Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36132 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36132 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 26/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVEZZANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/01/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Avezzano nei confronti di COGNOME NOMENOME per aver diehiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di lesioni colpose allo stesso ascritto, perché estinto per prescrizione, ha rideterminato la pena per le residue imputazioni di cui agli artt. 589 cod. pen. e 189, comma 6, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, confermando nel resto la sentenza di primo grado, anche rispetto alle statuizioni civili.
All’imputato si rimprovera di avere cagionato, per colpa generica (art. 140 cod strada) e per violazione della normativa sulla circolazione stradale (artt. 141 e 149 cod. strada), l’investimento del motociclo (TARGA_VEICOLO. TARGA_VEICOLO), condotto dal giovane COGNOME NOME, cui procurava lesioni personali guaribili in un tempo superiore a 40 giorni, e determinando il decesso di COGNOME NOME, passeggero trasportato sul suddetto motociclo.
Avverso la sentenza di appello ricorre il difensore dell’imputato che solleva i seguenti motivi con cui deduce:
3.1. Violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. perché la pronuncia impugnata è stata emessa sulla base di indizi labili, non gravi, nè precisi e concordanti per l’affermazione di responsabilità per i reati contestati;
3.2. Mancata estromissione delle parti civili nonostante l’integrale risarcimento;
3.3. Intervenuta prescrizione del reato di cui all’art. 589 cod. pen. per erroneo computo della recidiva;
3.4. Omesso riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 62, n. 6, cod. pen.;
3.5. Diniego delle circostanze attenuanti generiche;
3.6. Erronea applicazione del cumulo materiale tra i reati di cui agli artt. 589 cod. pen. e 186, comma 6, cod. strada, poiché, trattandosi di condotte unitarie, si sarebbe dovuta applicare la disciplina di cui all’art. 81 cpv. cod. pen.;
3.7. Omessa disapplicazione della recidiva, la cui esclusione, secondo la difesa comporterebbe la prescrizione del reato di cui all’art. 189 cod. strada;
3.8. Entità eccessiva della pena irrogata.
In data 11/06/2024 è pervenuta memoria difensiva dell’AVV_NOTAIO che insiste nelle ragioni del ricorso, chiedendone l’accoglimento.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo reitera doglianze cui la Corte di territoriale ha offert motivazione congrua, esaustiva in fatto e corretta in diritto, rispetto alla quale ricorrente non opera alcun confronto critico, limitandosi, in maniera inammissibilmente generica, a lamentare che il giudizio sulla sua responsabilità si sia fondato su un fragile compendio indiziario. Così facendo, l’imputato . oppone al logico, congruo e corretto convincimento della Corte territoriale, argomenti fattuali e di merito che esulano dal perimetro assegnato al giudizio di legittimità. Eccede, invero, dalla competenza della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compit esclusivo del giudice di merito. In tema di sindacato del vizio di motivazione, invero, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di pro bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi – dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti – e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha affermato la responsabilità dell’Antidornni sulla base di una valutazione complessiva e coordinata di plurimi elementi probatori, costituiti dalle risultanze della consulenza tecnica del Pubblico ministero e dalle ulteriori acquisizioni istruttorie. Il tamponamento si è verificato causa dell’eccessiva velocità dell’imputato (superiore di 30 km orari al limite vigente in quella zona), il quale non ha rallentato o posto in essere manovre di emergenza. Ha evidenziato che la dedotta presenza di un dosso subito prima dell’impatto, che avrebbe limitato la visibilità, avrebbe dovuto indurre l’COGNOME a rallentare e che la marcia del ciclomotore al centro della corsia e la mancanza di caschi da parte degli occupanti del medesimo non avevano avuto alcuna incidenza sul determinismo causale (pp. 10 e 11 sent. impugnata).
In sostanza, il Giudice a quo ha dato adeguatamente conto delle ragioni della propria decisione, la quale è sorretta da motivazione lineare e coerente, che, in quanto tale, si sottrae al sindacato in sede di legittimità. Giova, peraltro, riaffermar che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia,
con la valutazione delle condotte dei singoli conducenti e l’accertamento delle relative responsabilità, con la determinazione della efficienza causale di ciascuna colpa concorrente, è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti, se sorretti da adeguata motivazione, al sindacato di legittimità della Corte di cassazione (ex multis, Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Baldisseri, Rv. 271679).
Con riguardo poi alla dedotta violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., occorre ribadire che non è consentito il motivo di ricorso che deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., per censurare l’omessa od erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti od acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglia connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non possono essere superati ricorrendo al motivo con cui si deduca una violazione di legge (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, NOME COGNOME, Rv. 280027-04).
Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso con cui si censura l’omessa estromissione delle parti civili nonostante l’avvenuto integrale risarcimento. Al riguardo, la Corte territoriale ha applicato correttamente i consolidato principio affermato dalla Corte di cassazione, secondo cui le questioni preliminari relative alla costituzione di parte civile devono essere poste, ai sensi dell’art. 491 cod. proc. pen., subito dopo che sia stato compiuto, per la prima volta, l’accertamento della regolare costituzione delle parti e devono essere decise immediatamente, sicché se la prima udienza – compiuto il predetto accertamento si concluda senza che sia stata sollevata la questione, la proposizione di quest’ultima deve ritenersi preclusa nelle successive udienze, né l’ammissione della costituzione di parte civile può essere in seguito contestata in sede di impugnazione (Sez. 5, n. 57092 del 15/11/2018, Cutuli c/ Guardavaccaro, Rv. 274450).
Medesima valutazione di manifesta infondatezza spetta al terzo motivo di ricorso con cui si eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato ex art. 589 cod. pen. per erroneo computo della recidiva. Invero, il reato contestato non è prescritto, trattandosi di fattispecie criminosa per la quale l’art. 157, comma 6, cod. pen. prevede il raddoppio dei termini di prescrizione ordinari.
Privo di pregio è anche il quarto motivo di ricorso afferente all’omesso riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen. Giova al riguardo richiamare il consolidato (e anche risalente) principio giurisprudenziale a mente del quale la riparazione del danno, nei reati contro il patrimonio ed in quelli che producono un danno suscettibile di riparazione economica, deve essere, ai fini dell’applicabilità dell’attenuante di cui alla prima ipotesi dell’art. 62, n. 6, cod. p non solo integrale ma anche volontaria; sicché l’attenuante non è configurabile allorchè il risarcimento sia l’effetto, in tutto o in parte, non della li
determinazione dell’imputato, ma dell’opera di terzi, senza alcuna collaborazione volontaria del colpevole (Sez. 1, n. 8704 del 16/06/1980, Gangale, Rv. 145846). Si è poi precisato che, in caso di risarcimento effettuato da parte di soggetto diverso dall’imputato, non è sufficiente che tale soggetto abbia con l’imputato, ovvero con i suoi coobbligati solidali, rapporti contrattuali o personali che ne giustifichi l’intervento, ma è necessario che l’imputato manifesti una concreta e tempestiva volontà riparatoria, che abbia contribuito all’adempimento (Sez. 4 n. 6144 del 28/11/2017, dep. 2018, M. V, Rv. 271969). E così, ai fini della sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen., il risarcimento, ancorché effettu da una società di assicurazione, deve ritenersi eseguito personalmente dall’imputato medesimo se questi ne abbia conoscenza, mostri la volontà di farlo proprio e sia integrale nei confronti di tutte le persone offese (Sez. 4, n. 22022 del 22/02/2018, COGNOME e altri, Rv. 273587). Agli anzidetti principi si è conformata la Corte di appell di L’Aquila che, dopo aver rilevato che l’autovettura condotta dall’imputato era di proprietà di altra persona con la quale il primo non aveva alcun rapporto, ha osservato come non sia stato evidenziato alcun elemento da cui desumere una partecipazione del medesimo alla definizione della transazione tra compagnia assicurativa, persone offese ed eredi dello COGNOME.
Si tratta di argomentazione lineare e coerente che ha correttamente attribuito rilevanza decisiva all’atteggiamento dell’imputato, non indicativo dell’intento di far proprio il risarcimento del danno che la persona offesa aveva conseguito dalla compagnia assicurativa: i rilievi difensivi vanno pertanto integralmente disattesi.
Quanto alle circostanze attenuanti generiche, oggetto del quinto motivo di ricorso, occorre ricordare che, rispetto ad esse, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità qualor congrua e non manifestamente illogica. Nel caso di specie, esse non sono state riconosciute sulla base di una motivazione logica ed immune da censure, essendo stati evidenziati i precedenti penali dell’imputato e la gravità dei reati, elemen ritenuti di rilevanza tale da non potersi ritenere superati in ragione delle generiche scuse nei confronti delle persone offese o della mancata opposizione alla transazione.
Manifestamente infondato si appalesa il sesto motivo di ricorso con cui si deduce l’erronea applicazione del cumulo materiale tra i reati ex ar . 589 cod. pen. e 186, comma 6, cod. strada. Correttamente la sentenza impugnata ha escluso che tra i reati in questione ricorra un’ipotesi di concorso formale di reati, trattandosi reati colposi, in ordine ai quali non è ipotizzabile che siano stati posti in essere esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
Manifestamente infondato è anche il settimo motivo di ricorso con cui si censura l’omessa disapplicazione della recidiva, la cui esclusione, secondo la difesa
Tanto premesso, la Corte di merito, con motivazione non manifestamente illogica, ha tratto elementi di valutazione negativi dal percorso criminale dell’imputato, caratterizzato dalla commissione di plurimi reati (anche per guida in stato di ebbrezza e contro la persona), costituenti effettivo sintomo di riprovevolezza e di pericolosità, in spregio delle comuni regole di prudenza.
comporterebbe la prescrizione del reato di cui all’art. 189 cod. strada. Sul punto, va richiamato l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito s sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, all qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838). In linea con tale principio, questa Corte ha altresì affermato che, in tema di recidiva facoltativa ritualmente contestata, il giudice è tenuto a verificare concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza dell condotta e di pericolosità del suo autore, escludendo l’aumento di pena, con adeguata motivazione sul punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacità delinquenziale (Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, COGNOME Silvio, Rv. 256713); ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale elemento sintomatico di un’accentuata pericolosità sociale del prevenuto, e non come fattore meramente descrittivo dell’esistenza di precedenti penali per delitto a carico dell’imputato, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto all’entità di pena irrogata all’imputato, oggetto dell’ottavo motivo di ricorso, deve premettersi che è incensurabile la determinazione del trattamento sanzionatorio, naturalmente rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, qualora non sia frutto di arbitrio o sia assistita da motivazione manifestamente illogica. Nel caso di specie, la motivazione è ampia ed articolata, fondata sulla gravità dei fatti, rappresentati dalla guida di autoveicolo nonostante la mancanza di
titolo abilitativo, in ora notturna e a velocità elevata, senza avved ciclomotore nonostante il tratto rettilineo della strada.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso il 26 giugno 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente