettare che la Corte non avrebbe motivato in ordine al giudizio controfattuale, ovvero non avrebbe indicato cosa fosse accaduto se l’imputato avesse tenuto un comportamento rispettoso delle norme sulla circolazione stradale, quando invece la sentenza impugnata si è soffermata in maniera adeguata anche su tale profilo, rilevando ( pag 8) che una velocità ridotta quale quella tenuta dei conducenti degli altri veicoli presenti sul tratto di strada i oggetto e il mancato sorpasso sulla destra in ragione del luogo di impatto prossimo al margine destro della carreggiata ) avrebbero impedito il verificarsi dell’evento .
6. Il nono e il decimo motivo, inerenti il trattamento sanzionatorio, sono inammissibili per difetto di specificità o, comunque, manifestamente infondati. La Corte di appello ha motivato le proprie determinazioni in ordine al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura inferiore al massimo consentito (pag. 10 sentenza) evidenziando gli elementi negativi, ovvero l’aver causato il ricorrente in stato di ebbrezza altro incidente e l’assenza di resipiscenza, ritenuti, in maniera non illogica, rilevanti. Deve, quindi, farsi applicazione del principio per cui la mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione di un terzo non impone al giudice di considerare necessariamente gli elementi favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimento a quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi all concessione delle predette attenuanti nella massima estensione, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo rispetto alle esigenze di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, Rv. 281217 – 01).
Il ricorrente si è limitato a contestare, in maniera avversativa, tale giudizio, senza, tuttavia, contrapporre all’iter argomentativo seguito dalla Corte, alcuna valida ragione.
Nessuna contraddizione, infine, può rilevarsi fra la individuazione della pena base nel minimo edittale e la diminuzione della pena, ex art. 62 bis cod. pen., in misura inferiore al massimo consentito, in quanto non sussiste un rapporto di necessaria interdipendenza tra le due statuizioni, le quali – pur richiamandosi entrambe astrattamente ai criteri fissati dall’art. 133 cod. pen. – si fondano su presupposti diversi. Le circostanze attenuanti generiche previsto dall’art. 62 bis cod. pen, tali da rendere il colpevole meritevole di particolare clemenza, hanno una loro ragione autonoma ravvisabile in situazioni tipiche, ancorate alla specificità della vicenda o della personalità dell’imputato, mentre per la dosimetria del trattamento sanzionatorio il giudice, in virtù del suo potere discrezionale, irroga una pena adeguata alla gravità della violazione commessa (Sez. 4, n. 36532 del 15/09/2021, M., Rv. 281888 – 01).
Al rigetto del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deciso in Roma GLYPH 6 dicembre 2024.
Il Consigl
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